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Rita De Crescenzo sbarca sulla Cnn: quando il nulla diventa notizia mondiale

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C’è chi studia, lavora e si fa strada a fatica e poi c’è chi, senza arte né parte, riesce ad approdare sulla CNN grazie a un perfetto mix di caos, ignoranza ostentata e uso sapiente dei social.

È il caso di Rita De Crescenzo, la TikToker napoletana capace di trasformare una semplice domenica sulla neve in un caso diplomatico. Mentre la nostra ministra del Turismo, Daniela Santanchè, cerca invano di farsi notare all’estero per promuovere il Paese, chi riesce davvero a far parlare dell’Italia nel mondo è una donna con un passato burrascoso e una passione per le “invasioni” organizzate via smartphone.

Dalla spazzatura al successo: una strategia vincente

La CNN non si è lasciata sfuggire l’occasione di raccontare l’assurdo fenomeno che ha visto migliaia di turisti improvvisati riversarsi nelle località sciistiche italiane, su input della De Crescenzo. Il network americano descrive la scena con un certo gusto per il grottesco: autobus pieni di fedelissimi bloccati prima di partire da Napoli, sciatori improvvisati intenti a fare barbecue sulle piste e spazzatura lasciata come souvenir tra le montagne innevate. Una narrazione quasi surreale che, però, ai giornalisti della CNN deve essere sembrata il perfetto spunto per mettere alla berlina un Paese che riesce sempre a superare se stesso nel ridicolo.

La rivincita dell’ignoranza 2.0

Quello che colpisce, però, non è solo il clamore mediatico, ma la reazione della stessa De Crescenzo, che dopo aver scatenato il pandemonio ha dichiarato, senza batter ciglio, che avrebbe dovuto essere pagata per la pubblicità gratuita data alle località sciistiche. In un Paese in cui chi lavora nel turismo deve sudare per ogni briciolo di visibilità internazionale, basta un post virale su TikTok per ottenere la copertura di uno dei media più influenti al mondo.

L’Italia di oggi: dai bravi ragazzi agli influencer del caos

Mentre gli italiani che fanno impresa lottano per un trafiletto nei giornali di settore, e i rappresentanti delle istituzioni cercano spazio sulle testate estere per promuovere il Paese, la CNN sembra aver scelto di raccontare un’Italia folkloristica e grottesca. La De Crescenzo diventa così il volto di un certo “genio italico” che non ha bisogno di competenze o meriti per emergere, ma solo di un cellulare, una parlantina inarrestabile (incomprensibile) e un pubblico (si fa per dire!) pronto a idolatrarla.

Napoli meritava questo?

Ed ecco che si pone la domanda più amara: che cosa ha fatto di male Napoli per meritarsi di finire sulla CNN con il volto della De Crescenzo? Una città ricca di storia, arte, cultura, geni indiscussi e bellezza senza pari, improvvisamente rappresentata da una figura che con il suo modo di esprimersi sembra incarnare lo stereotipo più becero della napoletanità.

Quello che lascia l’amaro in bocca è che proprio Napoli, terra di grandi menti e personalità straordinarie che hanno reso l’Italia grande nel mondo, venga ora accostata a chi, con metodi discutibili e una disinvoltura sorprendente, si fa beffe delle regole e della convivenza civile.

Un Daspo urbano per la De Crescenzo?

A questo punto, viene spontaneo chiedersi se il sindaco di Napoli, magari in perfetto accordo con prefetto e questore, non possa valutare una soluzione drastica: un Daspo urbano per allontanare la De Crescenzo dalla città. Un provvedimento che sarebbe accolto con entusiasmo dalla stragrande maggioranza dei napoletani, stanchi di vederla spacciata per rappresentante del loro popolo. Anzi, già che ci siamo, perché non spedirla direttamente negli Stati Uniti? Lì, tra un TikTok e l’altro, potrebbe finalmente trovarsi a suo agio nel bestiario da social network e incultura, magari diventando un’esperta di geopolitica per la CNN.

Immaginiamola dibattere con profondità su temi di attualità come il Muro al confine con il Messico, il Golfo d’America, i dazi commerciali, la riconquista del canale di Panama o la guerra in Ucraina in cambio delle terre rare. Non dubitiamo che avrebbe molto da dire. Ne siamo sicuri.

Quando il mondo ci guarda… per ridere

Forse è proprio questo che infastidisce di più: la perfidia con cui la CNN ha trattato la vicenda, quasi a voler sottolineare che in Italia tutto è possibile, anche che una figura come la De Crescenzo diventi protagonista delle cronache internazionali. E così, mentre altrove si discute di economia, innovazione e politica globale, noi finiamo sulle prime pagine per una TikToker che, invece di promuovere cultura e turismo, organizza gite fuori porta al grido di “invadiamo le piste da sci”.

Confessione finale

Alla fine di questo articolo, dopo trent’anni di professione giornalistica, facendo sempre attenzione a scrivere fatti veri, usando un linguaggio pertinente e continente, mi accorgo che sulla vexata quaestio della signora De Crescenzo, forse anche io, per un eccesso di amore per Napoli e i napoletani, mi sono lasciato trascinare. Anche io, come la CNN, ho finito per intrupparmi nel nulla e raccontare il nulla mondiale. Che dire? Nessuno è perfetto, nemmeno chi si illude di avere sempre qualcosa di sensato da dire.

E però una domanda rimane aperta: in un mondo in cui il nulla riesce a diventare notizia, non sarà che la vera colpa è di chi lo racconta? Il nulla che sbarca sulla CNN. Questa sì che è una notizia. 

Giornalista. Ho lavorato in Rai (Rai 1 e Rai 2) a "Cronache in Diretta", “Frontiere", "Uno Mattina" e "Più o Meno". Ho scritto per Panorama ed Economy, magazines del gruppo Mondadori. Sono stato caporedattore e tra i fondatori assieme al direttore Emilio Carelli e altri di Sky tg24. Ho scritto libri: "Monnezza di Stato", "Monnezzopoli", "i sogni dei bimbi di Scampia" e "La mafia è buona". Ho vinto il premio Siani, il premio cronista dell'anno e il premio Caponnetto.

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Identikit del nuovo Papa, chi raccoglie eredità Francesco

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Il principale, grande nodo che i cardinali che si riuniranno nella Sistina dovranno sciogliere nell’individuare la figura del nuovo Pontefice sarà su chi potrà raccogliere la grande eredità di papa Francesco. I tanti cantieri aperti lasciati dal Pontefice scomparso, i “processi avviati” come li chiamava lui, sono altrettanti capitoli di cui scrivere un futuro e su cui, se possibile, non fermarsi, né tanto meno tornare indietro. Quando dodici anni fa si dimise Benedetto XVI, la Chiesa attraversava una grave crisi, provata dagli scandali come il primo Vatileaks, le ondate di rivelazioni sugli abusi sessuali – peraltro favorite proprio da Ratzinger, il primo a promuovere la ‘tolleranza zero’ -, e la stessa rinuncia del Papa per l’età avanzata e le difficoltà nel fare fronte alle resistenze interne, che avevano fatto fortemente ondeggiare la ‘barca di Pietro’.

E il mandato dei cardinali a chi sarebbe diventato il nuovo Papa era stato di rifondare la Chiesa su una nuova base di rinascita cristiana e di rilanciata missione evangelizzatrice. Proprio quello che ha perseguito, non senza pesanti ostacoli, Jorge Mario Bergoglio in questi dodici anni di pontificato, con le riforme in primo luogo finanziarie, poi della Curia con l’inedito mandato ‘di governo’ anche ai laici e alle donne, sulla protezione dei minori, e col proprio atteggiamento personale di radicalità cristiana, di vicinanza ai più poveri, ai migranti, agli ‘scartati’, di indefessa abnegazione in favore della pace, della fratellanza umana e del dialogo con le altre religioni. Un insieme di spinte in avanti che rimettono in primo piano molti dei propositi ancora inattuati del Concilio Vaticano II, finora gravati da contrarietà e passività all’interno della Chiesa.

Senza contare l’ultimo grande cantiere aperto da Francesco, quello della Chiesa ‘sinodale’, su cui a parte i due Sinodi già svolti il Papa defunto ha indetto un ulteriore triennio per l’attuazione, con una grande e finale “assemblea ecclesiale” già programmata per l’ottobre del 2028. Un’eredità, quindi, in buona parte già scritta quella che dovrà raccogliere il prossimo, e 266/o, successore di Pietro. Che dovrà riprendere in mano tutte le riforme e portarle avanti secondo le proprie sensibilità e priorità. Oltre che con la necessaria autorevolezza e capacità di governo, qualità indispensabili per il pastore universale di un organismo della complessità e vastità della Chiesa cattolica.

Questo, insomma, sarà l’identikit del nuovo Papa, almeno per chi pensa che sulla rivoluzione imposta da Bergoglio in tanti settori ecclesiali “non si può tornare indietro”. E, a parte gli elenchi dei papabili e i possibili fronti contrapposti, nelle congregazioni generali pre-Conclave, come accadde proprio nel 2013 con la successiva elezione di Francesco, avrà la meglio chi nei propri interventi riuscirà a trasmettere carisma e a catalizzare maggiormente i convincimenti dei confratelli. Non mancherà certo l’assalto dei restauratori, di chi nel Collegio cardinalizio vorrebbe riportare indietro l’orologio della storia e fare piazza pulita di molte delle innovazioni di Francesco, in particolare in campi come la pastorale della famiglia (c’è chi non nasconde di non aver ancora digerito la comunione ai divorziati risposati) o peggio ancora le benedizioni alle coppie gay, o anche i rapporti con le altre religioni, oppure certe fughe in avanti tuttora mal sopportate.

Il fatto che ben 108 dei 135 cardinali elettori, cioè l’80 per cento, siano stati nominati da Francesco non garantisce sul risultato finale: si tratta di un gruppo molto composito, tra cui molti non si conoscono fra loro, e che comprende anche fieri oppositori della linea di Bergoglio. Un nome per tutti, l’ex prefetto per la Dottrina della fede, Gerhard Ludwig Mueller, fiero oppositore della linea bergogliana. L’esito del Conclave è dunque molto incerto. E a parte i favoriti elencati finora dai media, è possibile che alla fine prevalga un nome del tutto a sorpresa.

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Comune revoca cittadinanza al duce, la dà a Matteotti

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Revocata la cittadinanza onoraria a Benito Mussolini, conferita invece a Giacomo Matteotti, il politico socialista ucciso dai fascisti il 10 giugno 1924. Alla vigilia del 25 aprile, il Comune di San Clemente, in provincia di Rimini, ha preso queste due decisioni simboliche, approvate all’unanimità dal consiglio comunale nel tardo pomeriggio. Anche Ozzano dell’Emilia, in provincia di Bologna, proprio ieri ha revocato la cittadinanza al duce. E così hanno chiesto di fare i gruppi consiliari di centrosinistra ad Isernia, dove era stata concessa a Mussolini il 20 maggio 1924. “Revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini significa prendersi la responsabilità di giudicare con determinazione e piena maturità un passato costellato da atrocità, economia inesistente, azzeramento, in modo scientifico, quasi chirurgico, del pensiero critico”, ha detto la sindaca di San Clemente, Mirna Cecchini, nel suo discorso.

“In un’epoca in cui il coraggio delle proprie azioni e l’intransigenza verso le bestialità sembrano venir meno, l’esempio di Matteotti è pronto a ricordarci che la democrazia e la libertà non sono beni scontati e facilmente ottenibili. Bensì l’epilogo di faticose conquiste personali e collettive, la spina dorsale dei popoli capaci di rialzare la testa; traguardi che richiedono responsabilità, vigilanza continua e partecipazione convinta”, ha aggiunto, motivando il conferimento della cittadinanza post mortem. A Ozzano la cittadinanza a Mussolini fu concessa il 18 maggio 1924, “in un periodo e contesto storico totalmente diverso da quello attuale, quando tantissimi Comuni furono in un certo senso sollecitati a rendergli omaggio attraverso un atto simbolico e politico – ha spiegato il sindaco, Luca Lelli – A chiederne la revoca è stata l’Anpi locale e come Amministrazione non abbiamo esitato a rispondere all’appello, e a procedere con il ritiro attraverso un atto del Consiglio comunale. La revoca è avvenuta a ridosso del 25 aprile perché abbiamo voluto dare anche un segnale forte, puntando l’attenzione sull’impegno che da sempre abbiamo nel promuovere una società basata sui valori di democrazia e libertà”.

A Isernia il capogruppo del Pd, Stefano Di Lollo, ha spiegato che “la cittadinanza onoraria, attribuita all’epoca come atto di adesione ideologica al regime fascista nascente, è oggi ritenuta incompatibile con i valori della Costituzione repubblicana e con il sentimento democratico che deve appartenere a uno Stato civile. Benito Mussolini è stato il principale responsabile dell’instaurazione della dittatura fascista, delle persecuzioni razziali e politiche, e dell’alleanza con il nazismo, che ha condotto l’Italia in una delle fasi più oscure della sua storia. Restituire alla storia il suo giusto significato è fondamentale per costruire un presente consapevole e un futuro libero”.

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Becciu: Papa Francesco aveva la soluzione, non possono escludermi

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Il cardinale Angelo Becciu conferma di ritenere che lo si debba ammettere al Conclave. Il porporato sardo, ex sostituto della Segreteria di Stato ed ex prefetto per le Cause dei santi – che in una drammatica udienza del 24 settembre 2020 papa Francesco privò della carica in Curia e dei diritti del cardinalato -, afferma in una conversazione con la Reuters che il suo ruolo è cambiato da quella sera di oltre quattro anni e mezzo fa, quando il Pontefice lo degradò perché si sentiva tradito nella sua fiducia. Oltre a confermare quanto già dichiarato all’Unione Sarda – che le sue prerogative sono “intatte, che non c’è stata “alcuna esplicita volontà” di escluderlo dal Conclave e che non gli è mai stato chiesto di rinunciare al privilegio per iscritto -, Becciu aggiunge che papa Bergoglio sarebbe stato vicino a prendere una decisione sul suo status.

Dice infatti di aver incontrato il Pontefice a gennaio, prima del ricovero al Gemelli a febbraio, e cita le sue parole: “Penso di aver trovato una soluzione”, gli avrebbe detto Francesco. Becciu dichiara inoltre di non sapere se il Papa gli abbia lasciato istruzioni scritte su questo aspetto. “Saranno i miei confratelli cardinali a decidere”, conclude in attesa della discussione nelle congregazioni pre-Conclave del Sacro Collegio, già iniziate e a cui lui stesso è invitato.

La questione-Becciu, che rischia di condizionare gravemente il prossimo Conclave e anche il dopo, si complica quindi sempre di più. Tra l’altro nel prossimo autunno – prima udienza il 22 settembre – si aprirà il processo d’appello sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato e la compravendita del Palazzo di Londra, per le quali Becciu ha sempre proclamato la sua innocenza ma è stato in primo grado condannato a cinque anni e sei mesi di reclusione e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici per i reati di peculato e truffa aggravata ai danni della Santa Sede. Intanto, spuntano due lettere scritte dal Papa che sancirebbero l’esclusione di Becciu dal voto per il nuovo Pontefice. Ne scrive il quotidiano Domani riportando che il cardinale Pietro Parolin, già segretario di Stato, avrebbe mostrato ieri sera a Becciu due lettere dattiloscritte e siglate dal Pontefice con la F che lo escluderebbero dall’ingresso in Sistina: una del 2023 e l’altra dello scorso mese di marzo, quando Francesco affrontava l’ultima, gravissima malattia.

Il porporato sardo avrebbe preso atto, ma al momento non risulta abbia rinunciato al suo proposito. Sempre secondo ricostruzioni su Domani dell’ex direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, il cardinale decano Giovanni Battista Re, che domani celebrerà i funerali di Francesco, avrebbe detto a Becciu di essere favorevole al suo ingresso in Conclave, non avendo disposizioni contrarie scritte dal Pontefice scomparso. Nel riferire ciò al cardinale camerlengo Kevin Joseph Farrell, però, quest’ultimo avrebbe comunicato a Re la volontà di papa Bergoglio, espressagli tempo fa soltanto a voce, che Becciu fosse tenuto fuori. Da indiscrezioni che trapelano dalle prime congregazioni generali, poi, per sbrogliare il caso-Becciu che sta diventando un vero e proprio ‘giallo’, potrebbe essere costituita una commissione, composta da cinque cardinali tra cui lo stesso porporato sardo.

Questa, secondo il Fatto Quotidiano, la proposta avanzata dal cardinale Claudio Gugerotti, già prefetto per le Cause orientali e considerato molto vicino al card. Parolin. Gugerotti, dal canto suo, avrebbe espresso un parere contrario all’ingresso di Becciu in Sistina. Lo stesso avrebbe fatto un altro fedelissimo di Bergoglio, il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski. Su tutta la questione non ci sono commenti da fonte ufficiale. Alle domande dei giornalisti il portavoce vaticano Matteo Bruni continua a ripetere che “per ora parliamo dei funerali del Papa. Del Conclave si parlerà poi”.

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