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Economia

Sale ricchezza famiglie, boom di Btp e azioni

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La stagione degli alti tassi di interesse non frena l’attitudine al risparmio delle famiglie. Ma anzi ne rilancia la fiducia e gli investimenti in titoli di Stato e azioni. Nel 2023 la ricchezza finanziaria degli italiani ha superato i 5.200 miliardi, con un incremento di quasi 80 miliardi in meno di un anno e oltre 550 miliardi rispetto al 2019, ovvero prima della pandemia. E se resta ancora elevato il peso del contante depositato nei conti correnti, cresce la voglia di rendimenti e si torna a guardare con interesse alla profittabilità degli investimenti in Bot e Btp e anche a quella più spinta del comparto azionario.

A fotografare l’andamento dei risparmi delle famiglie è la Fabi, in un’analisi che fa il punto sugli ultimi cinque anni, dal precovid alla fiammata dell’inflazione. Nel corso del 2023 la ricchezza finanziaria ha raggiunto il picco di 5.216 miliardi (il dato è di settembre 2023), rispetto ai 5.138 miliardi di fine 2022, con un incremento dell’1,51%. Ma guardando agli ultimi cinque anni, l’aumento è vicino al 12%, che significa 552,5 miliardi accantonati dalle famiglie italiane tra il 2019 e il 2023.

“La ricchezza finanziaria delle famiglie, pari a oltre 5.000 miliardi, cresciuta di 500 miliardi dal 2019 al 2023, nonostante il Covid e l’inflazione alle stelle, resta un asset fondamentale per la crescita e lo sviluppo economico del Paese: equivale a due volte e mezzo il pil italiano e corrisponde a quasi il doppio rispetto al nostro debito pubblico”, sottolinea il segretario generale della Fabi Lando Maria Sileoni, evidenziando “la ritrovata voglia di guadagni da parte della clientela” che “conferma la centralità della consulenza in banca”. Dai dati emerge infatti meno liquidità sui conti correnti, ma una propensione al risparmio intatta con una ricerca di maggiori rendimenti, anche a costo di rischi più elevati.

Lo scorso anno infatti i conti correnti e contanti si sono asciugati per quasi 61 miliardi (-3,73%), scendendo a 1.572 miliardi (anche se rispetto al 2019 si registra un aumento complessivo dell’8,3%, pari a 120 miliardi in più lasciati dagli italiani su depositi e conti correnti). Ma dopo le distanze prese negli ultimi anni, i risparmiatori tornano a guardare con interesse a investimenti redditizi: nei primi 9 mesi del 2023, tra azioni, titoli obbligazionarie e fondi comuni le famiglie italiane hanno accumulato oltre 144 miliardi in più sotto forma di risparmio. Sono in particolare i Bot, Btp e altre obbligazioni a registrare la crescita maggiore: +44,3% a 375,2 miliardi a settembre 2023 e nel quinquennio l’aumento raggiunge circa il 40%.

Aumenta anche l’investimento in fondi comuni (+1,69%) e nel comparto azionario (+1,35%). L’effetto di questo trend è la crescita della quantità di debito pubblico in mano ai privati, sia famiglie che imprese. Negli ultimi due anni – evidenzia un focus del rapporto – la quota di Bot e Btp detenuta dai piccoli risparmiatori e dalle aziende è infatti più che raddoppiata, con una “vistosa accelerazione” nel 2023: se nel 2021 il mercato retail aveva il 6,4% delle obbligazioni emesse dal Tesoro in circolazione, questa quota è salita all’8,7% nel 2022, fino a toccare il 13,5% nei primi 11 mesi del 2023. Nello stesso biennio il debito italiano nei portafogli degli investitori esteri si è invece ridotto: la quota è passata dal 30,7% al 27,3%. “A favorire il successo del debito pubblico hanno contribuito da un lato l’inflazione e dall’altro la scarsa remunerazione dei depositi e dei conti correnti da parte delle banche”, si spiega. Una tendenza, conclude l’analisi, “che verosimilmente proseguirà per tutto il 2024”.

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Economia

Nozze Ita-Lufthansa, rischio veto Ue senza modifiche

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Parte una settimana decisiva sul futuro di Ita-Lufthansa. Le due compagnie dovranno presentare all’Antitrust Ue un nuovo pacchetto di impegni con i dovuti miglioramenti per arrivare alle tanto agognate nozze. Le proposte messe sul piatto finora sullo scalo di Milano-Linate, sulle rotte a corto raggio dall’Italia all’Europa centrale e sui collegamenti a lungo raggio da Fiumicino verso Stati Uniti e Canada sono state ritenute insufficienti da Bruxelles. In caso di modifiche, la Commissione europea, impegnata al momento nel market test che si concluderà lunedì, valuterà i nuovi rimedi e la sua decisione potrebbe “consolidarsi” già a inizio giugno. Senza miglioramenti, a quanto si apprende da fonti comunitarie, l’operazione è destinata ad essere bocciata. L’annuncio ufficiale è atteso entro il 4 luglio.

Tra le sue richieste, la Commissione chiede di cedere molti più slot a Milano Linate: il 30%, 60 voli giornalieri, secondo quanto scrive il Corriere della Sera, e in questo modo la quota di mercato combinata sullo scalo passerebbe dal 66 al 46%. Ita e Lufthansa propongono invece di rilasciare l’11-12% degli slot. La compagnia tedesca dovrebbe, poi, rinunciare ai ricavi che realizza sui voli tra l’Italia e il Nord America. L’idea avanzata dai tedeschi, ossia congelare per due anni l’alleanza con Ita sui lunghi collegamenti da Fiumicino con Usa e Canada non ha convinto la Commissione in quanto Lufthansa detiene già un’ampia quota di mercato attraverso le joint venture formate con United Airlines e Air Canada. Qualche giorno fa il presidente di Ita Airways, Antonino Turicchi, ha sottolineato che “questa è un’operazione a favore del mercato, non compromette la concorrenza”.

E in difesa dell’operazione Italo-Tedesca si è espresso anche l’amministratore delegato di Aeroporti di Roma, Marco Troncone. La fusione “significa molto per il Paese e per l’Europa, nonostante i dubbi che la Commissione solleva”, ha detto il numero uno di Adr, evidenziando come “i profili di concentrazione di questa operazione siano oggettivamente marginali nel contesto del mercato rilevante”. Una eventuale bocciatura dell’operazione Ita-Lufthansa da parte della Commissione europea aprirebbe scenari molto foschi per il futuro della newco, nata dalle ceneri di Alitalia. L’amministratore delegato del gruppo Ryanair, Michael O’Leary, non ha dubbi: senza Lufthansa la compagnia italiana “andrà in bancarotta e scomparirà “.

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Economia

Banche, utili record: in tre mesi a 6,3 miliardi

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Il sistema bancario “continua a macinare record”. Numeri in crescita anche nel primo trimestre dell’anno con i primi sette gruppi bancari del Paese (IntesaSanpaolo, Unicredit, Bpm, Mps, Bper, Popolare di Sondrio e Credem) che hanno fatto registrare utili pari a 6,3 miliardi, per un +25,6% sui primi tre mesi del 2023. Lo rileva un report condotto dall’Ufficio studi & ricerche della Fisac-Cgil sui risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari nazionali nel primo trimestre del 2024.

“Dopo i risultati da record per i grandi gruppi bancari nel biennio passato – commenta la segretaria generale della Fisac-Cgil, Susy Esposito – molti si attendevano un rallentamento, complice l’attesa discesa dei tassi di interesse. Il ritardo della Bce a diminuire i tassi di riferimento, e di conseguenza la trasmissione di questo ai tassi attivi praticati dalle banche, insieme alla perdurante politica di scarsa remunerazione dei depositi, ha mantenuto elevato il livello dei ricavi dalla gestione del danaro”. Risultati che, aggiunge, “a fronte di un contenimento sul versante della spesa del personale, nonostante il rinnovo del contratto, così come delle spese amministrative, deve indurre il sistema bancario per intero a investire sull’occupazione e sul radicamento nel territorio”.

Il margine di interesse, si rileva nel report della Fisac-Cgil, sale ancora, per il campione, di quasi il 7% nei primi tre mesi dell’anno rispetto all’analogo periodo del 2023. La dinamica delle commissioni, per quasi tutti i gruppi, ha accelerato (+5,3%) e spesso deriva dalla spinta alla vendita di prodotti assicurativi ma anche da quelle relative all’amministrazione dei titoli. Il prodotto delle due componenti più significative dell’attività caratteristica bancaria ha spinto ulteriormente verso l’alto i ricavi totali (17,8 miliardi di euro per un +9,8%). Sul versante dei costi del personale, che hanno registrato un aumento del +2,5% derivato anche dal rinnovo del contratto Abi, si mantengono mediamente più elevati rispetto allo stesso periodo del 2023 seppur in maniera contenuta, così come le spese amministrative, sottolinea il rapporto della Fisac.

Questa dinamica dimostra, dal lato dei costi per il personale, “la capacità delle banche di agire gestionalmente per mantenere sotto controllo questi ultimi, anche e purtroppo attuando politiche di riduzione degli organici come di mancato turn over”, prosegue il report. Dal lato delle spese amministrative (-0,5%), la previsione di investimenti in nuova tecnologia, spiega inoltre la Fisac-Cgil, come previsto da quasi tutti i piani di impresa, “farebbe pensare ad un incremento di queste ultime anche a scapito della erosione dei margini, fenomeno che non si è ancora verificato. Viceversa il contenimento delle spese, anche attraverso la politica della chiusure delle filiali, a beneficio della redditività a disposizione della distribuzione di utili, può rallentare il processo di innovazione tecnologica, così come confermare la dinamica di riduzione di dipendenti e sportelli”.

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Economia

Abi, tasso medio dei conti corrente sale allo 0,59%

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In aprile il tasso medio praticato dalle banche italiane sui nuovi depositi a durata prestabilita (cioè certificati di deposito e depositi vincolati) è stato il 3,63%. A marzo 2024 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,67%, area dell’euro 3,50%). Rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 334 punti base.

Lo afferma il rapporto mensile dell’Abi. Il rendimento delle nuove emissioni di obbligazioni bancarie a tasso fisso ad aprile 2024 è stato il 3,81%, con un incremento di 250 punti base rispetto a giugno 2022 quando era l’1,31%. In aprile il tasso medio sul totale dei depositi (certificati di deposito, depositi a risparmio e conti correnti), è stato l’1,05% (1,04% nel mese precedente, 0,32% a giugno 2022). Il tasso sui soli depositi in conto corrente è salito allo 0,59% (0,57% nel mese precedente), tenendo presente che il conto corrente “permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento”, conclude l’Abi.

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