Siamo entrati nel pieno della primavera e passeggiare per i sentieri è davvero un’esperienza unica, un tripudio per i nostri sensi: forme, colori, profumi e suggestioni ci accompagnano alla scoperta di luoghi dal fascino senza tempo.A patto però che impariamo a rallentare, godendoci appieno il cammino e scoprendo che ogni passo è come la pagina di un libro che ci aiuta a tessere la trama di un racconto. Sarebbe un peccato quindi sfogliarlo velocemente, senza capirne il senso, non trovate? Ecco perché consiglio sempre, prima di intraprendere un percorso, di fermarsi un attimo, ponendo l’attenzione al proprio respiro, rallentando con la mente ed allontanando tutti quei pensieri e problemi che potrebbero far perdere l’occasione di godere appieno la camminata. Solo così ci (ri)centriamo con noi stessi e con l’ambiente attorno a noi e predisponiamo il nostro corpo a percepire gli input che potrebbero arrivarci.E camminando camminando, nel cuore della mia terra, la mia attenzione viene catturata dalle tante erbe spontanee che crescono lungo i sentieri, vestendoli di bello. E’ proprio come diceva Virgilio «Ora ogni campo è rivestito d’erba, e ogni albero di foglie.
Ora i boschi mostrano i loro fiori, e l’anno assume il suo aspetto più bello». All’apparenza tutte uguali, ma a ben guardarle sono un mondo da scoprire. Spesso etichettiamo tali meraviglie come erbacce, considerandole addirittura come qualcosa di fastidioso. Eppure fino a poche generazioni fa non era affatto così.Siamo nati in natura ed abbiamo vissuto a strettissimo contatto con essa per gran parte della nostra storia evolutiva, raccogliendo le erbe e le piante che ci offriva (ne ho parlato qui https://www.juorno.it/ritornare-alle-origini-per-riscoprire-il-benessere/).
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Ecco è proprio da questa sapienza, che oggi purtroppo abbiamo un pò dimenticato, e dalle erbe spontanee che incontro lungo i sentieri che i miei ricordi vanno a quando ero piccino e a quando nella cucina/focolare dei miei nonni, che ricordo come un luogo magico e ricco di saperi, si realizzava un piatto davvero eccezionale, uno scrigno pieno di sapori e saperi: la minestra salvagioia. Si tratta di un antico piatto della tradizione contadina dell’isola d’Ischia ed in particolare delle zone alte dell’isola d’Ischia: mia nonna infatti era di Serrara – Fontana. E’ una zuppa povera a base di fagioli bianchi ed appunto erbe spontanee. Si pensa a questo piatto come l’antenato di tutte le minestre di legumi e verdure a foglia che vengono servite sulle tavole partenopee. Di certo ogni famiglia che conserva i segreti di questa tradizione avrà, come spesso accade, la propria ricetta. Ma anche questo fa parte di quella costellazione di saperi che rendono speciale questo territorio.
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Per realizzarla servono conoscenze botaniche per riconoscere le erbe selvatiche e tempo per scovarle, in quanto esse amano nascondersi lungo i sentieri o magari nei campi. Ne cito qualcuna di quelle che usava lamia nonna:raspulillo (tarassaco),papagno (rosalaccio o papavero comune), cardille (cardillo), rapesta (rapa), fenucchie sarevatiche (finocchio selvatico), borrace (borragine) , tunzo (sonco), paparastiello (caccialepre), cardogne (cardo) eartic (ortica).E’ chiaro che è un piatto che segue le stagioni e che il sapore cambia man mano che dall’autunno ci si inoltra nell’inverno fino ad arrivare alle erbette primaverili. Non è chiarissima l’origine del nome, ma ricordo che quando lo chiedevo alla nonna mi rispondeva che era una minestra nutriente e ricostituente e che quindi portava gioia.
Ed in effetti se ci pensiamo è davvero così. Dalla raccolta delle erbe, che ci fanno vivere l’esperienza della connessione profonda con la natura, alla preparazione ed alla cottura delle stesse che alimentano prima l’olfatto e poi il gusto con saporiche apprezziamo, magari con un buon bicchiere di vino locale, non possiamo che essere felici e provare gioia. Oggi, sono in pochi a riproporre questa ricetta sulle loro tavole, un vero peccato considerata la bontà e l’espressione salutare di questo piatto. Per fortuna anche mia madre ha continuato a riproporcelo e di certo anche io proverò a non perdere questa bella tradizione tutta ischitana. Vi consiglio, se non lo avete ancora fatto, di provarla, perchè come Confucio diceva «Non c’è uomo che non possa bere o mangiare, ma sono in pochi in grado di capire che cosa abbia sapore». A presto.
Scenari diversi denotano caratteristiche differenti con le proprie sfide e le proprie peculiarità. Il comune di Serrara Fontana è viva espressione di questa territorialità eterogenea e il suo Sindaco ne coordina le vicende con intenzioni unitarie. “Occorre un brand Ischia”, una sana comunicazione ed un tavolo di intenti. Sono queste alcune delle ricette nella visione di rilancio della prima cittadina, Irene Iacono. Ascoltiamola.
“La vicinanza del Governo la si sente al di là dei numeri” questa la dichiarazione del Sindaco Pascale al netto degli interventi post alluvione. “Era mio desiderio la creazione di una Ctl (Consulta turistica locale) con intervento di enti sovracomunali”: questo l’organismo che il Sindaco auspica e che potrebbe favorire una nuova organizzazione del comparto turistico e della sua riqualificazione su scenari più ampi.
Dall’inverno difficile alla riprogrammazione turistica toccando l’occupazione giovani e la necessita’ di fare impresa cosciente: ascoltiamo le lucide parole di Pascale nell’intervista che segue.
L’Italia, la Campania e Ischia devono dimostrarsi al passo con i tempi per esserne protagonisti. Le sfide sono ardue e le possibilità da cogliere tante. Ma le si devono affrontare con dignità e cognizione di causa. I giovani devono essere consapevoli dell’impegno richiesto e messi in condizione di poterlo espletare. Ce ne parla il Dottor Antonio Tuccillo, Presidente della Fondazione nazionale di ricerca dei commercialisti italiani.