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Strage Erba, difensore: istanza di revisione in settimana per Olindo e Rosa

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Nel giro di “cinque o sei giorni”, dunque in settimana, la difesa depositerà alla Corte d’appello di Brescia la domanda di revisione del processo a Olindo Romano e Rosa Bazzi, condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, in cui l’11 dicembre 2006 furono uccisi Raffaella Castagna e il figlio Youssef di due anni, la madre di Raffaella, Paola Galli, e una loro vicina, Valeria Cherubini. Unico sopravvissuto, ma ferito, il marito di Valeria, Mario Frigerio, morto lo scorso gennaio. Una iniziativa diversa da quella della Procura generale di Milano che sta valutando anch’essa se chiedere la revisione del processo. Lo scorso 12 aprile, infatti, il sostituto procuratore generale di Milano Cuno Tarfusser ha chiesto al procuratore generale Francesca Nanni e all’avvocato generale Lucilla Tontodonati di valutare la richiesta di riaprire il caso.

Una valutazione fatta, ha scritto Tarfusser, “in tutta coscienza per amore di verità e di giustizia e per l’insopportabile pensiero che due persone, probabilmente vittime di errore giudiziario, stiano scontando l’ergastolo”. La relazione del sostituto pg è stata redatta sulla scorta di nuovi elementi presentati dalla difesa di Olindo Romano e Rosa Bazzi, relazioni firmate da una quindicina di esperti che riguardano, per esempio, le intercettazioni ambientali di quando Frigerio era in ospedale e che non sono mai entrate nel procedimento, oppure gli audio e i video prima della confessione, per l’avvocato estorta, della coppia.

Secondo il sostituto procuratore generale, il riconoscimento fatto da Frigerio può essere visto come una “falsa memoria” e la confessione di Olindo e Rosa ottenuta con “errate tecniche di intervista investigativa” e dubbi ci sono anche sulla macchia di sangue trovata sull’auto di Olindo. Sintetizzando ulteriormente, già in primo grado ci sarebbe potuto essere un “esito processuale diverso”. “Sono soddisfatto e contento che anche la magistratura si possa interessare del caso. A questo punto ce lo aspettavamo e lo auspicavamo”, anche se “è molto difficile che ci sia una iniziativa del genere della Procura generale. E’ accaduto pochissime volte” ha ricordato l’avvocato Fabio Schembi, insieme a Nico D’Ascola, Luisa Bordeaux e Patrizia Morello legale di Olindo e Rosa. Nella sua istanza la difesa presenterà “più di un nuovo testimone” ha aggiunto. Uno “mai sentito all’epoca dei fatti” è un uomo che “risiedeva nella casa della strage, poi arrestato per traffico internazionale di stupefacenti che faceva parte del gruppo dei fratelli di Azouz” Marzouk, il marito di Raffaella.

“Ha riferito di una faida con un gruppo rivale, nella quale anche lui è stato ferito con un’arma da taglio” e inoltre ha detto che la casa della strage “era la base dello spaccio che veniva effettuato nella vicina piazza del Mercato e il posto dove erano depositati gli incassi”. Altro testimone, ha aggiunto l’avvocato, è “un ex carabiniere che riferisce delle indagini e delle parte mancanti del 50% dei momenti topici delle intercettazioni”. Se adesso Olindo e Rosa sperano, chi resta sicuro della loro colpevolezza sono Pietro e Giuseppe Castagna, che nella strage persero mamma sorella e nipote. Per noi “la verità è una sola” avevano scritto nel 2018 in un lungo messaggio ripostato ieri su Facebook. “Speravo fosse finita ma ci risiamo. Noi non diremo nulla. Non parleremo più con giornali o altro. Questo era e rimane il nostro pensiero…”.

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Guida ubriaco, si scontra con 3 moto e muore centauro, arrestato

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E’ risultato positivo all’alcol test il conducente della Fiat Punto che oggi si è scontrato con tre moto lungo la statale 108 bis “Silana di Cariati” che porta a Lorica. Nell’urto un centauro 37enne di Settingiano (Catanzaro) è morto, e altri due sono rimasti gravemente feriti. Dopo i risultati, i carabinieri della Compagnia di Cosenza hanno arrestato l’uomo, un 41enne, con l’accusa di omicidio stradale e lo hanno posto ai domiciliari.

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Scossa di terremoto di magnitudo 3.1 fa tremare il Vesuvio, molta paura ma nessun danno

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Un terremoto di magnitudo 3.1 della Scala Richter ha colpito alle 5,55 alle pendici del Vesuvio. L’evento sismico, che ha avuto luogo a una profondità di circa 400 metri, è stato distintamente avvertito dagli abitanti delle zone circostanti, in particolare nei piani alti degli edifici.

Gi esperti hanno definito la scossa come un evento “inusuale” e hanno confermato che non ci sono stati segnali di un incremento dell’attività vulcanica. L’epicentro del terremoto è stato localizzato vicino al Monte Somma, una zona storicamente monitorata per la sua vicinanza con il vulcano.

La comunità locale ha reagito con una comprensibile apprensione, ma, fortunatamente, non sono stati segnalati danni a persone o strutture. Le autorità locali nelle prossime ore decideranno se mantenere aperte le scuole. Intanto c’è da rassicurare  la popolazione sulla gestione dell’evento.

Ieri, alle 5,45, dall’altra parte di Napoli, in un’altra area vulcanica, nei Campi Flegrei, c’è stata una scossa di magnitudo 3.9. Anche in quel caso paura tanta ma nessun danno.

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“Due uomini dei servizi segreti vicino l’auto di Giambruno”, le rivelazioni del Domani

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Due uomini fuori dalla villetta di Giorgia Meloni, la notte tra il 30 novembre e l’1 dicembre. Armeggiavano attorno all’auto dell’ex compagno, Andrea Giambruno, mentre la premier era in missione a Dubai. Nell’episodio, però, non sono stati coinvolti “appartenenti ai Servizi” e la sicurezza della premier “non è mai stata posta a rischio”. Così il sottosegretario Alfredo Mantovano interviene dopo che un articolo apparso oggi sul Domani ha riferito sull’allarme scattato in quella occasione. Nella ricostruzione del quotidiano, un’auto si avvicina alla villetta nel quartiere Torrino.

Scendono due uomini, accendono una torcia o un telefonino e si mettono a trafficare attorno alla macchina di Giambruno. A sorvegliare la scena c’è però una volante della Polizia appostata in servizio di vigilanza. Un agente scende e chiede conto ai due dei loro movimenti. Gli uomini si identificano come “colleghi” senza però mostrare documenti di riconoscimento e si allontanano. Sull’accaduto viene stilato un rapporto che finisce alla Digos; vengono avvertiti – sempre secondo l’articolo del Domani – il capo del Polizia, Vittorio Pisani, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, l’Autorità delegata alla sicurezza della Repubblica, Mantovano e la stessa premier.

Sarebbe stata informata anche la procura della Capitale. Inizialmente i sospetti ricadono su due uomini dell’Aisi, l’Agenzia d’intelligence per la sicurezza interna, che fanno parte della scorta di Meloni. I due vengono quindi trasferiti all’Aise, l’agenzia che invece si occupa dell’estero. In seguito però le indagini dell’Aisi scagionano gli 007 che quella notte – e lo testimonierebbero le celle telefoniche – si trovavano altrove.

I due potrebbero essere stati banalmente ladri alla ricerca di qualcosa nell’auto di Giambruno. Il fatto, secondo il quotidiano, avrebbe influito anche sulla nomina del nuovo direttore dell’Aisi, sbarrando la strada ad uno dei papabili, Giuseppe Del Deo, alla guida del gruppo dell’Agenzia che ha investigato sul caso. Mantovano non entra nei dettagli della vicenda, ma si limita a rivelare di averne dato notizia il 4 aprile nella sua audizione al Copasir, dove ha chiarito che “gli accertamenti svolti per la parte di competenza dell’intelligence hanno consentito con certezza di escludere il coinvolgimento di appartenenti ai Servizi, e che la sicurezza del presidente Meloni non è mai stata posta a rischio”.

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