Collegati con noi

Corona Virus

Rapporto Fiaso: su 100 pazienti in terapia intensiva 80 sono novax, quelli vaccinati sono anziani che soffrono di altre patologie

Pubblicato

del

Nelle ultime due settimane crescono ancora i pazienti no vax in terapia intensiva. Con un con +32%. Continuano a diminuire invece i pazienti vaccinati: -33%. E, tra i ricoverati in gravi condizioni, non ci sono soggetti che hanno completato il ciclo vaccinale da meno di 4 mesi. Questi i dati dell’ultima rilevazione del network degli ospedali sentinella di Fiaso, la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere, che nell’ultima settimana mostrano anche un incremento complessivo delle ospedalizzazioni per Covid pari al 10,1%. Si passa da 810 pazienti del 30 novembre a 892 degenti del 7 dicembre.

Complessivamente sono 97 i ricoverati nelle terapie intensive dei 16 ospedali sentinella Fiaso, con un incremento del 2% rispetto a una settimana fa quando erano 95. I pazienti non vaccinati sono 77 mentre quelli vaccinati risultano 20. Da sottolineare come i vaccinati siano tutte persone che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 4 mesi. Si tratta, inoltre, per il 75% dei casi di soggetti affetti da gravi comorbilità e con un’età media di 69 anni. Numeri differenti, invece, per i non vaccinati. I soggetti finiti in Rianimazione senza aver mai avuto una dose di vaccino sono in media piu’ giovani, 62 anni, e nel 42% dei casi sono persone sane che non soffrono di altre patologie. Di rilievo anche la differenza del range di eta’ che fra i vaccinati e’ fra 47 e 85 anni e fra i non vaccinati fra 21 e 83 anni. “In una settimana si consolida il trend di crescita di ospedalizzazioni di pazienti non vaccinati in terapia intensiva e di contestuale riduzione dei vaccinati in gravi condizioni – spiega il presidente della Fiaso, Giovanni Migliore – si tratta di un’ulteriore conferma dell’efficacia della vaccinazione nella protezione dalle forme gravi del Covid. Abbiamo comunque scelto di analizzare la condizione dei pazienti vaccinati in rianimazione e abbiamo rilevato come siano tutti soggetti che hanno completato il ciclo vaccinale da oltre 4 mesi: questo da una parte suggerisce la buona protezione della vaccinazione nei primi mesi, dall’altra conferma una volta di piu’ l’importanza di una anticipazione della terza dose soprattutto per gli anziani fragili. Occorre dunque accelerare sulla somministrazione della terza dose allo scadere dei 5 mesi cosi’ come disposto dal ministero della Salute”. Inoltre, rileva Fiaso, l’eta’ media di chi finisce in ospedale sale a 75 anni tra i vaccinati, mentre e’ piu’ bassa, pari a 64 anni, tra i non vaccinati “con uno scarto di ben 11 anni”.

Il totale dei pazienti sotto i 18 anni ricoverati negli ospedali sentinella Fiaso e’ di 19 di cui 1 in terapia intensiva. In una settimana ospedalizzazioni complessivamente stabili. La meta’ dei ricoverati ha piu’ di 5 anni. Lo rileva la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (Fiaso), nell’ultimo report sui ricoveri Covid nei 16 ospedali sentinella. “Il 50% dei bambini ricoverati per Covid – dice Fiaso – rientra nella fascia di eta’ che potra’ accedere alla vaccinazione. Le Aziende sono al lavoro per organizzare sedute vaccinali a misura di bambino con clown, supereroi e babbi Natale”.Il 16 dicembre via a fascia 5-11 anni.

Advertisement

Corona Virus

Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

Pubblicato

del

Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

Pubblicato

del

Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

Continua a leggere

Corona Virus

Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

Pubblicato

del

In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto