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Scandalo plusvalenze, il Governo pensa ad un intervento normativo

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La prima assemblea della Lega Serie A dopo l’esplosione del caso plusvalenze viaggia su altri temi, anche se la questione aleggia comunque sopra gli uffici in via Rosellini a Milano. Un tema “serio”, come ribadito dal presidente Lorenzo Casini, ma su cui anche la Lega si posiziona in attesa, aspettando le motivazioni della Corte d’Appello FIGC e di eventuali interventi del Governo, che sembra intenzionato a muoversi per limitare il fenomeno in futuro. “Non rimarremo soggetto passivo”, ha detto ieri il ministro Abodi. “Abbiamo acceso un faro, le norma potrebbe cambiare”, l’intervento di oggi del ministro dell’Economia, Giorgetti. Una norma che metta al riparo dagli ‘abusi’ e’ attesa anche dalla Lega di A, che sia sportiva o legislativa.

Tutto sta capire come è possibile intervenire su una fattispecie che riguarda anche transazioni economiche con altri Paesi, non solo tra club italiani. “La plusvalenza in quanto tale non è il male, fa parte del mercato e ci sono società che vivono in modo sano grazie alle plusvalenze. Il problema è quando si sviluppa un abuso ed è quello che va verificato con attenzione, non solo in Italia”, ha spiegato Casini in conferenza stampa. “Sulla vicenda c’è una decisione in corso, ho apprezzato molto le parole del ministro Abodi, è importante capire perché e quindi le spiegazioni. Aspettiamo di leggere le motivazioni, mentre commenti più approfonditi verranno fatti quando sarà chiusa”, ha aggiunto il numero uno della Lega. Il rischio resta comunque quello che il caso plusvalenze possa incidere anche sulla vendita dei diritti tv per il prossimo ciclo, oltre a dare una immagine negativa del campionato tanto che traspare comunque un certo fastidio per la decisione a campionato in corso. “C’è il rischio che la vicenda incida su diritti tv? È una domanda retorica, non la chiamerei però vicenda plusvalenze. Si tratta di capire se vi è stato un abuso di uno strumento. Come intervenire? È problema non solo della Lega, ma del sistema calcio non solo italiano. Non è semplice, ma è indubbio che non è problema che può risolvere una componente da sola”, le parole di Casini.

Il principale tema toccato in assemblea ha riguardato proprio i diritti tv, con l’inizio dei lavori per la stesura del bando per il prossimo ciclo che dovrebbe essere quinquannale dopo la modifica della Legge Melandri. “C’è stato un inizio di discussione sul nuovo ciclo per i diritti tv che continuerà con una assemblea dedicata a metà febbraio e poi proseguirà fino alla pubblicazione del bando nelle prossime settimane”, ha spiegato Casini. Allungamento della vendita dei diritti a 5 anni? È sicuramente una freccia in più nel nostro arco. Poi c’è l’ipotesi di prorogare i contratti che sono attualmente in corso con Sky e DAZN passando da tre a cinque anni, ma per come ho letto l’emendamento non c’è nulla di automatico. Serve un accordo tra tutte le parti, è solo una possibilità”, ha proseguito il presidente della Lega Serie A. Infine, tra le discussioni “c’è stata poi l’approvazione all’unanimità di un testo per l’accordo collettivo con l’Assocalciatori, è una proposta e poi ci sarà un’ulteriore discussione con l’AIC per arrivare poi alla stipula. Sulle riforme, porteremo delle ipotesi di modelli di riorganizzazione della Lega a partire dal tema media company, in modo da mettere un punto e decidere se realizzarla e come farlo. Parliamo di soluzioni organizzative e veicoli organizzativi”, ha concluso Casini.

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Esteri

SignalGate: nuove falle nella sicurezza Usa, l’ombra degli 007 stranieri

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Non è più solo una gaffe sull’uso dell’app Signal per comunicazioni top secret. Il caso ribattezzato SignalGate, esploso dopo la scoperta che vertici della sicurezza americana — tra cui il consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz, la responsabile dell’Intelligence Tulsi Gabbard e il capo del Pentagono Pete Hegseth — abbiano condiviso su una piattaforma vulnerabile informazioni delicate sull’attacco agli Houthi in Yemen, si è trasformato in una potenziale crisi di sicurezza nazionale.

Una questione sistemica, non un incidente

L’inchiesta partita da Der Spiegel e proseguita da Wired mostra che non si tratta di un episodio isolato, ma di un comportamento sistemico. I giornalisti hanno scoperto in rete email private, password, numeri di telefono e profili Venmo pubblici associati a funzionari dell’amministrazione Trump. Dati potenzialmente sfruttabili da intelligence ostili per infiltrare dispositivi e accedere a informazioni riservate.

Il ruolo di Waltz e l’uso improprio dei social

Particolarmente grave il caso di Mike Waltz, ex “berretto verde” ed esperto in sicurezza, che avrebbe mantenuto un profilo Venmo visibile con centinaia di contatti, tra cui politici, militari, giornalisti e persino sarti e medici. La superficialità digitale di alcuni dei più alti funzionari della sicurezza statunitense solleva interrogativi pesanti sulla cultura della protezione delle informazioni sensibili.

Le rivelazioni di Spiegel e Wired

Gli investigatori tedeschi, incrociando leak pubblici e database del dark web, sono riusciti a ricostruire la rete di contatti dei funzionari coinvolti, accedendo persino a profili Whatsapp attivi fino a pochi giorni fa. Secondo Der Spiegel, non si può escludere che agenti stranieri abbiano intercettato le discussioni su Signal relative all’attacco in Yemen.

Conseguenze internazionali e interne

Le implicazioni sono profonde. Israele ha protestato per la fuga di dettagli top secret condivisi nella chat, riguardanti una fonte sul campo. Ex ufficiali come Yossi Melman ricordano precedenti allarmanti, come quando Donald Trump avrebbe rivelato a Lavrov dettagli di operazioni del Mossad nel suo primo mandato.

Fallimenti di sicurezza e rischi futuri

Il SignalGate evidenzia almeno cinque criticità:

  1. I dati personali esposti favoriscono operazioni di spionaggio o ricatto.
  2. La superficialità nella gestione di strumenti di comunicazione.
  3. Il rischio di ritorsioni interne dopo i licenziamenti di massa ordinati dalla Casa Bianca.
  4. L’accesso eccessivo a informazioni riservate da parte di figure non di alto livello.
  5. La vendetta degli apparati statali ostili a Trump, che nel suo primo mandato si scontrò duramente con la Cia e l’establishment della Difesa.

La Casa Bianca in difficoltà

La portavoce Karoline Leavitt ha parlato di “errore” e promesso che non si ripeterà, ma ha accusato i media di esagerare. Intanto, alcuni repubblicani chiedono chiarezza, mentre il giudice James Boasberg ha convocato d’urgenza l’amministrazione per un’udienza sul mancato rispetto della legge sulla conservazione degli archivi. L’impressione è che il SignalGate sia solo l’inizio di una bufera ben più vasta sulla sicurezza americana.

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Economia

Sbarra lascia la Cisl, ‘partecipazione è passo storico’

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L’ultima assemblea di Luigi Sbarra alla guida della Cisl. Che lascia, vedendo ad un passo il “risultato storico” sulla legge sulla partecipazione al lavoro, cavallo di battaglia del sindacato. Un traguardo che rilancia alla vigilia del passaggio di testimone all’attuale segretaria generale aggiunta, Daniela Fumarola, e tema su cui si rinsalda il sostegno del governo. Così come sulla linea del dialogo. Lo conferma la stessa premier Giorgia Meloni, che interviene all’assise insieme alla ministra del Lavoro, Marina Calderone. La sintonia è chiara, il riconoscimento reciproco.

“Siamo un sindacato riformista e responsabile, dall’altra c’è un sindacato antagonista”, con i suoi “no ideologici”, dice Sbarra dal palco. Nel mirino, in primis, la Cgil di Maurizio Landini, anche se non viene mai nominato. La premier richiama proprio lo slogan dell’assemblea, “Il coraggio della partecipazione”, un titolo che riguarda “un’altra grande sfida”, che è innovare il modello economico produttivo “coniugando sussidiarietà e crescita. Il che significa rifondare la dinamica fra impresa e lavoro, superando una volta per tutte – scandisce – questa tossica visione conflittuale che anche nel mondo del sindacato qualcuno si ostina ancora a sostenere”. Il percorso sulla proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione e agli utili delle imprese, su cui la Cisl ha raccolto 400mila firme e che poi è diventata il testo base in discussione al parlamento, è ormai a buon punto. “Siamo ad un appuntamento con la storia”, rimarca il leader uscente.

“Grazie alla tenacia di Gigi, sarà la legge Sbarra”, anticipa Fumarola. E tutti rimarcano che “finalmente dopo settantasette anni” si darà attuazione all’articolo 46 della Costituzione. Ma sulla proposta non sono mancate le critiche di Landini – per Sbarra “grottesche” – che invece da tempo, con la Uil, chiede una legge sulla rappresentanza. Per Sbarra “ad essere assurdo e fuori luogo, è che a scagliarsi contro l’applicazione di un principio costituzionale sia chi un giorno sì e l’altro pure lancia allarmi per le minacce che incombono sulla democrazia”, la stoccata. Anche Calderone rimarca la via del dialogo “e non dell’urlo con le coronarie che saltano”. E la posizione del governo: nel corso delle interlocuzioni “non sempre siamo stati d’accordo, ma assolutamente concordi” con la Cisl “nel valorizzare i contratti collettivi, dire no ad una legge sul salario minimo e ad una legge sulla rappresentanza”. Domani, dunque, il cambio al vertice e l’elezione della nuova segretaria generale, Daniela Fumarola, la seconda donna alla guida della Cisl. Per Sbarra, invece, in vista l’idea di realizzare una Fondazione Cisl da dedicare a Franco Marini.

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Esteri

Ue a Meta: la moderazione dei contenuti non è censura

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Prima Elon Musk, poi Mark Zuckerberg. Quasi una manovra a tenaglia. Il primo destabilizza l’Europa prendendo di mira capi di Stato e di governo nei suoi post e spinge i movimenti di estrema destra, il secondo – sull’onda di una conversione tardiva al trumpismo – si scaglia contro l’eccessiva regolamentazione dell’Unione Europea ed evoca persino la censura. L’Ue non vuole alzare i toni, pur vedendo le nubi addensarsi all’orizzonte. Non è il suo stile, diciamo. Eppure tocca marcare il territorio: “La moderazione dei contenuti – nota Bruxelles – non significa censura”.

“La libertà di espressione è al centro del Digital Services Act (Dsa), che stabilisce le regole per gli intermediari online per contrastare i contenuti illegali, salvaguardando la libertà di espressione e d’informazione online: nessuna disposizione del Dsa obbliga le piattaforme a rimuovere i contenuti leciti”, dichiara un portavoce della Commissione Europea in risposta alle accuse del patron di Facebook. Il Digital Services Act insomma non è il diavolo né, tantomeno, un bavaglio orwelliano, semmai un giusto compromesso per dar vita ad un’esperienza online “più equa e rappresentativa”, rispettando la diversità e l’individualità di tutti gli utenti, anche (e soprattutto) affrontando “i pregiudizi negli algoritmi di raccomandazione”.

In pratica la condanna della bolla, che però genera traffico e interazioni. Sul fronte Musk Parigi sta alzando i toni. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Noël Barrot, ha esortato la Commissione Europea – che per ora ha appunto scelto un profilo basso per “non alimentare le polemiche” – ad agire “con la più grande fermezza”, immaginando persino la “sospensione del servizio”, già prevista dalle leggi comunitarie.

“O la Commissione applica le norme che ci siamo dati per proteggere il nostro spazio pubblico, o non lo fa, ma allora dovrà restituire agli Stati membri dell’Ue, e dunque alla Francia, la capacità di farlo: dobbiamo svegliarci”, ha tuonato. Ad affiancarsi è pure il premier spagnolo Pedro Sanchez. Con affermazioni durissime. “Il fascismo – ha dichiarato – è già la terza forza politica in Europa e l’internazionale dell’ultradestra, guidata dall’uomo più ricco del pianeta, attacca apertamente le nostre istituzioni, attizza l’odio, fa appello ad appoggiare gli eredi del nazismo in Germania alle prossime elezioni”.

Resta da vedere cosa decideranno di fare i 27. Al momento, a quanto si apprende, il tema non sarà affrontato al Comitato dei rappresentanti permanenti di domani, il primo del 2025. L’attività più frenetica si riscontra nelle capitali. Domani, ad esempio, ci sarà una visita lampo a sorpresa nel Regno Unito del presidente francese Emmanuel Macron, che sarà ricevuto dal premier britannico Keir Starmer, colpito da una violenta campagna di denigrazione su X – istigata da Musk – per il presunto insabbiamento dello scandalo degli stupri collettivi ai danni di bambine e ragazze avvenuti in alcune comunità pachistane dell’Inghilterra del nord, roccaforti elettorali del Labour.

L’agenda ufficiale dell’incontro si concentra su altro ma ormai non può che saltare all’occhio come (quasi) tutte le principali capitali d’Europa – Londra, Parigi, Berlino e Madrid – si siano schierate contro il neo-oligarca sudafricano, a breve membro a tutti gli effetti dell’amministrazione americana. Musk, ha detto invece il segretario di Stato Usa Antony Blinken, “si esprime da privato cittadino e ha il diritto di esprimere le proprie opinioni, come ogni americano”.

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