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Soldati russi intercettati, ‘diga fatta saltare da noi’

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diga di Kakhovka

Dal fuoco incrociato delle accuse reciproche tra Mosca e Kiev sulle responsabilità del crollo della diga di Kakhovka emerge una clip audio che sembra inchiodare i russi. Un minuto e mezzo di conversazione tra due militari dell’armata di Putin intercettata dall’intelligence ucraina e postata su Telegram alza un velo inquietante sulla dinamica e sui rischi dell’esplosione che immediatamente prima del cedimento è stata registrata dai sismografi norvegesi e dai satelliti spia americani. “Il problema principale è che la centrale idroelettrica raffredda il loro reattore nucleare (della centrale di Zaporizhzhia)”, afferma un militare russo.

E il secondo risponde: “Non c’è problema. Esploderà e sarà tutto finito”. Il primo scandisce: “Quindi sono stati i nostri. Non sono loro (gli ucraini), sono i nostri”. E l’altro: “Davvero, sono stati i nostri? Hanno detto che sono stati i khokhol (termine dispregiativo per gli ucraini) a farlo saltare in aria”. Di nuovo interviene il primo militare: “Il nostro gruppo di sabotatori è lì. Volevano causare paura con questa diga. Non è andata secondo i piani. (Il risultato è) più di quanto avessero previsto”. E l’altro: “Sì, beh, naturalmente. Sarà come Chernobyl, giusto?”. Impossibile, nella guerra della disinformazia, verificare l’autenticità della registrazione. Ma il fatto finora certo è che i satelliti spia Usa e l’Istituto di sismologia norvegese (Norsar) hanno rilevato un’esplosione di magnitudo 1 – 2 sulla scala Richter prima del crollo. Prende quindi corpo l’ipotesi che la diga, che si trova in territorio occupato, non abbia ceduto a causa dei danni subiti durante i bombardamenti precedenti ma sia stata fatta saltare. A volerci vedere chiaro sono in molti.

Ed è stato il Commissario europeo per la Giustizia Didier Reynders, arrivando al Consiglio Ue in Lussemburgo, a dar voce ai 27. “E’ importante – ha spiegato – organizzare investigazioni nazionali e internazionali, con il coinvolgimento della Corte penale internazionale dell’Aia, sulla distruzione della diga di Kakhovka”. Sembra intanto, per ora, al sicuro la la centrale nucleare di Zaporizhzhia. “Il livello dell’acqua nel bacino di raffreddamento è stabile”, ha notato su Telegram l’operatore ucraino Energoatom. E per l’ex capo dell’Ispettorato per l’energia nucleare ucraino, Hryhoriy Plachkov, le riserve d’acqua nel bacino di Kakhovka che alimentano l’impianto di raffreddamento della centrale dovrebbero bastare almeno per un mese e mezzo o due. A verificare la situazione arriverà la prossima settimana una delegazione dell’Aiea guidata dal direttore generale Rafael Grossi. Ma la catastrofe umanitaria è drammatica.

Secondo Kiev sono almeno cinque i morti e 13 i dispersi, le località inondate sono in totale 48, di cui 14 sotto occupazione russa e 2.412 le persone evacuate sul versante ucraino. Ma se il livello dell’acqua continua a salire le persone a rischio evacuazione sono quasi 16mila. “Per centinaia di migliaia di persone in molte cittadine e villaggi l’accesso all’acqua potabile è fortemente ostacolato”, ha denunciato il presidente Volodymyr Zelensky sottolineando che l’evacuazione, dove possibile, continua. La polizia, i militari, il servizio statale per le emergenze, i volontari lavorano su tutti i fronti ma il problema, oltre all’acqua, sono le bombe. Undici civili, secondo il ministro dell’Interno ucraino Igor Klymenko, sono rimasti feriti a seguito dei bombardamenti russi durante le evacuazioni.

Accuse ribaltate dalle autorità filorusse dell’area occupata di Kherson, secondo le quali Kiev ha bombardato un campo dove sono ospitati gli evacuati della loro zona, che registra otto morti a causa dell’inondazione. Kiev, ha attaccato il governatore filorusso Vladimir Saldo, ha aggravato intenzionalmente l’inondazione aprendo una diga a monte per innalzare il livello dell’acqua con il risultato che sono stati allagati 17 insediamenti ed evacuate 5.800 persone. Ma il bilancio finale dell’ennesimo dramma provocato dall’invasione russa è ancora tutto da scrivere, anche in termini politici e giudiziari. “Le conseguenze per il nostro Paese saranno terribili, ma per i russi saranno semplicemente catastrofiche. Perché saranno ritenuti responsabili di tutto questo”, ha avvertito il segretario del Consiglio per la sicurezza e la difesa nazionale ucraino, Oleksiy Danilov.

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Aiuti in cambio di armi, parte smilitarizzazione Karabakh

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S'infiamma il Nagorno-Karabakh, Mosca pronta a intervenire

“Siamo in stretta collaborazione con le forze di pace russe che stanno portando avanti la smilitarizzazione” e stanno dando “sostegno ai civili”. Il portavoce militare azero, il colonnello Anar Eyvazov, parla dal distretto di Shusha, ai margini della roccaforte ribelle Stepanakert, mentre un convoglio umanitario della Croce Rossa attraversa per la prima volta l’enclave contesa da quando l’Azerbaigian ha lanciato l’offensiva lampo nei giorni scorsi, sviluppo possibile solo adesso che si è raggiunto l’accordo. L’impegno per il cessate il fuoco, però – parte dell’intesa – mostra già cedimenti quando Mosca ne segnala già la violazione con un soldato azero rimasto ferito in uno scontro a fuoco nel distretto di Mardakert.

L’annuncio delle forze azere segue di 24 ore quello che Mosca aveva a sua volta diramato affermando che i combattenti separatisti di etnia armena avevano iniziato a consegnare le armi sulla base dell’accordo raggiunto proprio grazie alla mediazione russa: è quindi una conferma ma anche l’intenzione da parte azera di mostrare l’arsenale ribelle adesso preso in consegna. “Abbiamo già sequestrato armi e munizioni”, ha aggiunto infatti Eyvazo, spiegando che il processo di disarmo “può richiedere tempo” perché alcuni ribelli avevano sede in remoti distretti montani. “La priorità è lo sminamento e la smilitarizzazione”, ha quini sottolineato. La politica intanto passa ancora una volta dal Palazzo di Vetro, a New York, nella coda dell’Assemblea Generale in cui interviene l’Azerbaigian, dichiarandosi “determinato a promuovere un’agenda di normalizzazione”.

Jeyhun Bayramov, ministro degli Esteri azero, tiene però soprattutto a sottolineare che “nessuno stato accetterebbe la presenza illegale di un altro stato sul suo territorio e neppure noi lo accettiamo. Ma nonostante le sfide poste dagli armeni ribadiamo la nostra volonta’ per negoziati nel rispetto dei diritti reciproci. Crediamo ci sia un’opportunita’ storica di raggiungere un accordo per far si ‘che i due paesi vivano come vicini nel rispetto reciproco”. E promette quindi di trattare gli armeni del Karabakh come “cittadini uguali”. A Bruxelles parla il presidente armeno, Vahagn Khachaturyan, mentre il Paese si prepara ad affrontare l’arrivo di migliaia di profughi in fuga dall’ultima operazione militare azera nell’enclave del Nagorno-Karabakh, e si dice “preoccupato per la cooperazione militare tra Italia e Azerbaigian e per gli accordi già firmati, o previsti, che arriverebbero fino a 1,2 o 1,5 miliardi di euro”. In una video intervista Khachaturyan sottolinea che “queste armi verranno un giorno utilizzate contro il Nagorno Karabakh e contro la Repubblica di Armenia” e insiste: “Speriamo che questo accordo di cooperazione non venga firmato”, mentre rimarca il “grande potenziale per la cooperazione” tra Italia e Armenia. Poi mette in guardia sulla “minaccia di un escalation” che a suo avviso “non è scomparsa, esiste ancora, da un momento all’altro le attività militari potrebbero riprendere e l’Azerbaigian potrebbe tentare di continuare la sua politica di pulizia etnica del Nagorno Karabakh”. E spiega: “Per questo abbiamo chiesto meccanismi internazionali per la sicurezza degli armeni che vivono nella regione al Consiglio di Sicurezza dell’Onu”. (ANSA). RP 2023-09-23 19:37 S0B QBXB EST

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Venezuela mette taglia sul leader del carcere Tocoron El Niño Guerrero

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Il Venezuela mette una taglia su Rusthenford Guerrero Flores, meglio conosciuto come El Niño Guerrero, il leader del Tren de Aragua – il gruppo criminale più temuto del Venezuela – che aveva trasformato il carcere di Tocoron, a sud est di Caracas, in un paradiso per criminali, con piscina, zoo con animali esotici, e persino una stanza per il mining di Bitcoin. “Ricompensa. “Ricercato”, si legge su un manifesto postato sui social media dal ministero dell’Interno e della Giustizia, corredato di fotografia, nome e numero della carta d’identità di Guerrero, 39 anni, condannato a più di 17 di reclusione, per omicidio. Ma nonostante la caccia all’uomo, secondo l’Osservatorio delle carceri venezuelane, i vertici della banda criminale erano stati avvisati con anticipo dell’operazione pianificata per riprendere il controllo del penitenziario, dando loro il tempo di fuggire.

“I prigionieri più violenti, e i capi, avevano già negoziato la loro uscita dal complesso” prima dell’assalto degli 11mila tra poliziotti e militari “ed hanno lasciato il Paese una settimana fa”, affermano dalla ong. Secondo Jeremy McDermott, direttore esecutivo di InSight Crime, fondazione dedicata allo studio delle principali minacce alla sicurezza in America Latina, dal bastione del Tocoron, da anni Guerrero organizzava una serie di attività che gli fruttavano circa tre milioni di dollari l’anno. Il penitenziario – spiega – si era trasformato in una roccaforte per estorsioni, sequestri, rapine, tratta di esseri umani, e traffico di droga, con ramificazioni in vari Paesi dell’America Latina, dal Perù al Cile, dall’Ecuador alla Colombia.

L’osservatore ritiene inoltre che l’operazione per riprendere il controllo della prigione, faccia parte di una strategia del governo di Nicolas Maduro per mostrare il pugno duro contro il crimine in vista delle elezioni del 2024. Stando a indiscrezioni, nel carcere sono stati trovati alcuni tunnel sotterranei che consentivano l’entrata e l’uscita a proprio piacimento. E ci sono immagini che immortalano Guerrero mentre partecipa a feste ed altri incontri mondani. Tra le informazioni circolate, quella che il capo del Tren de Aragua abbia già lasciato il Venezuela e si sia nascosto in Cile. Ma le autorità del Paese sudamericano – che negli ultimi mesi si sono trovate a gestire gravi problemi di sicurezza – negano.

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Kiev conferma, ‘sfondate difese russe nel sud, avanziamo’

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Il generale a capo della controffensiva ucraina lungo la linea del fronte sud, Oleksandr Tarnavsky, ha confermato alla Cnn che le sue forze hanno sfondato a Verbove, a est di Robotyne (Zaporizhzhia) e avanzano ulteriormente. Tarnavsky ha ammesso che le sue truppe si stanno muovendo più lentamente del previsto. “Non così velocemente come ci si aspettava, non come nei film sulla Seconda Guerra Mondiale”, ha affermato: “La cosa principale è non perdere questa iniziativa (che abbiamo). E, beh, non perderla nella pratica, con le azioni”. Lo sfondamento della linea del fronte meridionale, la cosiddetta ‘linea Surovikin’, era stato riportato ieri dai media internazionali.

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