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Scontro tra Mattei a Porta a Porta, il duello Salvini-Renzi si consuma senza colpi bassi e molto politichese

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È stato uno scontro duro ma leale. Non ci sono stati colpi bassi nel faccia a faccia tra Matteo Renzi e Matteo Salvini a Porta a Porta. L’attacco più diretto e duri di Matteo Renzi? “E’ 27 anni che fa politica, non ha portato a casa nulla, Salvini? Solo spot. La sua è la politica degli spot”. Per il Matteo della della Lega una replica soft: “Renzi è un genio incompreso: ha fatto tutto bene al governo ma gli italiani non se ne sono accorti. Io sono al 33, lui al 3%. Io sto con gli italiani, senza seguire i diktat di Parigi, Bruxelles e Berlino”. Il duello tv da Vespa tra i due leader si consuma nel salotto di Porta a Porta, per un giorno senza le tradizionali poltrone, ma tutti attorno a un tavolo semicircolare. Qualche affondo su fondi russi e i celebri 49 milioni, con Renzi che chiede a Salvini di querelare Savoini e il leader della Lega che nega ogni addebito. Nella polemica tra i due, il grande assente Giuseppe Conte, il premier appoggiato in tempi diversi da ambedue i leader.

Ma tante le punzecchiature, in uno scontro da clima preelettorale, malgrado le urne non siano all’orizzonte, in cui tuttavia l’ex premier e’ sembrato piu’ un esponente dell’opposizione, all’attacco, e l’ex inquilino del Viminale, piu’ tranquillo, in difesa del suo operato, quasi se stesse ancora al governo. Le prime scintille sono sulla crisi di agosto: “Il colpo di sole del Papete che ha preso il collega Salvini lo fa rosicare ancora adesso. Pensava che si andasse a votare – attacca Renzi – ma quello viene stabilito da un manuale chiamato Costituzione, non da un menu’ di un beach club…Fare un governo con i Cinque Stelle – ammette – e’ stata un’operazione di Palazzo ma per il bene del Paese”. E Salvini replica tranquillo: “Vedo che e’ un reato andare in spiaggia con il figlio, a sinistra siete abituati a champagne e caviale a Montecarlo, io vado a Milano Marittima perche’ preferisco lasciare i soldi in Italia”. Batti e ribatti durissimi anche su quota 100, misura rivendicata con orgoglio da Matteo Salvini, e fortemente criticata dall’altro Matteo. “Quando uno non ce la fa, quando un infermiere non ce la fa a portare in giro un paziente, un camionista a guidare in giro – sostiene il leader leghista – merita di riposare”. E Renzi, di contro cita la storia di suo zio, vigile fiorentino: “Credo che lui possa andare in pensione un anno dopo e credo che quei soldi debbano andare nella busta paga dei lavoratori o a favore dei giovani. A loro non ci pensa nessuno”. Salvini con calma: “Sono pronto a incontrare suo zio, sono contento che se la sente può lavorare sino a 80 anni, ma c’e’ tanta gente che non ce la fa e va aiutata. Quota 100 – sottolinea Salvini – e’ una conquista epocale”.

“La Fornero – e’ la controreplica del leader di Italia Viva – ha salvato i nostri conti. Noi siamo divisi non solo sul passato, ma anche sul futuro”. Ai ferri corti anche sui migranti. L’ex ministro dell’Interno ha difeso la sua linea dura sugli sbarchi, attaccando la condotta dei governi del centrosinistra:”Aver aperto i porti non ha aiutato le nostre periferie. Io su questi punti, come sulla flat tax, sulle pensioni, sono un uomo di parola”. Scintille anche sui voli di stato, con Salvini che ironizza sulla sinistra che fa le vacanze in montagna con i voli del servizio pubblico, e Renzi replica stizzito: “Fossi in lei starei tranquillo su questo punto, io non ho indagini aperte”. “Neanche io”, dice Salvini. Uniti invece sulle critiche alla sindaca di Roma, Virginia Raggi. Infine, la stoccata di Salvini contro l’ex premier: “Tu la tua occasione l’hai avuta e te la sei giocata male, ora ce l’abbiamo noi”. E così sia.

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Renzi contro i referendum Cgil: «È solo una battaglia ideologica. Il Jobs Act non c’entra con la precarietà»

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In un’intervista concessa al Corriere della Sera, il leader di Italia Viva Matteo Renzi attacca i referendum promossi dalla Cgil definendoli una “guerra ideologica”. L’ex premier accusa il sindacato di guardare al passato, prendendosela con il Jobs Act, invece di affrontare i problemi reali di oggi: «Non è con questi referendum che si cancellano le riforme del 2015», avverte Renzi.

«SE VINCE IL SÌ, NON TORNA L’ARTICOLO 18»

Renzi precisa che una vittoria del sì non reintrodurrebbe il reintegro nel posto di lavoro, ma semplicemente riporterebbe in vigore la legge Monti-Fornero con un indennizzo massimo di 24 mesi invece degli attuali 36. A suo avviso, è sbagliato affrontare il tema dei licenziamenti oggi, quando la vera urgenza sono i salari troppo bassi.

«IL QUORUM NON SI RAGGIUNGERÀ»

Secondo Renzi, il quorum sarà irraggiungibile e, nel giro di pochi giorni, la vicenda finirà nel dimenticatoio. Nonostante ciò, annuncia una campagna per difendere il Jobs Act: «Ha semplificato le assunzioni e dato tutele come la Naspi», rivendica. E accusa i riformisti del Pd di ipocrisia: «Non lo difendono per paura di non essere ricandidati».

I REFERENDUM SECONDO RENZI: NO, SÌ E LIBERTÀ DI VOTO

Renzi dice no all’abrogazione dei due quesiti direttamente collegati al Jobs Act: quello sui licenziamenti e quello sulle causali nei contratti a termine. Libertà di voto, invece, sui quesiti legati alla responsabilità solidale negli appalti e sull’indennizzo per le piccole imprese. Voterà invece per il referendum che dimezza da 10 a 5 anni il periodo di residenza necessario per ottenere la cittadinanza italiana: «Più diritti, ma anche più doveri».

«SE VOGLIONO BATTERE MELONI, NON ATTACCHINO ME»

L’ex premier accusa Landini di voler colpire il suo governo per danneggiare quello Meloni, ma ricorda che sul Jobs Act Fratelli d’Italia e Lega votarono contro, come i 5 Stelle e Schlein. «Se vogliamo mandare a casa la Meloni, parliamo di salari, bollette e fuga dei giovani dall’Italia», afferma.

LA STRATEGIA: «MENO IDEOLOGIA, PIÙ CENTRO»

Per Renzi, la soluzione per il centrosinistra è chiara: puntare sul centro e sui riformisti, non sull’estremismo di sinistra. «Il modello da seguire è il Canada di Mark Carney o il New Labour di Tony Blair. La sinistra che vince non caccia chi fa riforme».

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L’ex ministro Giovanardi denuncia il furto dell’auto a Castelvetro, ma l’aveva solo dimenticata

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Un’auto che scompare nel nulla. Una denuncia ai carabinieri. La paura di un furto nel tranquillo centro di Castelvetro di Modena. E poi, la sorpresa: l’auto era esattamente dove era stata parcheggiata. Protagonista dell’incredibile disavventura è Carlo Giovanardi (foto Imagoeconomica in evidenza), ex ministro e senatore, che non nasconde l’imbarazzo per quanto accaduto.

«HO CREDUTO AL PEGGIO»

Tutto comincia con un pranzo con amici. Al termine, Giovanardi si dirige verso il punto in cui credeva di aver lasciato l’auto. Ma la vettura non si trova. Scattano subito le ricerche e l’ex ministro si reca in caserma per denunciare il furto. «Credevo fosse una zona tranquilla», racconta, dando così il via a una piccola crisi d’immagine per il paese.

L’IRA DEL SINDACO: «NON È MAI STATO UN FURTO»

A smentire ogni ipotesi di furto è il sindaco di Castelvetro, Federico Poppi, che chiarisce come l’auto non sia mai sparita: «Il veicolo è stato ritrovato esattamente dove era stato parcheggiato, a 50 metri dalla caserma dei carabinieri». E aggiunge, visibilmente contrariato: «Castelvetro non merita di essere considerato insicuro per un fatto mai accaduto».

MEA CULPA E QUALCHE STILETTATA

Giovanardi, con una punta di autoironia, ammette: «Mi sono distratto». Ma non rinuncia a una stoccata agli altri: «Colpisce che anche Comune, vigili e carabinieri ci abbiano messo 30 ore. Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Una conclusione in tono semiserio per una vicenda che, per fortuna, non ha avuto alcuna conseguenza.

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Ciarambino, dal Consiglio di Stato altra bocciatura su Pomigliano

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“Un’altra bocciatura per il sindaco di Pomigliano e la sua giunta. Dopo l’arrivo della commissione d’accesso, dopo il licenziamento del comandante Maiello decretato come illegittimo dal Tar, dopo le denunce contro l’ex sindaco e l’ex segretario comunale finite in un nulla di fatto, ora il Consiglio di Stato assesta un altro schiaffo all’amministrazione comunale di Pomigliano, sancendo di fatto l’illegittimità dei provvedimenti sull’ufficio tecnico e sulla rimozione della dirigente. E a pagarne le conseguenze saranno ancora una volta i cittadini, finanziatori loro malgrado dell’ennesima “caccia alle streghe” finita con un buco nell’acqua”: così Valeria Ciarambino, Vicepresidente del Consiglio regionale e cittadina pomiglianese. “Ora, come per il comandante Maiello, dovrà avvenire il reintegro della dirigente rimossa e magari si dovranno mettere le mani nelle tasche dei cittadini anche per pagare cospicui risarcimenti. E mentre l’amministrazione comunale non ne azzecca una, la nostra città sprofonda in un degrado mai vissuto prima” conclude Ciarambino.

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