Un colpo diplomatico perfettamente riuscito: prima che risuonassero le campane di Notre-Dame, sotto un pioggia battente e mentre i leader del mondo convergevano a Parigi per celebrare la riapertura della cattedrale, nei saloni dell’Eliseo, Emmanuel Macron riuniva due grandi protagonisti del conflitto che minaccia l’Europa: Donald Trump, che tornerà da gennaio alla Casa Bianca, e Volodymyr Zelensky, alle prese con un inverno sempre più difficile davanti all’offensiva di Mosca e agli interrogativi aperti dalle prime dichiarazioni del neoeletto Trump. Con i fantasmi del disimpegno americano e di un pace forzata. L’incontro è stato simbolicamente importantissimo anche se non poteva dare risultati concreti nell’immediato.
Ma i due protagonisti Trump e Zelensky si sono scambiati sorrisi e ripetute strette di mano. Sembra, dicono fonti vicine alla trattativa per la riunione trilaterale, rimasta riservata fino a poche ore prima dell’incontro, che sia “scoccata la scintilla” fra i due leader. “Ho avuto un incontro trilaterale proficuo e produttivo con il presidente Donald Trump e il Presidente Emmanuel Macron all’Eliseo. Il Presidente Trump è, come sempre, risoluto.
Lo ringrazio”: queste le parole affidate da Zelensky a X subito dopo l’incontro. “Esprimo anche la mia gratitudine a Emmanuel per aver organizzato questo importante incontro – ha continuato il leader ucraino – vogliamo tutti che questa guerra finisca il prima possibile e in modo giusto. Abbiamo parlato del nostro popolo, della situazione sul campo e di una pace giusta. Abbiamo concordato di continuare a lavorare insieme e di rimanere in contatto. La pace attraverso la forza è possibile”.
Macron, da parte sua, sempre su X, ha postato: “Proseguiamo l’azione comune per la pace e la sicurezza. Stati Uniti, Ucraina e Francia. Insieme in questa giornata storica. Uniti per Notre-Dame”. Con Trump, all’arrivo del presidente eletto all’Eliseo, c’erano state strette di mano che hanno ricordato il primo incontro a Parigi, quando il neoeletto era Macron, nel 2017. Una sequenza che nessuno ha dimenticato, una stretta di mano lunghissima, insistita, infinita, fra i due, che hanno poi – negli anni seguenti – avuto più di un dissenso sulla politica estera ed economica. “Abbiamo tante sfide da raccogliere insieme”, ha osservato Macron dopo i sorrisi e le strette di mano con Trump.
Il quale, arrivando all’Eliseo, aveva affermato che “il mondo sta diventando un po’ pazzo”. Poi si era sfilato il cappotto scuro e qualcuno – osservando la cravatta gialla che con l’abito blu ricreava i colori dell’Ucraina – ha cominciato a pensare che non si trattasse di un caso. Mezz’ora dopo, con il suo giubbotto color mimetica, arrivava Zelensky. Macron, ancora alle prese con una crisi politica in Francia che non accenna a risolversi, aveva l’obiettivo di blindare, per la Francia e quindi per l’Europa, il ruolo di mediazione nei negoziati sull’Ucraina che da qualche settimana sembrava svanito. Zelensky e Trump si erano già parlati, al telefono, per una ventina di minuti dopo la vittoria elettorale dell’americano.
Il quale ha affermato più volte di voler prendere le distanze in modo netto dall’appoggio massiccio a Kiev garantito da Joe Biden. In particolare Trump, anche in campagna elettorale, ha insistito con forza sulle critiche per i miliardi di dollari di aiuti all’Ucraina sbloccati dall’amministrazione Biden. Aggiungendo, in pieno “stile Trump”, di voler “risolvere la guerra in Ucraina in 24 ore”. Kiev, che ha aperto all’ipotesi di concessioni territoriali per negoziare la pace, vuole mantenere una posizione di forza sul terreno per arrivare alla trattativa con Mosca con garanzie sufficienti.
Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.
Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali
Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.
L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari
A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.
Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica
Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.
Trump ignora i rischi e tira dritto
Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.
La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.
Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.
“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.