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Lavoro

Sbarra, sì al salario minimo attraverso la contrattazione

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 “Noi pensiamo che in Italia il salario minimo serva, ma lo dobbiamo fare attraverso i contratti come ci indica nella direttiva la Commissione europea”. Lo ha detto il segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, a margine del convegno del sindacato dal titolo ‘Partecipazione e solidarietà al lavoro’ in corso a Bologna. Per Sbarra “gli ostacoli” incontrati dal sindacato finora per realizzare questo obiettivo “sono legati alle associazioni datoriali che si sottraggono al confronto”.

La Cisl anche “al governo chiede analoga responsabilità – aggiunge Sbarra – perché dobbiamo rinnovare anche i contratti pubblici”. Per quanto riguarda il salario minimo, però, “il rischio, fissando una cifra, è che ci possa essere un’esplosione del lavoro nero – avverte Sbarra – una spirale verso il basso della dinamica delle retribuzioni medie e una uscita dai contratti collettivi di tante aziende. Ecco perché pensiamo che sia la contrattazione lo strumento che deve agevolare e aiutare il rilancio delle retribuzioni e dei salari”. Per Sbarra “molto lavoro povero lo registriamo perché i contratti non vengono rinnovati alla scadenza e anche perché attraverso gli stage, i tirocini extra curriculari, il part time involontario, le false partite Iva, le cooperative spurie, si annida tanto lavoro povero e sottopagato. La via è quella delle relazioni sindacali e della contrattazione nazionale e decentrata”.

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Economia

Sciopero nazionale dei lavoratori Ikea il 5 dicembre: “Premio di partecipazione una presa in giro”

I sindacati Filcams, Fisascat e Uiltucs annunciano uno sciopero nazionale dei lavoratori Ikea per il 5 dicembre contro il “premio di partecipazione irrisorio” e la rottura del contratto integrativo.

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Il 5 dicembre sarà sciopero nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori Ikea. La mobilitazione è stata proclamata da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs dopo quella che i sindacati definiscono “l’inutile presa in giro del premio di partecipazione 2025”.

Secondo le tre sigle, oltre il 50% dei negozi non riceverà alcun premio, mentre la restante parte percepirà importi irrisori, ben lontani dalle aspettative dei dipendenti.


I sindacati: “Migliaia di lavoratori senza riconoscimento”

Durante l’incontro del 6 novembre tra la dirigenza Ikea e le organizzazioni sindacali nazionali, sono stati illustrati i risultati del Premio di Partecipazione 2025.
«La fotografia emersa è sconcertante – spiegano i sindacati – migliaia di lavoratrici e lavoratori non vedranno riconosciuto il proprio impegno e la loro professionalità».

Le risposte dell’azienda, raccontano Filcams, Fisascat e Uiltucs, sono apparse «vaghe, contraddittorie e preoccupanti». Da un lato Ikea parla di un andamento “non negativo”, dall’altro di “mancato raggiungimento degli obiettivi”.


Le critiche al sistema premiante

I sindacati giudicano inaccettabile il sistema di calcolo del premio e respingono le spiegazioni della direzione aziendale, che attribuisce la mancata erogazione alle “distanze dei punti vendita dai centri urbani”, al “ridotto afflusso di clienti” e alla “concorrenza più agguerrita”.

“Sono giustificazioni deboli – scrivono i sindacati –. È la stessa Ikea ad aver scelto di aprire piccoli punti vendita urbani per avvicinarsi ai clienti. Ora ci chiediamo: perché non basta più? E quanto hanno inciso questi investimenti sui costi complessivi?”.

Le sigle denunciano anche la mancanza di risposte sui motivi della diminuzione di clientela: “Forse un problema di prezzi, marketing o rifornimenti. Tutto ancora senza spiegazioni”.


“Un doppio trattamento inaccettabile”

A rendere più tesa la situazione è anche la notizia di premi economici erogati ai dirigenti.
«Un doppio trattamento offensivo verso chi ogni giorno contribuisce al successo del marchio», denunciano i sindacati.

La proposta di riconoscere almeno un importo simbolico a tutti i dipendenti è stata respinta dall’azienda con un “no: non abbiamo risorse accantonate”.


La rottura del contratto integrativo e la protesta nazionale

La rottura del tavolo per il rinnovo del contratto integrativo ha spinto le sigle a proclamare lo stato di agitazione permanente e a confermare lo sciopero del 5 dicembre.

«Le lavoratrici e i lavoratori meritano rispetto e un riconoscimento vero, non un premio di carta», concludono Filcams, Fisascat e Uiltucs.

La protesta coinvolgerà i punti vendita e i magazzini Ikea di tutta Italia, con presidi e iniziative di solidarietà per chiedere un sistema di premialità più equo e trasparente.

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Economia

Disoccupazione di lunga durata: Campania, Calabria e Sicilia tra le peggiori d’Europa secondo Eurostat

Secondo Eurostat, Campania, Calabria e Sicilia registrano tassi di disoccupazione di lunga durata tra i più alti d’Europa. Nel 2024, un disoccupato su tre nell’Ue è senza lavoro da oltre un anno.

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Le regioni del Sud Italia continuano a guidare la triste classifica europea della disoccupazione di lunga durata. Secondo i dati diffusi da Eurostat, nel 2024 Campania (9,9%), Calabria (8,3%) e Sicilia (8,0%) rientrano tra le aree dell’Unione europea con le quote più alte di cittadini senza lavoro da oltre un anno.


Un disoccupato su tre in Europa è senza lavoro da oltre dodici mesi

In tutta l’Unione europea, almeno 4,2 milioni di persone tra i 15 e i 74 anni risultavano disoccupate da più di dodici mesi, pari all’1,9% della popolazione complessiva.
Il dato evidenzia che circa un disoccupato su tre nell’Ue si trova in condizioni di inattività prolungata, con forti disparità tra Nord e Sud del continente.


Il divario italiano: il Sud in sofferenza

Oltre a Campania, Calabria e Sicilia, Eurostat segnala anche Puglia e Molise (5,2%), Sardegna (4,3%), Abruzzo (3,7%) e Basilicata (3,6%) tra le regioni italiane più colpite dal fenomeno.
Decisamente migliori le performance del Centro-Nord: Lazio (3,1%), Piemonte (2,4%), Liguria (2,2%), Emilia-Romagna (1,4%), Toscana e Lombardia (1,3%), fino al Veneto (0,9%) e alla provincia autonoma di Trento (0,7%), che si attestano tra i territori più virtuosi.


Peggio solo alcune regioni extraeuropee

A superare i livelli italiani di disoccupazione di lunga durata sono soltanto le enclave spagnole di Ceuta (15,8%) e Melilla (16,3%), oltre ai territori d’oltremare francesi di Guadalupa (11,4%) e La Réunion (8,2%).
Questi numeri collocano ancora una volta il Mezzogiorno tra le aree più fragili del mercato del lavoro europeo, dove la difficoltà nel reinserimento occupazionale resta una delle emergenze economiche e sociali più gravi.

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Economia

Sanità, firmato il nuovo contratto: aumenti fino a 172 euro, settimana corta e nuove tutele per 581mila lavoratori

Firmato il contratto della sanità 2022-24: aumenti fino a 172 euro per 581mila lavoratori, settimana corta di 36 ore in 4 giorni e nuove tutele. Cgil e Uil non firmano, “contratto al ribasso”.

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Arrivano aumenti in busta paga fino a 172 euro lordi al mese per infermieri, ostetriche, amministrativi e personale sanitario: complessivamente una platea di 581mila lavoratori. Gli incrementi scatteranno da novembre, con gli arretrati relativi al biennio 2024-2025.

Il nuovo contratto collettivo del comparto Sanità 2022-2024, firmato oggi in via definitiva all’Aran, introduce anche numerose novità organizzative e normative.


Le novità: settimana corta e nuove tutele

Tra le principali innovazioni spiccano:

  • la settimana lavorativa di 36 ore su 4 giorni, su base volontaria e organizzativa;

  • l’introduzione del profilo di “Assistente infermiere”;

  • la possibilità di usufruire delle ferie ad ore;

  • il patrocinio legale gratuito e il supporto psicologico per chi subisce aggressioni sul lavoro;

  • misure a favore dei dipendenti più anziani, come il part time agevolato, l’esonero dai turni notturni e la possibilità di operare come tutor per i neoassunti;

  • l’estensione delle ferie solidali anche all’assistenza di parenti di primo grado.


Le reazioni: soddisfazione del Governo, ma Cgil e Uil non firmano

Il presidente dell’Aran Antonio Naddeo ha definito la trattativa “difficile ma positiva”, spiegando che l’accordo rappresenta una “buona base di partenza per il contratto 2025-2027”.

Soddisfatto anche il ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo, che ha parlato di un “risultato importante per un comparto cruciale dello Stato”.
“Gli aumenti medi sono pari a circa 170 euro mensili, con indennità specifiche che per il personale dei pronto soccorso possono arrivare fino a 500 euro”, ha dichiarato, ricordando che ora occorre rendere effettivi gli stanziamenti per la prossima tornata contrattuale.


Le posizioni delle Regioni e dei sindacati firmatari

Positivo anche il giudizio delle Regioni. Secondo Marco Alparone, presidente del Comitato di settore Regioni-Sanità, “si apre una nuova fase per costruire le linee guida del contratto 2025-2027, con l’obiettivo di aumentare l’attrattività del settore sanitario”.

Tra i sindacati firmatari, Nursind e Nursing Up accolgono l’accordo come “un punto di partenza”.
“È un momento importante – ha spiegato Andrea Bottega di Nursind – perché sblocca subito l’iter per la nuova tornata contrattuale”.
Per Nursing Up, “il contratto è un passo avanti, ma ora serve lavorare su carriere e stipendi più dignitosi”.


Il no di Cgil e Uil: “Contratto al ribasso”

Sul fronte opposto, Fp Cgil e Uil hanno scelto di non sottoscrivere l’accordo, giudicandolo insufficiente per rispondere alle esigenze del comparto.
Per la Cgil, si tratta di un contratto che “mortifica i lavoratori della sanità pubblica e comporta una perdita media mensile di 172 euro rispetto al costo della vita”.

La Uil critica invece la struttura retributiva, basata “su lavoro straordinario e indennità temporanee piuttosto che su aumenti stabili”.
Bocciata anche la nuova figura dell’assistente infermiere, “non sufficientemente definita e potenzialmente dannosa per i livelli essenziali di assistenza”.


Verso la prossima stagione contrattuale

Nonostante le divisioni, l’intesa segna la chiusura di una lunga trattativa e apre la strada al nuovo contratto 2025-2027, che dovrà affrontare le sfide della carente attrattività del lavoro sanitario e del rafforzamento della sanità pubblica, sempre più sotto pressione dopo anni di emergenze e carenze di personale.

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