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Politica

Salvini, le accuse al videomaker che riprese il figlio e la “zingaraccia” che lo minaccia di morte: è sempre polemica

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Trasforma in un ring anche il Papeete beach di Milano Marittima, Matteo Salvini. E torna a far discutere per il botta e risposta al vetriolo con il videomaker che ha ripreso suo figlio su una moto d’acqua della polizia. Ma anche per aver definito “zingaraccia” una donna rom che in un video lo minacciava di morte. Il vicepremier rientra da Roma dopo una ‘pausa’ per il Consiglio dei ministri, che aveva interrotto una settimana di villeggiatura con il figlio, sulla riviera romagnola. Indossa le infradito, sotto camicia e pantaloni lunghi, si taglia i capelli, concede selfie, si mostra sorridente. Ma il sorriso si spegne quando, durante la conferenza stampa di presentazione della festa della Lega, il videomaker di Repubblica lo incalza sulla vicenda del figlio, per la quale e’ stata aperta un’indagine. “Lei che e’ specializzato – lo blocca prima ancora che finisca la domanda – vada a riprendere i bambini, visto che le piace tanto”, dichiara con pesante allusione. “I figli devono essere tenuti fuori dalla polemica politica, attaccate me, lasciate stare mio figlio. Andiamo insieme in pedalo’, visto che sei maggiorenne ti posso invitare”. L’opposizione si indigna: e’ un “fatto gravissimo”, dice il Pd con Paola De Micheli. “In Russia accadono questo genere di cose. Ecco perche’ a Salvini piace tanto Putin. Risponda, non continui a scappare”. E a far polemica e’ anche la scelta di apostrofare come “zingaraccia” una donna rom. Ma anche in questo caso Salvini contrattacca: “Roba da matti. Il problema non e’ una zingara che minaccia di morte il ministro dell’Interno, vivendo in un campo Rom abusivo. Il problema per qualcuno e’ la parola ‘zingaraccia’. Io vado avanti”.

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Cronache

Molestie al Concertone del Primo Maggio, Piantedosi: “Espelleremo i tre studenti tunisini”

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Il Concertone del Primo Maggio a San Giovanni è stato macchiato da un grave episodio di violenza sessuale. Tre studenti tunisini — due di 25 anni iscritti al Dams, e uno di 22 che studia Ingegneria a Roma Tre — sono stati arrestati con l’accusa di molestie sessuali di gruppo nei confronti di una ragazza italiana di 25 anni originaria di Caserta. Il fatto ha provocato una bufera politica e il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha annunciato l’avvio della procedura di espulsione: «Per i tre cittadini stranieri è stato chiesto il nulla osta al magistrato per procedere all’espulsione», ha dichiarato.

Convalidato l’arresto, ma solo obbligo di firma

I tre sono stati giudicati per direttissima presso il tribunale di Piazzale Clodio. Nonostante la richiesta di custodia cautelare della Procura, il giudice ha convalidato l’arresto ma ha disposto l’obbligo di firma in attesa del processo. Una decisione che ha innescato una vasta ondata di reazioni politiche e sociali, con prese di posizione molto dure da parte di esponenti della maggioranza e dell’opposizione.

La politica si divide: accuse incrociate tra destra e sinistra

La ministra per la Famiglia Eugenia Roccella (FdI) ha accusato il centrosinistra di non aver preso posizione: «Dispiace che non ci sia stata una condanna corale». Il senatore Maurizio Gasparri (FI) ha parlato di «sinistra ipocrita», mentre Filippo Sensi (Pd) ha replicato in modo durissimo su X: «Perché i 3 molestatori siano liberi stento a capirlo. Le polemiche della destra mi fanno schifo».

“Serve un segnale chiaro”: l’intervento dei sindacati

I sindacati Cgil, Cisl e Uil, organizzatori dell’evento, hanno definito l’episodio «grave e intollerabile», soprattutto perché avvenuto durante una manifestazione per i diritti e le libertà. Dura anche la reazione della capogruppo di Italia Viva al Senato, Raffaella Paita, che ha ricordato come il caso richiami per dinamiche il famigerato “taharrush gamea” verificatosi a Milano a Capodanno.

Salvini e la Lega: espulsione immediata e nuova legge

Il vicepremier Matteo Salvini ha invocato l’immediata espulsione dei tre stranieri, mentre Laura Ravetto (Lega) ha rilanciato la proposta di legge per inasprire le pene in caso di violenza di gruppo, definendola una pratica legata a «subculture incompatibili con i valori occidentali». Il capogruppo leghista al Campidoglio Fabrizio Santori ha chiesto al sindaco di Roma Roberto Gualtieri di spostare il Concertone da Piazza San Giovanni, definendolo «dannoso per un luogo di alto valore storico e religioso».

La testimonianza della vittima: tra urla e solidarietà

Infine, è stato smentito il racconto secondo cui la folla sarebbe rimasta indifferente. Secondo la testimonianza della stessa vittima, molte persone hanno collaborato con le forze dell’ordine per rintracciare i tre sospettati e l’hanno confortatadopo l’aggressione. La ministra del Turismo Daniela Santanchè ha parlato di un’«indifferenza agghiacciante», ma il racconto della ragazza offre uno scenario più sfumato, sebbene l’episodio resti gravissimo e abbia lasciato un segno profondo sull’opinione pubblica.

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Politica

Renzi contro i referendum Cgil: «È solo una battaglia ideologica. Il Jobs Act non c’entra con la precarietà»

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In un’intervista concessa al Corriere della Sera, il leader di Italia Viva Matteo Renzi attacca i referendum promossi dalla Cgil definendoli una “guerra ideologica”. L’ex premier accusa il sindacato di guardare al passato, prendendosela con il Jobs Act, invece di affrontare i problemi reali di oggi: «Non è con questi referendum che si cancellano le riforme del 2015», avverte Renzi.

«SE VINCE IL SÌ, NON TORNA L’ARTICOLO 18»

Renzi precisa che una vittoria del sì non reintrodurrebbe il reintegro nel posto di lavoro, ma semplicemente riporterebbe in vigore la legge Monti-Fornero con un indennizzo massimo di 24 mesi invece degli attuali 36. A suo avviso, è sbagliato affrontare il tema dei licenziamenti oggi, quando la vera urgenza sono i salari troppo bassi.

«IL QUORUM NON SI RAGGIUNGERÀ»

Secondo Renzi, il quorum sarà irraggiungibile e, nel giro di pochi giorni, la vicenda finirà nel dimenticatoio. Nonostante ciò, annuncia una campagna per difendere il Jobs Act: «Ha semplificato le assunzioni e dato tutele come la Naspi», rivendica. E accusa i riformisti del Pd di ipocrisia: «Non lo difendono per paura di non essere ricandidati».

I REFERENDUM SECONDO RENZI: NO, SÌ E LIBERTÀ DI VOTO

Renzi dice no all’abrogazione dei due quesiti direttamente collegati al Jobs Act: quello sui licenziamenti e quello sulle causali nei contratti a termine. Libertà di voto, invece, sui quesiti legati alla responsabilità solidale negli appalti e sull’indennizzo per le piccole imprese. Voterà invece per il referendum che dimezza da 10 a 5 anni il periodo di residenza necessario per ottenere la cittadinanza italiana: «Più diritti, ma anche più doveri».

«SE VOGLIONO BATTERE MELONI, NON ATTACCHINO ME»

L’ex premier accusa Landini di voler colpire il suo governo per danneggiare quello Meloni, ma ricorda che sul Jobs Act Fratelli d’Italia e Lega votarono contro, come i 5 Stelle e Schlein. «Se vogliamo mandare a casa la Meloni, parliamo di salari, bollette e fuga dei giovani dall’Italia», afferma.

LA STRATEGIA: «MENO IDEOLOGIA, PIÙ CENTRO»

Per Renzi, la soluzione per il centrosinistra è chiara: puntare sul centro e sui riformisti, non sull’estremismo di sinistra. «Il modello da seguire è il Canada di Mark Carney o il New Labour di Tony Blair. La sinistra che vince non caccia chi fa riforme».

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Politica

L’ex ministro Giovanardi denuncia il furto dell’auto a Castelvetro, ma l’aveva solo dimenticata

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Un’auto che scompare nel nulla. Una denuncia ai carabinieri. La paura di un furto nel tranquillo centro di Castelvetro di Modena. E poi, la sorpresa: l’auto era esattamente dove era stata parcheggiata. Protagonista dell’incredibile disavventura è Carlo Giovanardi (foto Imagoeconomica in evidenza), ex ministro e senatore, che non nasconde l’imbarazzo per quanto accaduto.

«HO CREDUTO AL PEGGIO»

Tutto comincia con un pranzo con amici. Al termine, Giovanardi si dirige verso il punto in cui credeva di aver lasciato l’auto. Ma la vettura non si trova. Scattano subito le ricerche e l’ex ministro si reca in caserma per denunciare il furto. «Credevo fosse una zona tranquilla», racconta, dando così il via a una piccola crisi d’immagine per il paese.

L’IRA DEL SINDACO: «NON È MAI STATO UN FURTO»

A smentire ogni ipotesi di furto è il sindaco di Castelvetro, Federico Poppi, che chiarisce come l’auto non sia mai sparita: «Il veicolo è stato ritrovato esattamente dove era stato parcheggiato, a 50 metri dalla caserma dei carabinieri». E aggiunge, visibilmente contrariato: «Castelvetro non merita di essere considerato insicuro per un fatto mai accaduto».

MEA CULPA E QUALCHE STILETTATA

Giovanardi, con una punta di autoironia, ammette: «Mi sono distratto». Ma non rinuncia a una stoccata agli altri: «Colpisce che anche Comune, vigili e carabinieri ci abbiano messo 30 ore. Chi è senza peccato scagli la prima pietra». Una conclusione in tono semiserio per una vicenda che, per fortuna, non ha avuto alcuna conseguenza.

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