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Cultura

Riemerge la Pompei post-eruzione: tra rovine, focolari improvvisati e vite precarie

Gli scavi nell’Insula Meridionalis rivelano la Pompei post-eruzione: sopravvissuti e senzatetto vissero tra le rovine fino al V secolo.

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Pompei non fu abbandonata per sempre dopo l’eruzione del 79 d.C. Le ultime indagini archeologiche nell’Insula Meridionalis mostrano che sopravvissuti e senzatetto, privi di alternative, tornarono tra le rovine della città distrutta. Alcuni cercavano rifugio, altri oggetti di valore sepolti sotto la cenere, altri ancora solo un posto dove sopravvivere.

Le evidenze, ora documentate sull’E-journal degli scavi di Pompei, confermano che, dopo la catastrofe, la vita riaffiorò tra i piani superiori degli edifici ancora visibili, mentre quelli che un tempo erano ambienti al piano terra venivano utilizzati come scantinati o caverne, con focolari, forni e mulini ricavati tra i resti.

Una città-fantasma abitata fino al V secolo

Si stima che nel 79 d.C. Pompei ospitasse circa 20.000 abitanti. Le vittime ufficialmente ritrovate sono 1.300, ma molte altre potrebbero aver perso la vita cercando la fuga fuori dal centro urbano. Di certo, non tutti morirono. Alcuni tornarono. Altri arrivarono dopo. Gente senza dimora, poveri, sradicati.

L’imperatore Tito cercò persino di rilanciare Pompei ed Ercolano, affidando a due ex consoli il compito di gestire i beni dei defunti senza eredi per favorire la ripresa. Ma la rifondazione fallì. La città non tornò mai ai fasti di prima. Le testimonianze raccontano piuttosto un luogo privo di servizi, senza infrastrutture, abitato in modo disordinato e precario fino al V secolo d.C., forse abbandonato in via definitiva dopo la cosiddetta eruzione di Pollena.

Gli archeologi riscoprono la Pompei dimenticata

Secondo il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, questa “Pompei post-79” è stata a lungo ignorata. Gli archeologi del passato, attratti dai tesori artistici intatti del momento dell’eruzione, avrebbero rimosso senza documentare le tracce flebili di vita successive, cancellando decenni – se non secoli – di sopravvivenza tra le macerie.

«È come se facessimo gli psicologi della memoria sepolta nella terra – spiega Zuchtriegel –. Tirando fuori le parti rimosse dalla storia, riscopriamo un accampamento tra le rovine, una sorta di favela dell’antichità, fatta di persone dimenticate e vite di resistenza». Una storia che spinge alla riflessione, anche oggi, su ciò che resta ai margini, oscurato dalla narrazione dominante.

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Cultura

Teatro San Carlo, Giuli nomina Macciardi sovrintendente: Manfredi fa ricorso

Il ministro Giuli nomina Fulvio Macciardi al Teatro San Carlo tra le proteste. Manfredi contesta la legittimità e annuncia ricorso al Tar.

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Il ministro della Cultura Alessandro Giuli (foto Imagoeconomica in evidenza) ha nominato ufficialmente Fulvio Adamo Macciardi nuovo sovrintendente della Fondazione Teatro di San Carlo di Napoli, accogliendo la proposta del Consiglio di Indirizzo della Fondazione. Una decisione che arriva in un clima teso e divisivo, e che rischia di aprire un nuovo caso politico-giuridico attorno alla gestione del più antico teatro d’opera in Europa.

Il Consiglio diviso e la posizione del sindaco Manfredi

La nomina di Macciardi, ex sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna, è stata votata da tre membri su cinque del Consiglio di Indirizzo: Gianfranco Nicoletti e Marilù Faraone Mennella (entrambi indicati dal Mic) e Riccardo Realfonzo (designato dalla Regione Campania). Tuttavia, il sindaco di Napoli Gaetano Manfredi, che è anche presidente della Fondazione, ha disconosciuto la validità della riunione, sostenendo che non fosse stata formalmente convocata, poiché egli stesso aveva annullato la seduta a causa di impegni istituzionali a Palazzo Chigi.

Manfredi ha annunciato che impugnerà il decreto di nomina davanti al Tar, definendo l’intera procedura irregolare e illegittima. A sostegno della sua posizione sono intervenuti anche i revisori dei conti del teatro, che in una lettera indirizzata al ministro hanno contestato il valore giuridico della designazione.

La spaccatura politica e le reazioni

La decisione del ministro Giuli di procedere comunque alla nomina di Macciardi, nonostante le contestazioni, è stata aspramente criticata da Pd e M5s, che hanno parlato di “disprezzo delle regole” e accusato il governo di forzature politiche su una delle istituzioni culturali più prestigiose del Paese.

Sul fronte opposto, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, da mesi in rotta con il sindaco Manfredi, ha commentato con tono polemico: “Sono quattro mesi che il Teatro San Carlo è allo sbando. Che altro bisognava aspettare?”. La nomina di Macciardi è avvenuta proprio grazie a un’inedita convergenza tra i rappresentanti del Ministero e quello della Regione, una scelta che ha fatto rumore considerando i rapporti tesi tra il centrodestra e il governatore campano.

Un teatro ancora nel vortice dello scontro

Questa nuova frattura istituzionale arriva a due anni dalla precedente battaglia legale che vide protagonista Stephane Lissner, dimissionato e poi reinsediato dai giudici dopo un braccio di ferro con Carlo Fuortes. La storia rischia ora di ripetersi con Fulvio Macciardi, 66 anni, milanese, nominato per un mandato quinquennale, ma la cui legittimità è già sottoposta al vaglio della giustizia amministrativa.

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Cultura

Ritirata di Napoleone del 1812: non solo tifo, i pidocchi e il paratifo tra le cause della strage

Nuove analisi del DNA antico sui resti dei soldati napoleonici svelano il ruolo del paratifo e di una febbre da pidocchi nella tragica ritirata dalla Russia nel 1812.

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Non fu solo il gelo a falcidiare l’esercito napoleonico in fuga dalla Russia nel 1812. E nemmeno solo il tifo. Le nuove scoperte dell’Istituto Pasteur di Parigi gettano una nuova luce sulle cause dell’ecatombe, svelando il ruolo finora sottovalutato del paratifo e della febbre ricorrente trasmessa dai pidocchi.

Lo studio sui resti di 13 soldati trovati a Vilnius

I risultati emergono da un’analisi del DNA antico estratto dai denti di 13 soldati rinvenuti nelle fosse comuni di Vilnius, in Lituania, una delle tappe della disastrosa ritirata. Il lavoro, attualmente in revisione per la pubblicazione su una rivista scientifica, è stato condiviso sulla piattaforma bioRxiv.

I ricercatori, guidati dal microbiologo Rémi Barbieri, hanno rilevato tracce di Salmonella enterica, responsabile della febbre paratifoide, e di Borrelia recurrentis, batterio trasmesso dai pidocchi che causa febbri ricorrenti. Nessuna traccia invece del batterio Rickettsia prowazekii, principale responsabile del tifo.

Le nuove malattie identificate: un cocktail letale

Sebbene non sia necessariamente fatale, la febbre ricorrente da pidocchi potrebbe aver indebolito significativamente uomini già sfiniti dal freddo e dalla fame”, spiegano i ricercatori. È la sovrapposizione di più malattie a costituire un elemento chiave della strage. I sintomi documentati all’epoca – febbre, mal di testa ed eruzioni cutanee – sono compatibili sia con il tifo che con altre infezioni simili.

Secondo gli studiosi, dunque, il quadro più realistico è quello di un esercito dissanguato non solo dalla guerra, ma da un mosaico di infezioni in grado di sterminare anche il più potente esercito d’Europa. “Freddo, stanchezza e malattie multiple: questo è lo scenario più credibile per la morte dei soldati trovati a Vilnius”, si legge nello studio.

Non basta un solo campione: servono nuove analisi

Il team scientifico mette in guardia però dall’estendere frettolosamente le conclusioni: tredici casi non bastano. Servirà un’indagine più ampia per capire l’intera gamma di patologie che colpirono l’armata napoleonica. Il dato certo è che le malattie trasmesse dai pidocchi ebbero un peso non marginale.

Uno studio che riscrive la narrazione della ritirata napoleonica, aggiungendo alle sofferenze causate dalla strategia della “terra bruciata” russa e dal gelo artico, anche un’invisibile guerra biologica combattuta dentro i corpi dei soldati francesi.

Il Dna, ancora una volta, ci racconta ciò che le cronache del tempo avevano solo intuito.

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Cultura

Federico II guida progetto UnLost: 11,5 milioni per svelare i papiri di Ercolano

Un finanziamento UE da 11,5 milioni per l’Università Federico II e il progetto UnLost: si tenterà di leggere i papiri carbonizzati di Ercolano con tecniche non invasive.

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Un tesoro archeologico e intellettuale sepolto da quasi duemila anni potrebbe finalmente tornare a parlare. Un progetto europeo da 11,5 milioni di euro è stato assegnato all’Università Federico II di Napoli, che guiderà uno straordinario sforzo di ricerca per riportare alla luce testi inediti dai papiri carbonizzati di Ercolano.

A vincere il finanziamento, nell’ambito del prestigioso programma europeo per la ricerca avanzata, è stata Federica Nicolardi, docente associata di Papirologia presso il Dipartimento di Studi umanistici della Federico II. Il progetto si chiama UnLost e si avvale della collaborazione internazionale di Brent Seales (Università del Kentucky) e Vincent Christlein (Università di Erlangen-Norimberga).

Papiri carbonizzati e tecniche non invasive

I ricercatori lavoreranno per sei anni sulla biblioteca della Villa dei Papiri di Ercolano, rimasta sepolta sotto la cenere del Vesuvio nel 79 d.C. L’obiettivo è ambizioso: recuperare testi ancora illeggibili grazie a metodi di scansione avanzati, totalmente non invasivi e mai applicati finora su larga scala nel campo della papirologia.

Partner centrale del progetto è la Biblioteca Nazionale di Napoli ‘Vittorio Emanuele III’, custode quasi esclusiva dei papiri ercolanesi. “Questi rotoli, ritrovati a partire dal 1752, sono ancora oggi in gran parte arrotolati e inaccessibili”, spiega Nicolardi. Molti altri, invece, furono aperti nei secoli con tecniche meccaniche che spesso danneggiarono il contenuto testuale.

Nuove scoperte su Epicureismo e Stoicismo

Oltre a recuperare frammenti noti, il progetto potrebbe restituire testi inediti, mai letti prima. Secondo Francesca Longo Auricchio, presidente emerito del Cispe (Centro internazionale per lo studio dei papiri ercolanesi), “poter leggere e ricostruire nuovi testi in forma potenzialmente integrale significa ampliare la conoscenza della sola biblioteca greco-latina romana giunta fino a noi, e approfondire filosofie come l’Epicureismo e lo Stoicismo”.

UnLost rappresenta un passo decisivo per restituire voce alla cultura antica, custodita per secoli nelle pieghe nere e fragili di rotoli apparentemente muti.

(immagine non reale ma creata con sistemi di Ia)

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