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Politica

Rissa M5S-Lega in Parlamento sulla sanità lombarda e Mentana si espone al ridicolo col deputato pentastellato Ricciardi

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Il modello Lombardia ed in particolare la gestione della sanità diventa un caso in Parlamento. Scoppia la bagarre nell’aula di Montecitorio (con una rissa sfiorata) tra deputati della Lega e Movimento Cinque Stelle, e poi qualche ora dopo, tensione anche a palazzo Madama tra senatori leghisti ed esponenti della maggioranza. Che cosa fa insorgere il partito di Matteo Salvini e poi a seguire, con altri accenti, il centrodestra? Le parole del pentastellato Riccardo Ricciardi. Il deputato, che prende la parola dopo l’intervento del premier Giuseppe Conte sulle misure di contrasto al Coronavirus, attacca i vertici del Pirellone: “Il modello è stato fallimentare – accusa – in questi anni sono stati tagliati 25mila posti letto negli ospedali pubblici regalando soldi alle cliniche private. Non accettiamo lezioni”. Parole che scatenano caos e proteste dai banchi della Lega al grido di “buffone, buffone” tanto che il presidente della Camera, Roberto Fico, deve sospendere per qualche minuto la seduta. A riportare la calma non ci riesce nemmeno il presidente del Consiglio che sgombra il campo dalle accuse di una possibile “regia” dietro le parole di Ricciardi: “Ciascun parlamentare esprime le proprie opinioni. Non è mai accaduto che a me fosse consegnato un intervento” prima. Il capo del governo poi vuole essere ancora più chiaro: “Dire che io abbia condiviso o istigato, è una cosa che si commenta da se'”, è la replica diretta a Giorgia Meloni che aveva parlato “di una precisa strategia della maggioranza” dietro l’intervento dell’esponente pentastellato.

Alla fine, a parte le scene poco edificanti del tentativo di aggressione fisica a Ricciardi, sembra più o meno una normale giornata penosa in un’aula parlamentare dove il contegno dovrebbe essere tutt’altro. Ma tant è! Diciamo che s’è trattato di un modello di democrazia parlamentare effervescente, alla turca, dove però ogni tanto si menano proprio. Certo, immaginiamo che non deve essere bello sentir parlare del mitico modello sanitario lombardo ridotto in macerie dal sistema tangentizio di Formigoni. Un sistema sanitario che ha precise responsabilità in ordine alla pessima gestione dell’emergenza sanitaria in una regione dove abbiamo registrato 15.727 morti sui 32.486 in tutta Italia. Volendo fare i primini della classe, un po’ come sempre più spesso fa Enrico Mentana, il deputato del M5S Riccardo Ricciardi ha detto una sequela di ovvietà, se permettete, banalità. Ha raccontato fatti. Persino sull’ospedale Covid in Fiera Ricciardi poteva dire qualcosa di più e meglio, ma ha molto ammorbidito i toni. Forse ha avuto paura che lo menassero. Su quell’ospedale e sulla spesa fatta per quell’aborto di Covid Center inutile, proprio oggi la Procura di Milano ha aperto un fascicolo d’inchiesta e mandato a fare le prime perquisizioni.

Quello che emerge però da queste poche ore di bagarre parlamentare non sono tanto le sceneggiate in Aula ma l’ennesima uscita a vanvera di Enrico Mentana sui social. Riccardo Ricciardi non aveva manco finito di parlare e il direttore de La 7 aveva già postato sul suo profilo Fb la sua sentenza. Come sempre senza appello. Oramai più che un giornalista Mentana è una fonte battesimale: è lui che decide chi è onesto e chi no, chi è razzista e chi no, chi è corretto e chi no. Qualcuno deve avergli dato l’appalto per separare il bene dal male. Ma che cosa scrive il giornalista che oramai gareggia con Vittorio Feltri quanto a sobrietà di linguaggio?  Scrive questo:

La risposta di Riccardo Ricciardi è da persona intelligente. “La mia stima per Enrico Mentana è grandissima. Non lo querelerei neanche se mi dicesse che sono un coglione senza artifici retorici. Mi piacerebbe una critica sul merito però. Le mie parole sono a difesa della Lombardia, di tutto il personale sanitario, degli abitanti di una regione che ha subito una tragedia enorme” scrive Ricciardi da gran signore. Era ora di pranzo più o meno che si consumava questa drammatica pagina di giornalismo nostrano. Probabilmente Mentana era a tavola mentre scriveva il suo ennesimo post alla Feltri contro Ricciardi. Sta di fatto che appena recupera un poco di lucidità mentale, il direttore de La 7 corre a Montecitorio prima a scusarsi con Ricciardi per le idiozie che aveva scritto su Fb (e si fa pure un selfie, Ricciardi ha la mascherina all’estero di Montecitorio… Mentana invece forse perchè ancora stanco mentalmente se l’è dimenticato che è obbligatorio nella regione Lazio) e poi addirittura, diciamo pure per mettersi a posto con la coscienza oltre che con i suoi legali che gliel’hanno consigliato, ha invitato Riccardo Ricciardi nella edizione delle 20 del Tg de La7 dove gli ha fatto una lunga intervista. Ricciardi ha ripetuto a Mentana, nello studio del Tg, esattamente le stesse cose dette in Aula. Mentana questa volta, però, invece di definirlo coglione annuiva.

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Napoli

Amministrative in Campania: 244mila elettori al voto tra fratture politiche e simboli scomparsi

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Sono 244.129 gli elettori chiamati alle urne in 15 comuni della Campania il 25 e 26 maggio per il rinnovo dei Consigli comunali. Un turno elettorale caratterizzato da scissioni politiche, simboli di partito assenti e alleanze trasversali, soprattutto nei centri più grandi del Napoletano.

Tra le sorprese, spicca la scomparsa del simbolo del Movimento 5 Stelle in tutti e cinque i comuni al voto in provincia di Napoli e l’assenza del Partito Democratico a Nola, feudo della famiglia Manfredi, dove il candidato scelto si è ritirato poche ore prima del deposito delle liste.

Il caso Capaccio Paestum: dopo l’arresto di Alfieri, partiti in fuga

Nel Salernitano, l’attenzione è puntata su Capaccio Paestum, dove si torna al voto dopo l’arresto del sindaco uscente del Pd Franco Alfieri. Il clima è teso e quasi tutti i partiti, ad eccezione di Fratelli d’Italia, hanno evitato di presentare i simboli ufficiali. Il centrodestra si presenta diviso: Carmine Caramante è sostenuto da FdI e tre civiche, Simona Corradino da quattro liste tra cui Forza Capaccio Paestum con esponenti di FI, e Gaetano Paolino corre con il supporto silenzioso del Pd.

Nola: il Pd resta fuori, campo libero alle civiche

A Nola il caos è totale. Il Pd, dopo il ritiro del suo candidato, resta fuori dalla competizione, così come il M5s. Quattro i candidati in campo, tra cui Maurizio Barbato (FdI), Agostino Ruggiero (Socialisti), Antonio Ciniglio e Andrea Ruggiero, quest’ultimo sostenuto da un’ampia coalizione civica.

Volla e Giugliano: sfide a più voci

A Volla sono ben sei i candidati a sindaco, con il Pd che sostiene Giuliano Di Costanzo insieme a tre civiche. Il centrodestra è compatto su Lino Donato, mentre altre quattro coalizioni civiche completano il quadro.

A Giugliano in Campania, il Pd punta su Diego D’Alterio, sostenuto anche da Italia Viva e Azione. Il centrodestra è unito su Giovanni Pianese (FdI, FI, Udc), mentre corre anche Salvatore Pezzella, già vicino alla civica Insieme per Giugliano.

Casavatore e Marigliano: simboli sbiaditi e divisioni interne

A Casavatore, la frammentazione è evidente: Vito Marino è appoggiato da civiche di centrodestra senza simboli ufficiali, Fabrizio Celaj dal Pd e da un M5s “anonimo”, mentre Mauro Muto corre con Fratelli d’Italia.

A Marigliano, il centrodestra candida Paolo Russo (Noi Moderati), sostenuto anche da Fare Democratico, dove sono confluiti esponenti del Pd. Il Pd ufficiale appoggia Gaetano Bocchino, insieme ad Azione e civiche, mentre Ciro Panariello è sostenuto dalla sola lista Cambiamo Marigliano.

Gli altri comuni al voto

In provincia di Avellino si vota a Chiusano di San Domenico, Rotondi e Senerchia. Nel Beneventano urne aperte a Sant’Angelo a Cupolo. In provincia di Caserta, si vota a Lusciano e Pignataro Maggiore. Infine, nel Salernitano, oltre a Capaccio Paestum, si vota a Castelnuovo di Conza, Ispani e Sant’Angelo a Fasanella.

 

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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