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Esteri

Rimpasto a Kiev, Zelensky nomina una nuova premier amica degli Usa

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Rinsaldare i rapporti con l’America di Donald Trump e rilanciare l’economia di un Paese devastato da oltre tre anni di invasione: questi gli obiettivi che si è posto Volodymyr Zelensky mettendo mano al più grande rimpasto di governo dall’inizio della guerra. I piani del presidente ucraino prevedono un cambio fino al vertice dell’esecutivo, che sarà rappresentato dall’attuale vicepremier Yuliia Svyrydenko. E cambierà anche il rappresentante diplomatico a Washington: il ministro della Difesa Rustem Umerov. Sulla scelta della 39enne Svyrydenko, che guida il ministero dell’Economia, hanno probabilmente pesato due fattori: è considerata una stretta alleata di Andriy Yermak, il potente capo di gabinetto di Zelensky e vanta forti legami con la squadra di Trump, dopo aver guidato i colloqui insieme al segretario al Tesoro Scott Bessent, che hanno portato all’accordo sui minerali (quanto mai vantaggioso per gli Usa).

A lei verrà affidato il compito di “trasformare il potere esecutivo”, traducendo in fatti le necessità di “cambiamenti” invocate da Zelensky: dal nevralgico settore della difesa, per “incrementare la produzione nazionale di armi”, all’economia, con uno snellimento sensibile dell’apparato statale che “riduca significativamente le spese non essenziali”, ha sottolineato il presidente ucraino dopo i faccia a faccia con la premier incaricata e con il capo del governo uscente Denys Shmyhal, che passerà alla Difesa. Per Umerov c’è in ballo un ruolo forse ancora più delicato, quello di ambasciatore negli Stati Uniti: avrà il compito di mantenere saldi i rapporti con un alleato diventato imprevedibile da quando è cambiato l’inquilino della Casa Bianca. Lo sa bene l’attuale rappresentante a Washington, Oksana Markarova, immortalata con le mani nei capelli durante la sfuriata di Trump e Vance a Zelensky nello Studio Ovale lo scorso febbraio.

Markarova pagherà l’essersi inimicata il partito repubblicano, dopo che a settembre aveva organizzato una visita di Zelensky con alcuni esponenti dei democratici a un deposito di armi nello stato chiave della Pennsylvania durante la campagna del 2024: un’iniziativa condannata dallo speaker della Camera Mike Johnson, che aveva chiesto le sue dimissioni. Se Yuliia Svyrydenko avrà l’ok del parlamento diventerà la seconda premier donna nella storia dell’Ucraina, dopo la pasionaria della Rivoluzione Arancione Yulia Tymoshenko. Zelensky lo scorso anno ha rinviato le elezioni presidenziali e parlamentari a causa della guerra e secondo il suo entourage il rimpasto è lo strumento più efficace per ridare nuova linfa all’azione di governo. Eppure tra le file nell’opposizione crescono i malumori i metodi considerati sempre più autoritari e accentratori.

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Trump nella bufera sul caso Epstein: pressioni dal Congresso per la pubblicazione dei file

Il caso Epstein divide il partito repubblicano. Trump si difende su Truth, ma lo speaker Johnson e il Congresso chiedono trasparenza.

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Il caso Jeffrey Epstein torna a scuotere la Casa Bianca e divide il fronte conservatore. Mentre l’amministrazione Trump cerca di disinnescare le polemiche crescenti, lo speaker repubblicano della Camera Mike Johnson rompe con il presidente e chiede trasparenza totale: “I file vanno pubblicati, devono essere gli americani a decidere”, ha dichiarato.

Trump all’attacco su Truth contro le “bufale democratiche”

Il presidente Donald Trump ha reagito con irritazione sul suo social Truth, accusando i suoi stessi “sostenitori del passato” di dare credito a quella che ha definito “una bufala creata dai democratici”. “Sono stronzate”, ha scritto, lamentando che i successi degli ultimi sei mesi vengano oscurati dalle accuse e dai sospetti che continuano a circolare sulla figura dell’ex finanziere, morto in carcere nel 2019 in circostanze mai del tutto chiarite.

Il ruolo della ministra Bondi e la pressione su di lei

Nel mirino c’è anche la ministra della Giustizia Pam Bondi, da giorni sotto attacco. Dopo un periodo di silenzio, è riapparsa davanti alle telecamere per smentire qualsiasi ipotesi di dimissioni: “Sarò al mio posto finché il presidente lo vorrà”, ha detto. Trump continua a difenderla pubblicamente, ma nelle ultime ore ha aperto alla possibilità che il governo pubblichi nuovi documenti ritenuti “credibili”.

Crepe nella base Maga: “Non molleremo su Epstein”

Il malcontento cresce però proprio nella base Maga, che fino a pochi mesi fa garantiva un sostegno totale al presidente. Le teorie cospirazioniste su Epstein – spesso alimentate da membri dell’amministrazione durante la campagna elettorale – ora tornano a galla, ma è proprio quella base militante a chiedere conto e pretendere la verità.

A prendere posizione anche Lara Trump, nuora del presidente, che ha esortato a “una maggiore trasparenza”.

Al Congresso si prepara uno scontro interno al GOP

Alla Camera, il deputato Thomas Massie, noto per le sue posizioni indipendenti e per aver votato più volte contro Trump, ha avviato le procedure per presentare una mozione che obblighi alla pubblicazione di tutti i documenti sul caso Epstein. La mossa è letta da molti osservatori come un banco di prova sulla tenuta della fedeltà del partito repubblicano al suo leader.

Il caso Epstein, insomma, torna al centro del dibattito politico statunitense e mina la compattezza interna al GOP, con la Casa Bianca costretta a rincorrere una polemica che si fa ogni giorno più esplosiva.

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Esteri

Petro: Colombia deve uscire da Nato, no altra strada

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Il presidente della Colombia, Gustavo Petro, ha annunciato durante la Conferenza internazionale su Gaza conclusasi oggi a Bogotà che il suo Paese cesserà di essere l’unico partner globale latino-americano della Nato. Lo riporta il sito della rivista colombiana Semana.

Dalla Nato dobbiamo uscire, non c’è altra strada”, ha dichiarato Petro aggiungendo che “la relazione con l’Europa non può più passare attraverso governi che tradiscono il loro popolo e stanno aiutando a lanciare bombe sui bambini”. 
 A comunicare l’ingresso della Colombia come partner globale della Nato era stato il 31 maggio del 2018 l’allora presidente uscente Juan Manuel Santos.

Nello stesso anno l’ex segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, aveva ricevuto per la prima volta sia Santos che il suo successore Iván Duque. Durante colloqui ad alto livello presso la sede della Nato il 22 gennaio 2021 il viceministro degli Esteri colombiano Adriana Mejia, il viceministro della Difesa Jairo Garcia e i rappresentanti della Nato siglarono accordi su interoperabilità, cooperazione e sicurezza delle informazioni.

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Trump frena su armi a Kiev: “Non sto con l’Ucraina né con la Russia, ma con l’umanità”

Trump frena sull’invio di armi a lungo raggio a Kiev e smentisce il Financial Times. “Non sto con Ucraina o Russia, ma con l’umanità”.

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Donald Trump nega di voler fornire armi a lungo raggio a Kiev, smentendo le indiscrezioni diffuse dal Financial Timessecondo cui avrebbe addirittura incoraggiato il presidente ucraino Zelensky a colpire Mosca e San Pietroburgo. “Per ora non le sto valutando“, ha dichiarato il presidente americano, parlando alla stampa alla Casa Bianca prima di partire per la Pennsylvania, dove ha annunciato un maxi investimento sull’intelligenza artificiale.

Alla domanda se stesse con l’Ucraina o con la Russia, Trump ha risposto: “Con nessuno, sto con l’umanità e voglio finire questo bagno di sangue”.

Il retroscena sul colloquio con Zelensky

Secondo le rivelazioni del Financial Times, Trump avrebbe avuto un colloquio riservato con Zelensky il 4 luglio, chiedendogli: “Volodymyr, puoi colpire Mosca? Puoi colpire anche San Pietroburgo?”. E secondo due fonti informate, il leader ucraino avrebbe risposto: “Assolutamente, se ci date le armi”. Lo scopo, riferisce il quotidiano britannico, sarebbe stato quello di “far sentire il dolore ai russi” e forzare il Cremlino a sedersi al tavolo dei negoziati. Ma la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha ridimensionato: “Le dichiarazioni sono state prese fuori contesto”.

Pressione Usa e spaccature Ue

Nel frattempo, l’Unione europea denuncia l’uso crescente di armi chimiche da parte dell’esercito russo in Ucraina. Lo ha affermato Kaja Kallas, alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, parlando di oltre 9.000 attacchi con armi proibite dall’inizio del conflitto, sulla base di informazioni dei servizi segreti olandesi e tedeschi. “Mosca vuole che Kiev si arrenda”, ha denunciato.

Sul fronte sanzioni, però, i 27 restano divisi: Bratislava ha bloccato ancora una volta il nuovo pacchetto, che dovrebbe comprendere anche un price cap su petrolio e gas russi. Kallas si è detta comunque fiduciosa su un accordo e ha chiesto che anche gli Stati Uniti “condividano l’onere” delle spese per gli aiuti militari, con una prima tranche già stimata in 10 miliardi di dollari.

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