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Cronache

Sequestrati immobili e società nel settore di giochi e scommesse, edilizia e alimentari a due personaggi palermitani che sarebbero legati alla mafia di Palermo

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Sale da gioco e di raccolta di scommesse: i poliziotti di Palermo hanno eseguito un decreto emesso dal Tribunale di Palermo – Sezione Misure di Prevenzione con il quale, è stato disposto un consistente sequestro patrimoniale, per un valore complessivo di circa 6.000.000 di euro, nei confronti di due palermitani. Si tratta di un tesoretto composta 11 beni immobili siti tra Palermo, Partinico e Borgetto, 3 veicoli, 6 rapporti finanziari, 1 quota societaria, 4 società con sede a Partinico, 4 società aventi sede a Malta attive prevalentemente nei settori dei giochi e scommesse e dell´edilizia e di 1 società operante nel settore dell´esportazione alimentare con sede nel comune di Ottaviano, Napoli.

I due destinatari del decreto di sequestro dei beni, indiziati di appartenere alla consorteria mafiosa Cosa Nostra, erano stati coinvolti nell’operazione “GAME OVER” della Squadra Mobile di Palermo che il 1.febbraio passato portò all´arresto di 31 persone accusate a vario titolo dei reati di associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso, riciclaggio e associazione per delinquere finalizzata alla produzione, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti.

Le indagini hanno confermato l´esistenza di una forte compenetrazione tra l´attività dell´organizzazione mafiosa Cosa Nostra e la gestione e distribuzione sul territorio delle sale da gioco e di raccolta di scommesse in seno alle quali, quotidianamente, si muovono consistenti flussi di denaro che rappresentano una delle più cospicue fonti di reddito degli ultimi anni per la stessa associazione criminale.

In tale contesto tra gli arrestati figurava, con un ruolo di primissimo piano, uno dei due palermitani, imprenditore del settore dei giochi e delle scommesse online, il quale, tramite un vero e proprio accordo contrattuale con Cosa Nostra palermitana, era riuscito, nell´arco di un breve arco temporale, a monopolizzare il settore e realizzare una rete di agenzie di scommesse abusive (riferibili principalmente al marchio “B2875”), capaci di generare profitti quantificati nell’ordine di oltre un milione di euro mensili. 

Le indagini hanno, infatti, dimostrato come parte dei profitti derivanti da questo sistema  illecito venivano poi distribuiti come compenso alle famiglie mafiose, in relazione al volume d´affari dei punti scommesse distribuiti nelle varie aree di influenza mafiosa.

Le indagini patrimoniali svolti dall´Ufficio Misure di Prevenzione Patrimoniali della Divisione Anticrimine della Questura di Palermo hanno consentito di ricostruire l’ingente patrimonio di questo imprenditore palermitano, frutto evidente del reimpiego dei capitali di illecita provenienza nell´acquisto di beni, anche fittiziamente intestati a prestanome, oggi colpito dal provvedimento di sequestro (tra i quali spicca una lussuosa villa sita in viale Margherita di Savoia).

Nell´ambito delle illecite relazioni affaristiche dello stesso, un ruolo essenziale è stato svolto da un suo socio occulto,  Francesco Nania, considerato dagli inquirenti,capo della famiglia mafiosa di Partinico, già destinatario della misura della Sorveglianza Speciale di P.S., nonché condannato per la sua partecipazione all´organizzazione mafiosa, con sentenza definitiva che ha terminato di espiare nel 2013, essendo stato proprio lui il “gancio” interno a Cosa Nostra. 

Oltre al pieno coinvolgimento nelle illecite attività quest´ultimo soggetto ha sviluppato un proprio progetto imprenditoriale nel settore dell´esportazione di prodotti alimentari verso gli Stati Uniti d´America, in particolare olio e pomodoro, per il quale si sarebbe servito di un commercialista campano,  tratto in arresto nell´ambito dell´operazione Game Over,  che fungeva da prestanome e formale intestatario della TRADING ENTERPRISE S.R.L., oggetto anch´essa di odierno sequestro.

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Cronache

Morto a 51 anni Massimo Battista, simbolo della lotta contro l’inquinamento a Taranto

Addio a Massimo Battista, ex operaio Ilva e consigliere comunale di Taranto, morto a 51 anni dopo una lunga battaglia contro un tumore. Un uomo che ha lottato per la sua città e per un futuro migliore.

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Massimo Battista, ex operaio dell’Ilva e consigliere comunale di Taranto, uno dei volti più noti della lotta contro l’inquinamento industriale nella città pugliese, è morto all’età di 51 anni. Battista, da tempo malato di tumore, ha lasciato un messaggio struggente su Facebook prima di spegnersi, dedicato alla sua famiglia, alla sua amata città e a tutti coloro che lo hanno sostenuto.

Il messaggio d’addio: “Ho lottato come un leone”

Nel suo ultimo post, Massimo Battista ha voluto salutare tutti con parole toccanti:

“Dopo aver lottato con tutte le mie forze, per me, per la mia fantastica moglie e per i miei magnifici figli, la mia battaglia termina qui. Ho lottato tanto per questa città, ho sempre cercato di dare un futuro migliore alla mia amata Taranto. Ho combattuto come un solo leone sa fare.”

Battista ha espresso il suo amore per la moglie e i figli, Giovanni, Rosaria e Benedetta, dedicando loro la sua vita e promettendo che sarà il loro faro, “illuminerò le loro giornate e sarò sempre ad un millimetro da loro”.

Una vita dedicata alla lotta per Taranto

Battista è stato un simbolo per Taranto, impegnato in prima linea nella battaglia contro l’inquinamento causato dall’Ilva, cercando di dare voce alle preoccupazioni dei cittadini per la salute e l’ambiente.

Il suo impegno politico come consigliere comunale ha rappresentato un punto di riferimento per tutti coloro che, come lui, si sono opposti alla devastazione ambientale e sanitaria che ha colpito la città negli ultimi decenni.

Gratitudine verso i medici

Nel suo messaggio, Battista ha voluto ringraziare anche i medici che lo hanno seguito durante la malattia, tra cui il dottor Maggi, il dottor Pisconti e la dottoressa Ingrosso, sottolineando come abbiano sempre dato speranza e supporto senza mai abbandonarlo.

Una canzone come ultimo saluto

Il suo addio si è concluso con le parole di una canzone che ha rappresentato per lui un’ancora di salvezza nei momenti più difficili: “Sogna, ragazzo, sogna”, un invito a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà della vita, a continuare a lottare per un futuro migliore.

Il guerriero di Taranto

Massimo Battista ha voluto firmare il suo messaggio come “il vostro grande guerriero”, un guerriero che ha lottato non solo per la sua salute ma anche per la sua amata città, cercando di costruire un futuro migliore per i suoi concittadini e per le generazioni future.

Con la sua morte, Taranto perde una delle sue voci più forti e coraggiose, ma l’eredità che lascia sarà un faro di ispirazione per tutti coloro che continueranno a lottare per il bene della città.

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Tombaroli negli scavi clandestini vicino alla Villa di Poppea a Torre Annunziata

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I carabinieri del nucleo investigativo del gruppo di Torre Annunziata, con il supporto della sezione di polizia giudiziaria della procura oplontina specializzata nel contrasto ai reati contro il patrimonio culturale, hanno effettuato un’operazione straordinaria nel centro di Torre Annunziata. Il blitz ha portato alla scoperta di scavi clandestini in una cantina situata in corso Garibaldi, salvando di fatto un’opera d’arte di inestimabile valore.

Scoperti tunnel diretti verso la Villa di Poppea

Durante l’operazione, condotta con il supporto dei vigili del fuoco, i militari hanno rinvenuto tre tunnel, parzialmente franati ma ancora utilizzabili, che si dirigevano verso il vicino sito archeologico della Villa di Poppea, un monumento di straordinario valore storico e artistico. In particolare, i tunnel puntavano al “grande atrio con decorazioni ad affresco” presente nel sito archeologico di Oplontis, una delle testimonianze più importanti dell’architettura romana.

Sequestri e denunceL’intera area, comprese le attrezzature utilizzate per gli scavi clandestini, è stata sequestrata. I carabinieri hanno trovato attrezzi specifici per lo scavo, aeratori, materiali di puntellamento e recipienti contenenti lapilli provenienti dagli scavi. Il proprietario del locale, un 53enne falegname incensurato del posto, è stato denunciato per opere illecite, in violazione dell’articolo 169 del codice dei beni culturali.

La Villa di Poppea e l’importanza del sito

Gli scavi clandestini si trovano a soli 50 metri dalla Villa di Poppea, risalente al I secolo a.C. e attribuita a Poppea Sabina, seconda moglie dell’imperatore Nerone. L’immobile si trova a sud del grande atrio e dell’ampio giardino dove furono rinvenute diverse sculture in marmo, oltre a una parte occidentale della villa ancora non scavata, che potrebbe ospitare l’antico ingresso principale.

Un’operazione importante per la tutela del patrimonio culturale

Grazie all’intervento tempestivo dei carabinieri, è stato evitato il potenziale danno a un’opera di rilevanza storica e culturale. L’operazione è stata fondamentale per preservare un pezzo di storia romana e sottolinea l’importanza del lavoro delle forze dell’ordine nel contrasto al traffico illecito di beni culturali.

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Medico condannato per festa in reparto: il caso Pignatelli all’Ospedale del Mare

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Fece trasferire quattro pazienti da un reparto all’altro, spense le luci del reparto e andò a festeggiare. È accaduto l’8 luglio 2018 all’Ospedale del Mare, nel reparto di Chirurgia cardiovascolare, quando Francesco Pignatelli, medico e futuro primario, organizzò una festa per celebrare la sua nomina. La decisione di trasferire temporaneamente i pazienti in un altro reparto, senza alcun avviso ufficiale, portò a una denuncia e a un processo che si è concluso, sei anni dopo, con una condanna per interruzione di pubblico servizio.

L’episodio emerse grazie a una denuncia mediatica fatta dall’allora consigliere regionale Francesco Borrelli, che rivelò come Pignatelli avesse trasferito i pazienti dal reparto di Chirurgia vascolare alla Chirurgia generale per organizzare la sua festa. L’accordo fu preso in modo informale con il collega del reparto ricevente, ma non ci fu alcuna comunicazione al direttore sanitario dell’ospedale. Il trasferimento e il successivo party furono denunciati e oggetto di un’inchiesta della Procura di Napoli, che portò al processo.

La condanna: interruzione di pubblico servizio

Il processo si è concluso con una condanna a un anno e un mese di reclusione per Francesco Pignatelli. Il giudice della settima sezione penale ha riconosciuto il medico colpevole di interruzione di pubblico servizio, sebbene l’accusa di abuso d’ufficio sia stata archiviata. La sentenza ha inoltre previsto il pagamento delle spese processuali, ma c’è la possibilità che il caso venga prescritto nel corso del processo di appello.

Le testimonianze decisive dei pazienti e del personale

Nel corso del processo, sono stati ascoltati i quattro pazienti trasferiti e il personale dell’Ospedale del Mare. Le testimonianze hanno evidenziato che il trasferimento dei pazienti avvenne senza preavviso e senza informare il direttore sanitario, una mancanza che ha aggravato la posizione di Pignatelli. Le indagini furono condotte dai carabinieri del NAS, che hanno raccolto prove e testimonianze sul trasferimento e sull’interruzione del servizio.

La difesa del medico e la possibile prescrizione

La difesa di Francesco Pignatelli, guidata dagli avvocati Alfonso Furgiuele e Stefano Montone, ha cercato di dimostrare che non ci fu alcuna interruzione di pubblico servizio, poiché i pazienti continuarono a ricevere assistenza anche dopo il trasferimento. Secondo la tesi difensiva, il passaggio dei pazienti da un reparto all’altro rappresentava una continuità del servizio. La difesa prevede di presentare appello, cercando di dimostrare che l’episodio debba essere considerato come una semplice irregolarità amministrativa.

La festa e le foto che fecero scalpore

Pochi giorni dopo l’episodio, le foto del party organizzato da Pignatelli fecero il giro del web. In molti parteciparono alla festa, ignari del caos che si era creato nell’ospedale. Le immagini mostrarono un ambiente di festa, mentre i pazienti venivano trasferiti senza preavviso, suscitando l’indignazione dell’opinione pubblica.

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