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Spettacoli

Renato Zero, spegnete la tv e tornate in piazza

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E’ ora di spegnere la tv e tornare in piazza: nel presentare il suo ‘Autoritratto’ in musica, 13 nuovi brani in uscita il prossimo 8 dicembre, Renato Zero lancia un appello al suo pubblico “a non rimanere tra le quattro mura a piangersi addosso”. Se il titolo dell’album rimanda a qualcosa di assolutamente personale, e sono diversi i brani dove Zero si pone faccia a faccia con se stesso, da Io sono un avventuriero a Non ti cambierei, il nuovo lavoro si apre con una cartolina d’amore come Quel bellissimo niente, dedicata alla sua Roma e al suo fedele popolo di Zerofolli, e si chiude con un messaggio di speranza per un domani migliore, che spazzi via le nebbie di guerre e odio. E prima ancora di parlare dell’album, il pensiero dell’artista romano corre subito ai drammi dell’oggi. “Le donne oggi – dice nel giorno dei funerali di GiuliaCecchettin – pagano per tutto ciò che gli uomini non riescono a realizzare e subiscono tutta la loro rabbia”. “Se gli uomini potessero partorire – le sue parole – Non succederebbero certe cose. A fronte di certi fatti, trovo incredibile che ancora non si impari la lezione”.

A chi accusa la trap di fomentare un atteggiamento violento nei confronti delle donne, però, Zero spiega che “se un padre si rivolge alla madre e le dice ‘sei una zoccola’ questa espressione viene raccolta dai figli e quando raggiungono un microfono ecco che questo diventa il veicolo involontario di una cattiva gestione di un atteggiamento che non si confà a un diciottenne o a un ventenne. Non dobbiamo essere noi a giudicare il ragazzo, dobbiamo andare presso le famiglie e la risposta – spiega – la troveremo sicuramente in quella sorta di non educazione”. A lui, racconta il 73enne cantautore, capita spesso che i ragazzi, anche giovanissimi, lo fermino per strada e lo chiamino ‘maestro’: “è quasi imbarazzante, è un ruolo che non mi sento di ricoprire, il mio è un gioco che è diventato un lavoro”. Eppure, dopo 50 e passa anni di carriera, c’è la consapevolezza che questo lavoro sia anche un po’ “un pronto soccorso, e lo dico con orgoglio – sottolinea – perché le mie canzoni hanno curato l’animo delle persone”. Ora però è arrivato il momento di tornare a curare la società nel suo insieme. “Ci ostiniamo ad assumere un atteggiamento di rivalsa verso un potere non legittimo, non meritevole di esistere. Ho invitato il mio pubblico a scendere in piazza e non rimanere tra le quattro mura a piangersi addosso.

L’ottenimento di certe vittorie è sempre avvenuto sulla piazza, mettendo la propria faccia e il proprio nome, e in un momento grave come questo che attraversiamo, mai come ora – scandisce – questa piazza dovrebbe ripopolarsi. Siamo scesi in piazza in passato per situazione molto più leggere di queste. Ora che c’è l’urgenza di fare questa comparizione di fronte al potere e a queste entità astratte, invece stiamo a casa davanti alla televisione, che è un altro sonnifero, un’altra bugia, un’altra macchinazione”. “È un giro vizioso, dove non siamo più attori ma spettatori impotenti proprio perché – la sua riflessione – ci manca quel millimetro di coraggio che ci porterebbe a riguadagnare la nostra identità: la persona è sparita, c’è un’anagrafe bugiarda perché se non ti presenti all’appello chi vuoi essere tu?”. Renato Zero tornerà a chiederlo dal vivo, al suo fedelissimo pubblico, in una serie di concerti eventi previsti a marzo a Roma e Firenze.

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Cinema

A Cannes Meryl Streep è Palma d’oro

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Meryl Streep, leggenda del cinema, l’attrice che con i suoi tre Oscar (e 21 nomination) è nell’Olimpo subito sotto Katherine Hepburn, torna sulla Croisette. Nella cerimonia di apertura condotta da Camille Cottin, il 14 maggio al Grand Theatre Lumiere, il 77/o festival di Cannes la premierà con la Palma d’Oro onoraria. Manca da Cannes incredibilmente dal 1989, quando vinse come migliore attrice per Un grido nella notte diretto da Fred Schepisi.

“Sono immensamente onorata di ricevere la notizia di questo prestigioso riconoscimento. Vincere un premio a Cannes, per la comunità internazionale degli artisti, ha sempre rappresentato il traguardo più alto nell’arte del cinema”, ha commentato Streep, 74 anni e una filmografia in cui è difficile scegliere, tanto è vasta di pellicole che hanno fatto la storia del cinema, dal Cacciatore a Piccole Donne diretto da Greta Gerwig, presidente della giuria quest’anno. “Stare all’ombra di coloro che sono stati precedentemente onorati è umiliante ed emozionante in egual misura. Non vedo l’ora di venire in Francia per ringraziare tutti di persona a maggio!”, ha proseguito. Meryl Streep è nell’immaginario collettivo come hanno ricordato la presidente Iris Knobloch e il delegato generale del festival Thierry Fremaux, annunciando oggi il nome che si aggiunge a George Lucas (alla cerimonia di chiusura sabato 25 maggio con il Palmares consegnato dalla Presidente della Giuria, Greta Gerwig) e allo Studio Ghibli.

“Abbiamo tutti qualcosa in noi di Meryl Streep!” hanno detto, “Qualcosa in noi che ricorda Kramer contro Kramer, La scelta di Sophie, La mia Africa, I ponti di Madison County, Il diavolo veste Prada e Mamma Mia!. Poiché ha attraversato quasi 50 anni di cinema e incarnato innumerevoli capolavori, Meryl Streep fa parte del nostro immaginario collettivo, del nostro comune amore per il cinema”. Lo stesso premio negli anni scorsi è andato Jeanne Moreau, Catherine Deneuve, Jane Fonda, Agnès Varda, Jodie Foster e al nostro Marco Bellocchio. Un grande ritorno a distanza di 35 anni quello dell’attrice che è anche un’icona progressista e che ha sempre appoggiato le battaglie dei diritti femminili.

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Spettacoli

A Che Tempo Che Fa sul Nove ospiti Fagnani, Scurati, Bova

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Domani sul Nove, e in streaming su discovery+, nuovo appuntamento con “Che Tempo Che Fa” di Fabio Fazio, con Luciana Littizzetto, Filippa Lagerbäck, Mara Maionchi, Ubaldo Pantani, la Signora Coriandoli, Francesco Paolantoni. Ospiti di questa puntata: Francesca Fagnani, conduttrice di Belve e autrice del libro inchiesta “Mala. Roma Criminale” in uscita il 30 aprile; lo scrittore Premio Strega Antonio Scurati; Raoul Bova e Rocío Muñoz Morales, protagonisti di “Celebrity Hunted: Caccia all’uomo”; Noemi, in anteprima tv col nuovo singolo Non ho bisogno di te e conduttrice insieme a Ermal Meta del prossimo Concerto del Primo Maggio di Roma. E ancora: il Presidente del CONI Giovanni Malagò; Franco Di Mare, in libreria con “Le parole, per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi”; il content creator e divulgatore Edoardo Prati; Roberto Burioni, Professore Ordinario di Microbiologia e Virologia all’Università Vita-Salute San Raffaele; l’economista Tito Boeri; la Vicedirettrice de La Stampa Annalisa Cuzzocrea; l’inviato di Avvenire Nello Scavo; l’editorialista di Repubblica Massimo Giannini; Michele Serra.

Chiude la serata l’immancabile appuntamento con Che tempo che fa – Il Tavolo con Mara Maionchi, la Signora Coriandoli, Francesco Paolantoni e Ubaldo Pantani. Ospiti della puntata: Max Giusti e Mago Forest, nel cast della terza edizione di GialappaShow; Andrea Delogu, fra i protagonisti del film Sei nell’anima, biopic ispirato alla vita e alla carriera di Gianna Nannini diretto da Cinzia TH Torrini, dove interpreta Mara Maionchi; Sara Franceschi, vincitrice della medaglia di Bronzo nei 400 metri misti agli ultimi Mondiali di nuoto in vasca lunga svoltisi a Doha; Paola Barale, in teatro dal 9 maggio con Tris di cuori; Frank Matano; Simona Ventura. Torna al tavolo anche Noemi.

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Spettacoli

Gianna Nannini: ho sperimentato tutto, anche la follia

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“Ho sperimentato la vera follia, il non capire chi sei, il rendermi poi conto che se non esci da lì è finita… È stato difficile ma ci sono riuscita: la mia mente ha fatto tutto”. Così Gianna Nannini si racconta nel libro ‘Cazzi miei’ che ha ispirato ‘Sei nell’anima’, la storia dell’artista, prodotto da Indiana Production e diretto da Cinzia TH Torrini, che andrà su Netflix il 2 maggio con protagonista Letizia Toni nei panni dell’icona del rock. Il film racconta solo i primi trent’anni di Gianna Nannini. Si parte dall’infanzia ribelle e agiata, fino alla consacrazione in quel 1983 che considera la sua “vera nascita”.

Scritto da Cinzia TH Torrini e Cosimo Calamini insieme a Donatella Diamanti e alla stessa Nannini, il film è un viaggio dentro la mente creativa di questa artista unica, e rivoluzionaria che non ha mai accettato compromessi. Fanno parte del cast anche Selene Caramazza, una parrucchiera salentina, Maurizio Lombardi, il padre, Stefano Rossi Giordani e Andrea Delogu che interpreta una giovane Mara Maionchi. “Di questo film mi sono innamorata e riconosciuta. Mi sono come guardata attraverso gli occhi di Letizia Toni che è di una bravura straordinaria e con la quale sono in piena simbiosi. Il risultato finale fa un certo effetto, è come veder scorrere davanti agli occhi una parte di vita che mi ha formata, un lasso di tempo preciso che mi porta al giorno in cui sono nata davvero, a Colonia, in Germania, nel 1983” dice ancora Nannini a Roma nella sede Netflix. Un riferimento della rockstar all’album Latin Lover che proprio in quell’anno confermò il suo successo europeo, specie in Germania dove arrivò a vendere circa 250mila copie.

Ma il 1983, che è anche il titolo di un brano dell’album pubblicato poche settimane fa, è poi l’anno di una sua profonda crisi d’identità, puntualmente descritta nel film: “Sono stata vittima di uno stato psicotico molto grave, ma non indotto dalle droghe. Era come trovarsi sperduta fuori dall’utero materno, ma poi per fortuna ne sono uscita”. Del padre, famoso industriale dolciario toscano, interpretato dal bravissimo Maurizio Lombardi, dice: “Era una persona molto aperta, non è mai stato violento con me, solo non voleva cantassi perché per lui era una cosa che fanno solo le poco di buono. Poi però mi trovò un’insegnante bulgara che mi diede dieci lezioni e soprattutto mi insegnò a respirare, cosa che ha cambiato per sempre il mio canto”.

Protagonista nei panni dell’icona del rock femminile italiano è appunto Letizia Toni, giovane attrice nata a Pistoia nel 1993, che si è calata perfettamente nel ruolo di Gianna Nannini, anche nel cantare credibilmente le sue canzoni: “Ho studiato tanto – dice – sono andata a Siena per sentire sulla pelle quello che avevo studiato, vedere tutti i posti dove ha vissuto, la sua contrada. E questo per cogliere in pieno la sua vera identità. Poi fra me e la Nannini – continua – ci sono tante coincidenze: anche mio padre è un imprenditore e ho, proprio come lei, un fratello più grande e uno più piccolo. Infine anche mio padre non vuole che faccia l’attrice”.

Dice infine la regista: “Ho conosciuto Gianna Nannini negli anni ’70. Molte cose ci accomunano, è sempre stata per me un mito, simbolo di libertà, senza compromessi, coraggiosa nell’essere sé stessa nel bene e nel male. Ci siamo poi incontrate un giorno a Milano e da lì è iniziato tutto. Avrei combattuto per realizzare il film che l’avrebbe raccontata nel modo più fedele, con le sue lotte, i suoi conflitti, le cadute e le risalite. Un coraggioso regalo di Gianna al suo pubblico – conclude Cinzia TH Torrini – , perché la sua storia ha un grande messaggio di rinascita”.

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