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Politica

Riforma del Csm, stretta sulle toghe in politica e fuori ruolo al servizio del Governo

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Mai piu’ giudici che mentre indossano la toga ricoprono anche incarichi elettivi e politici. Una stretta sulle toghe fuori ruolo.Uno stop alle nomine a pacchetto che favoriscono gli scambi tra le correnti della magistratura. E per le elezioni del Csm un sistema maggioritario, basato su collegi binominali e una sola preferenza, ma con correttivi per assicurare la rappresentanza delle minoranze e meccanismi, compreso il sorteggio, per garantire la parita’ di genere. C’e’ tutto questo e molto altro nella riforma del Csm che la ministra della Giustizia conta di portare al Consiglio dei ministri prima di Natale. Oggi Marta Cartabia si e’ confrontata con i partiti della maggioranza. E a loro ha chiarito che le sue sono ipotesi di lavoro e non emendamenti al ddl Bonafede, che saranno presentati solo dopo una “fase di ascolto”, presumibilmente la prossima settimana, nel corso di una riunione collegiale di maggioranza. Le norme piu’ attese sono quelle sul sistema elettorale del Csm (con due ipotesi diverse sul numero dei collegi a seconda se ci sara’ o meno l’aumento del numero dei componenti delle Csm) : bisogna procedere con la massima rapidita’ se si vuole che il nuovo Csm (l’attuale scade a luglio) sia eletto con regole diverse a quelle ritenute all’origine degli “scandali” che hanno incrinato la credibilita’ della magistratura. Ma proprio su queste sono arrivate le prime critiche. La piu’ drastica e’ dei togati del Csm Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, che parlano di “trionfo del correntismo”. Riserve anche da Forza Italia, che con il capogruppo in Commissione Giustizia, Pierantonio Zanettin, e’ tornata a chiedere il sorteggio temperato al posto della soluzione proposta che invece “favorisce il bipolarismo e mortifica i gruppi minori”. Diverse le novita’ sulle toghe in politica: i magistrati non potranno candidarsi nel collegio, in cui e’ compreso in tutto o in parte l’ufficio giudiziario in cui hanno prestato servizio negli ultimi tre anni. E all’atto dell’accettazione della candidatura dovranno essere posti in aspettativa senza assegni. Non c’ e’ pero’ lo stop alle porte girevoli, previsto dal ddl Bonafede e che i 5s hanno chiesto di mantenere, perche’ chi si candida in Parlamento porra’ tornare a indossare la toga, anche se solo a certe condizioni, e comunque per un periodo di tempo dovra’ stare lontano dalle funzioni giudiziarie. C’e’ invece un giro di vite sui giudici fuori ruolo: si va verso un taglio del loro numero massimo consentito (oggi 200), sia della durata di questa esperienza (non piu’ di 10 anni in tutta la carriera). Mentre le nomine agli incarichi direttivi andranno fatte nel rispetto rigoroso dell’ordine cronologico in cui i posti restano scoperti e ascoltando obbligatoriamente in audizione i candidati selezionati. Si ipotizza il riconoscimento del diritto di voto all’avvocatura nei consigli giudiziari che dovranno dare i pareri sui candidati. Diritto invece escluso sulle valutazioni di professionalita’ dei magistrati e che invece diversi partiti, a partire dal Pd, hanno sollecitato. Novita’ anche sulla Sezione disciplinare (i componenti non potranno far parte delle Commissioni che decidono su incarichi direttivi, trasferimenti di ufficio e valutazioni di professionalita’) e sul concorso per diventare magistrato (per accedervi bastera’ la laurea).

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Economia

Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Politica

Europee: Vannacci presenta il suo libro giovedì a Napoli

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Roberto Vannacci, candidato della Lega alle elezioni europee, presenterà il suo libro “Il mondo al contrario” giovedì 2 maggio a Napoli. Lo annuncia Luigi Mercogliano, presidente per la Campania del comitato “Il mondo al contrario” che trae il suo nome dal titolo del libro scritto da Vannacci. La presentazione del libro si terrà giovedì 2 maggio alle ore 17 nel teatro del centro culturale “In arte Vesuvio”. Interverranno alla presentazione con l’autore il presidente campano di “Mondo al contrario” Luigi Mercogliano, il giornalista Sergio Angrisano e lo scrittore Massimo Scalfati.

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Politica

Emiliano all’Antimafia: inopportuno io venga in audizione

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Il presidente della Puglia, Michele Emiliano, ha inviato una lettera alla Commissione parlamentare antimafia in cui spiega di non ritenere opportuna in questo momento una sua audizione, come richiesto già una settimana fa dall’ufficio di presidenza della stessa commissione. La motivazione del governatore sarebbe dovuta ad una serie di delicati impegni legati alla recente fase politica in Consiglio regionale, come la votazione della mozione di sfiducia nei suoi confronti. L’audizione avrebbe riguardato le vicende e le inchieste sui rischi di infiltrazioni mafiose nel territorio pugliese e in particolare a Bari.

“Quello di Emiliano è un evidente gesto di debolezza. Se lui adombra eventuali gesti di strumentalizzazione politica si sbaglia. Noi conosciamo bene i limiti e i poteri dell’Antimafia e confermo da parte mia la richiesta di audizione del presidente della Puglia, affinché venga fatta chiarezza su alcune vicende”. Così la senatrice di Italia Viva e componente della commissione antimafia, Raffaella Paita, in merito alla lettera inviata dal governatore della Puglia, in cui Emiliano ha spiegato alla commissione di non ritenere opportuna una sua convocazione in questo momento.

La commissione Antimafia ha ufficialmente convocato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per il 2 maggio. Lo si apprende da fonti della commissione secondo le quali l’audizione è fissata per le 10.30.

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