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Resta Opzione donna, scontro governo-sindacati su pensioni

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Tornare alla versione di Opzione donna in vigore finora, ma con una mini proroga: il tempo – tra i sei e gli otto mesi – di mettere in cantiere la riforma complessiva del sistema previdenziale. E’ l’ultima ipotesi alla quale starebbe lavorando il governo. Il testo della manovra è ora in Parlamento ma per mettere nero su bianco qualsiasi modifica toccherà attendere la metà di dicembre quando entreranno nel vivo le votazioni sugli emendamenti. Altra possibile novità potrebbe riguardare il Superbonus: sale il pressing dei partiti per prorogare i tempi e sfruttare l’agevolazione al 110% anche nel 2023, insieme alla necessità di disincagliare il mercato dei crediti. Ma proprio sul fronte delle pensioni è scontro fra il governo e sindacati: il ministro dell’Economai Giancarlo Giorgetti rivendica il coraggio di un’operazione che guarda soprattutto “ai giovani” mentre la Cgil chiama la piazza indicendo una manifestazione dei pensionati per il 16 dicembre. E sulla manovra più in generale il leader della Cgil Maurizio Landini non esclude scioperi territoriali. Ai sindacati non va giù una manovra che “tratta i pensionati come un bancomat”. Sono tante infatti le risorse che il governo è riuscito a “risparmiare” dal taglio delle indicizzazioni degli assegni: una minor spesa di 10,2 miliardi in tre anni, a fronte di misure sul fronte previdenziale (da quota 103 all’incremento delle minime) che costa poco più di 3,4 miliardi. Difende però la linea del governo il ministro dell’Economia: “prende risorse dalla previdenza, ma per metterle “sulla famiglia, sui figli – puntualizza – perché senza figli non ci sarà riforma delle pensioni che sia sostenibile”. Sul fronte previdenziale, resta ancora ancora aperto intanto il cantiere Opzione donna. Tra le varie ipotesi allo studio per modificare la versione molto restrittiva inserita in manovra, spunta quella di un possibile ritorno alla misura attualmente in vigore con una proroga temporanea, cioè limitata solo ad alcuni mesi, anziché un anno: questo consentirebbe da una parte di superare il problema della clausola che lega l’anticipo pensionistico al numero dei figli; e dall’altro di risparmiare risorse (prorogare l’attuale Opzione donna di un anno costa circa 110 milioni). Parallelamente, l’idea è di procedere, in 6-8 mesi, ad armonizzare questa misura nell’ambito di una riforma complessiva del sistema pensionistico. Contro la norma in manovra intanto si scagliano le opposizioni. “Sbagliato discriminare in base ai figli”, afferma Mariastella Gelmini di Azione. “E’ palesemente incostituzionale”, rincara +Europa. Sembra intanto aver imboccato una strada in discesa il complesso tema del superbonus. A sbloccare la partita potrebbero essere gli emendamenti presentati da due partiti della maggioranza, FdI e Fi, che vanno nella stessa direzione. Da una parte si chiede di spostare fino al 31 dicembre il termine (scaduto il 25 novembre) per il deposito della Cila per continuare ad usufruire del 110%. Dall’altra un intervento per sbloccare quello che l’Abi bolla come “nodo gordiano” delle norme: e per farlo l’idea è di usare lo strumento degli F24, proprio come proposto dall’Abi insieme all’Ance. La palla, mentre domani scadono i termini per gli emendamenti al decreto aiuti quater, è ora al ministero dell’Economia per le coperture: e dal dicastero sarebbe arrivata già “la volontà di lavorare a queste proposte”, assicura la capogruppo di Fi in Senato Licia Ronzulli. E se ci fosse bisogno di “qualche posta di copertura”, si può pensare di trovarle nella legge di Bilancio, aggiunge il capogruppo azzurro a Montecitorio Alessandro Cattaneo. Il walzer delle modifiche in Parlamento è dunque partito (il termine per gli emendamenti scade mercoledì 7 dicembre). Tanti i temi già sul tavolo: dal nodo del Pos, oggetto di interlocuzioni con l’Ue e cui si oppongono Pd e M5s; alla volontà di Fi di fare di più sulla detassazione dei neoassunti; fino alle promesse di Noi moderati per una detassazione degli aumenti di stipendio fino a 200 euro e per mettere in sicurezza i fondi del Pnrr.

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Cinema

Cristina Comencini: il cinema delle donne è una nuova ricchezza. Io dalla parte delle donne sempre

Cristina Comencini racconta al Corriere della Sera il successo de “Il treno dei bambini”, la sua visione sul cinema delle donne, la politica e il suo nuovo amore.

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Cristina Comencini (le foto sono di Imagoeconomica), con il suo ultimo film “Il treno dei bambini” tratto dal romanzo di Viola Ardone e disponibile su Netflix, ha raggiunto quasi trenta milioni di visualizzazioni. «Mi sembra incredibile», racconta, «ma credo che il tema profondo del dopoguerra, del trauma che la guerra lascia sui sentimenti, abbia colpito il pubblico di tutto il mondo».

Il cinema tra piattaforme e sale

«Portare la gente in sala è bellissimo, ma difficile. Le piattaforme e il cinema possono coesistere. L’importante è, come diceva mio padre Luigi Comencini, mantenere sempre la massima verità e bellezza in quello che si crea», afferma Cristina, riflettendo sulla trasformazione del mondo cinematografico.

Il successo e la nuova generazione di registe

Comencini riconosce l’importanza del successo ma non lo vive come un punto di arrivo: «È un mestiere da montagne russe». È felice dell’affermazione di tante donne nel cinema italiano, come Paola Cortellesi, sottolineando: «Il cinema si è finalmente aperto alle storie delle donne, arricchendosi di nuove prospettive».

Il rapporto con la famiglia e il film di Francesca Comencini

Cristina racconta il forte legame con le sorelle e commenta il film di Francesca Comencini su loro padre Luigi: «Una scelta giusta. Ognuno vive un padre a modo suo». Nessuna gelosia, ma un affetto profondo che ha sempre unito la famiglia.

CRISTINA COMENCINI REGISTA

Politica, femminismo e il ruolo di Giorgia Meloni

Comencini ribadisce la sua radice di sinistra e il suo impegno per il femminismo: «Il sostegno reciproco tra donne non deve mai venir meno». Sul premier Giorgia Meloni, pur nella distanza politica, riconosce: «Per la sua parte politica sta facendo bene».

I cambiamenti nell’estetica e il coraggio delle attrici

Parlando di Giovanna Mezzogiorno, Cristina denuncia il problema della discriminazione estetica nel cinema: «Finalmente si inizia a dare meno peso all’apparenza e più al talento».

La maternità precoce e l’amore ritrovato

Diventata madre a 18 anni, Cristina confida di non aver rimpianti: «Mi ha dato la ricchezza di tutto ciò che ho scritto». Oggi vive una nuova fase felice della sua vita con il documentarista francese François Caillat, tra Roma e Parigi.

Il futuro: un nuovo romanzo in arrivo

Cristina annuncia anche il suo prossimo romanzo, “L’epoca felice”, che uscirà a ottobre per Feltrinelli: «Parlerà dell’adolescenza e della capacità della vita di sorprenderci anche quando meno ce lo aspettiamo».

 

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Esteri

Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Esteri

Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: 14 morti e oltre 700 feriti

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Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

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