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Economia

Spending da 3 miliardi ma ‘sanità non si tocca’

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I sacrifici stavolta toccano ai ministeri ma, nelle rassicurazioni della premier Giorgia Meloni, non si toccherà la sanità e non si alzeranno le tasse. “Quella delle tasse per tutti è un’altra fake news perché questo governo le tasse le abbassa” spiega al Tg5 e sottolinea che su salute, famiglia e pensioni “abbiamo dato segnali importanti che continueremo a dare”. Ad essere chiamati in causa sono quindi non solo banche, ma anche i ministri e tutti quegli enti, economici o meno, che ricevono soldi pubblici. Se quei soldi sono utilizzati per progetti “inutili” meglio che vengano spesi per altro, per il taglio del cuneo ad esempio, o per aiutare le famiglie con figli piccoli.

Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, torna sui capisaldi della sua strategia di politica economica e, parlando alla festa del Foglio, non può essere più esplicito: se i colleghi di governo non presenteranno le proprie proposte per ridurre la spesa di ciascun dicastero, sarà il ministro dell’Economia a vestire i panni del “cattivo”, a prendersi la responsabilità e a procedere con le sforbiciate. Sul piatto c’è l’obiettivo di reperire, secondo fonti di maggioranza, circa 3 dei 25 miliardi di cui sarà composta la legge di bilancio. Via dunque tutte le spese che possono essere considerate sprechi di “tanti ministeri, tanti enti pubblici, anche non economici, che vivono di contributo pubblico” e che devono rendersi conto, spiega Giorgetti, che “ogni euro che spendono è un euro che tolgono ai cittadini e alle imprese che pagano le tasse”. Tutto sta a capire come reagiranno ora i diretti interessati.

Il primo a cercare un confronto è Matteo Salvini, pronto a “difendere il suo budget” in un faccia a faccia con il collega di partito, oltre che di governo. Il colloquio ufficialmente si risolve però in rassicurazioni più generali: no a nuove tasse e tutela degli stipendi. I Comuni, che rientrano invece tra gli enti pubblici, spiegano ancora una volta, con le parole del presidente di Anci Lombardia Mauro Guerra, che per ulteriori tagli “spazio non c’è”. E il presidente della Regione, Attilio Fontana, pur fiducioso, fa eco sottolineando che gli enti locali “sono anni che soffrono” e che più che di tagli è di una mano che avrebbero bisogno. Giorgetti ha però a che fare con delle priorità assolute per ogni ministro dell’Economia: innanzitutto ridurre il debito, ma anche dare una spinta alla crescita e alla demografia.

Aiutare le famiglie è un modo per assicurare nel tempo la stabilità finanziaria del Paese. E’ un problema economico e non – il titolare di Via XX Settembre non si stanca di ripeterlo – “culturale o religioso”. Giorgetti promette quindi “un trattamento fiscale migliore” per i nuclei con figli. Oggi le lavoratrici madri che ne hanno più di uno possono godere della decontribuzione. Una misura che potrebbe essere confermata anche nel 2025, insieme ai fringe benefit rafforzati per i dipendenti con figli a carico. La leader del Pd Elly Schlein rilancia anche la proposta del congedo paritario di almeno 5 mesi e non trasferibile, sul quale afferma di “non aver trovato la porta chiusa di Giorgia Meloni”.

La manovra avrà però come fulcro, anche il prossimo anno, il taglio del cuneo che Giorgetti si è già impegnato a rendere strutturale, dimostrando la volontà di abbassare le tasse contro chi, vedi anche oggi Giuseppe Conte, secondo il ministro continua a diffondere “la narrazione” di un aumento del peso del fisco. Il governo punta a un restyling per superare allo stesso tempo due ordini di problemi: lo scalone che si crea immediatamente sopra l’attuale soglia di 35.000 euro e il danno a lungo termine sul montante contributivo evidenziato da Bankitalia.

Secondo alcune anticipazioni riportate dal Sole 24 ore, l’azione sarebbe quindi doppia. Dal prossimo anno il taglio potrebbe rimanere contributivo per i redditi fino a 20.000 euro, per poi trasformarsi in fiscale, con un aumento delle detrazioni per il lavoro dipendente fino a 35.000 euro. A quel punto partirebbe un decalage, piuttosto rapido, fino a 40.000 euro. Qualche indizio arriva infine anche sul capitolo pensioni. L’idea è quella di un perfezionamento del cosiddetto bonus Maroni, con incentivi a chi sceglie di rimanere al lavoro anche con i requisiti per il pensionamento. In questo caso “lo Stato può accettare di rinunciare al versamento di contributi o ad altro”, ha spiegato Giorgetti.

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Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

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Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

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