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Corona Virus

Sul Natale il Governo decide domani, Zaia invece non aspetta e chiude i comuni del Veneto

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Il governo tiene ancora un giorno gli italiani con il fiato sospeso per le misure anti-Covid di Natale, rimandate anche a causa del caso dei pescatori in Libia che ha impegnato il premier. Ma il Veneto assediato dai contagi vara subito una stretta: da sabato prossimo, 19 dicembre, e fino al 6 gennaio vietato uscire dal Comune di residenza dopo le ore 14. La decisione del presidente Luca Zaia anticipa le restrizioni in arrivo per le festivita’ su tutto il territorio nazionale, che hanno diviso i ministri e le forze di maggioranza. L’ipotesi piu’ probabile resta sempre quella di una zona rossa nei festivi e prefestivi, dal 24 al 27 dicembre, il 30 e 31 e il 5 e 6 gennaio o per l’intero periodo fino al 3. Si tratta ancora sulle deroghe al divieto di spostamento, in particolare per consentire ai nonni o comunque a congiunti non conviventi – non piu’ di due – di unirsi ai familiari per il cenone. Il quadro dovrebbe essere definito domani in Consiglio dei ministri, se non slittera’ tutto ancora a sabato. Incombe comunque il weekend del temuto esodo – con treni gia’ ‘sold out’ -, in particolare verso sud, prima della ‘deadline’ del 21 dicembre per gli spostamenti tra regioni, che e’ anche l’ultimo fine settimana di shopping libero prima della stretta. Insomma file e assembramenti visti come un pericolo per la possibile impennata dei contagi, cosicche’ il ministero dell’Interno ha disposto piu’ controlli in stazioni e aeroporti e sui locali nelle aree della movida. La linea e’ stata decisa nel Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica presieduto dal ministro Luciana Lamorgese. Gia’ previsto lo schieramento di almeno 70 mila unita’ delle forze dell’ordine, negli ultimi giorni gia’ piu’ visibili nelle verifiche sulle strade delle citta’. Il messaggio che arriva dal governo e’ quello di Francesco Boccia, alfiere della linea del rigore. “Natale e’ piu’ rischioso di Ferragosto – dice il ministro degli Affari regionali, che ha rinviato la riunione con la Conferenza dei governatori -. Dovremo passarlo ognuno a casa propria per tutelare i piu’ fragili e gli anziani”.

“Chi pensa a feste e cenoni si sbaglia di grosso”, dice Boccia, che elogia il leghista Zaia per la decisione di chiudere i Comuni. “Non possiamo aspettare ulteriormente”, ha detto il presidente veneto parlando del governo, “Il mio non e’ un atto di eroismo, ma adesso c’e’ bisogno di guardare in faccia alla realta’”. Esclude invece provvedimenti il presidente della Lombardia Attilio Fontana. “”Purtroppo per Zaia la situazione del Veneto e’ un po’ peggiore – dice l’altro esponente leghista -. Credo che abbiamo dei buoni numeri quindi ci possiamo permettere di non restringere ulteriormente”. Il Consiglio dei ministri ha invece impugnato l’ordinanza con cui la Regione Valle d’Aosta ha riaperto ieri bar e ristoranti, in deroga alla fascia arancione in cui si ancora si trova. Sul ricorso dovra’ pronunciarsi il Tar regionale, a cui il governo ha chiesto sia la sospensiva sia l’annullamento del provvedimento. Infine il capitolo scuole. “Un dovere riaprire quelle superiori”, dice la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, che esorta alla massima prudenza nelle feste. “Se sara’ un Natale buono”, di rispetto delle regole, conferma il commissario Domenico Arcuri, gli alunni torneranno in classe il 7 gennaio.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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