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Economia

Da lunedì al via il Btp Più, tasso minimo al 2,80%

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Arriva al debutto il Btp Più, il nuovo titolo di Stato dedicato ai risparmiatori di cui il Mef ha fissato i tassi minimi garantiti: 2,80% nei primi quattro anni, 3,60% nel successivo quadriennio per chi aderisce al collocamento che parte lunedì 17 febbraio per concludersi alle 13 di venerdì 21. I tassi cedolari definitivi, che potranno essere confermati o rivisti al rialzo rispetto ai minimi in base alle condizioni di mercato del giorno di chiusura dell’emissione, saranno annunciati al termine del collocamento. I valori fissati oggi sono “perfettamente in linea con i tassi espressi dal mercato per pari scadenza”, dice il direttore generale del Mercato dei titoli di Stato (Mts), Ciro Pietroluongo. “Considerata un’inflazione intorno all’1,7% – dice Pietroluongo -, mi sembra che siano tassi abbastanza premianti. Il fatto di aver premiato ulteriormente le scadenze è un segnale ulteriore di fiducia”. Difficile anticipare la raccolta che il Mef riuscirà a realizzare, in un mercato europeo che ultimamente ha visto un rialzo dei tassi di mercato trainato dai treasuries Usa nonostante la Bce stia progressivamente tagliando. “Credo – dice Pietroluongo – che i risultati saranno comunque buoni e li immagino in linea con i precedenti, ma ogni emissione ha una vita a sé”.

Il Btp “ipotizza una certa stabilità dei tassi”, spiega poi Pietroluongo. Fonti di mercato indicano che un fattore d’incertezza, come del resto per tutte le emissioni non indicizzate ai prezzi, potrebbe essere il rischio-inflazione in uno scenario geopolitico sempre più complesso per i dazi e le tensioni commerciali globale. Tuttavia il nuovo collocamento retail, che fa parte della famiglia del Btp Valore condividendone le cedole crescenti dopo quattro anni (‘step up’) che incentivano a mantenerli in portafoglio fino a scadenza, introduce una ‘finestra d’uscita’ per chi sottoscrive fin dal collocamento. Si tratta dell’opzione di rimborso anticipato alla pari (al valore nominale del titolo), alla fine del quarto anno, dell’intero capitale investito o anche solo di una sua quota.

L’opzione, esercitabile tra il 29 gennaio e il 16 febbraio 2029, vuole incentivare i risparmiatori che dovessero essere scoraggiati dalla durata estesa a otto anni del Btp Più, scelta nella logica complessiva di allungare la durata media del debito italiano. Come per tutti i titoli di Stato, poi, c’è la tassazione agevolata al 12,5%, l’esenzione dalle imposte di successione e l’esclusione dal calcolo Isee fino ad un investimento massimo di 50.000 euro complessivi. Incentivi con cui il Mef punta a diversificare le fonti di finanziamento del debito italiano – che a dicembre in base ai dati di Bankitalia è ridisceso sotto i 3.000 miliardi a quota 2.965,7 miliardi – consolidando il portafoglio retail. Perché la Bce, compratore di peso nel passato decennio, da dicembre non c’è più e anzi sta gradualmente dismettendo il suo portafoglio titoli: a fine 2024 la quota del debito detenuto dalla Banca d’Italia, anche se ancora ragguardevole, era diminuita al 21,7% del totale dal 24,2% del 2023.

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Confermata maxi-multa Agcm a ‘Vinted’ per pratiche scorrette

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Anche per il Consiglio di Stato è legittima la maximulta di 1,5milioni di euro inflitta nel novembre 2022 dall’Antitrust a Vinted Uab, la società di diritto lituano che opera come marketplace per la compravendita di abbigliamento e accessori usati, per due pratiche commerciali ritenute scorrette in relazione alla promozione della piattaforma di vendita. In sostanza, fu contestato: di aver veicolato sulla piattaforma di vendita il concetto di “gratuità” della compravendita, ovvero dell’assenza di commissioni per l’esecuzione di transazioni; di aver sospeso unilateralmente gli account di alcuni clienti a fronte dei reclami ricevuti; di aver obbligato gli acquirenti ad acquistare il servizio denominato “Protezione Acquisti” che comprende una serie di servizi aggiuntivi che avrebbero dovuto essere facoltativi e opzionali.

Contro la maxisanzione fu proposto ricorso al Tar del Lazio, respinto dai giudici con sentenza; di qui la proposizione dell’appello al Consiglio di Stato. Sulle obiezioni rispetto alla pratica commerciale contestata, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la pratica sia ingannevole “in quanto veicola un messaggio pubblicitario obiettivamente ambiguo ed incompleto idoneo ad indurre in errore il consumatore medio in ordine alle condizioni economiche”; e a fronte di tale ambiguità era obbligo di Vinted “fornire, nella strutturazione del messaggio, informazioni più specifiche e complete”.

Respinto poi il motivo di appello con il quale si sosteneva la violazione del diritto di difesa durante il Procedimento istruttorio dell’Antitrust, il Consiglio di Stato ha trattato l’argomento relativo alla “Protezione acquisti”, arrivando alla conclusione che “nel caso di specie non v’è dubbio che, come condivisibilmente affermato da A.G.C.M. e dal giudice di prime cure, Vinted fosse tenuta… a specificare, sin dalla propria home page, ogni onere economico gravante sull’utente, comprese, per quanto qui più interessa, la ‘Protezione Acquisti’ e le spese di spedizione”. Dopo aver ritenuto “ragionevole e proporzionata” la scelta dell’Autorità di ritenere inadeguate le misure proposte da Vinted per migliorare la sua Piattaforma, il Consiglio di Stato ha valutato come “congrua e proporzionata” anche la sanzione decisa dall’Antitrust.

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Da Italia meno domande di brevetti ma ancora quinta in Ue

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In Italia calano nel 2024 le domande di nuovi brevetti, -4,5% rispetto all’anno precedente, ma il Paese si conferma comunque quinto in Europa e undicesimo nel mondo. Secondo il nuovo rapporto dell’Ufficio Europeo dei brevetti (Epo) e anticipato dal Sole24Ore, a trainare l’innovazione a livello regionale sono Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto e le aziende con maggiori richieste di brevetto sono Coesia, Ferrari e Iveco Group.

“Dopo un paio di anni di grande crescita nel numero di domande di brevetti in Italia, sopra la media europea, si registra un piccolo rallentamento, riduzione che comunque conferma il Paese come quinta in Europa e 11esima al mondo”, ha detto Roberta Romano Götsch, Chief sustainability Officer dell’Epo.

I settori trainanti sono quelli dei trasporti e dell’handling, ossia le tecnologie per la manipolazione di prodotti, merci e imballaggi, e in grande crescita sono anche le tecnologie legate a motori, pompe e turbine. A trainare l’innovazione sono in particolare Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto che si confermano ai primi posti in Italia e rappresentano oltre il 60% di tutte le domande presentate da aziende e inventori italiani all’Epo. La Lombardia si conferma al primo posto con 1.468 domande ma con una flessione del -9,7% rispetto al 2023, seguita da Emilia-Romagna (con 922 domande e una flessione del -3,8%), Veneto (651; -4,3%), e Piemonte al 4° posto (510 domande).

Emerge il sorpasso al 5° posto della Toscana sul Lazio, dove si registra -15,2%, mentre le regioni con la maggiore crescita di domande nel 2024 sono Liguria (+36,4%), Piemonte (+15,6%), Toscana (+14,5%) e Trentino-Alto Adige (+9,3%). Nel complesso le domande di brevetti presentate in Italia nel 2024 sono state 4.853, un – 4,5% rispetto al 2023, nell’ambito di 199.264 domande di brevetto a livello globale presentate a Epo, che segna -0,1% rispetto al 2023. A livello di singole aziende a guidare la classifica italiana sono Coesia, Ferrari e Iveco Group, con rispettivamente 167, 136 e 55 domande, seguite da Leonardo e Pirelli mentre la percentuale di brevetti in cui è inclusa almeno una donna tra gli inventori in Italia è del 21%, contro il 25% nei Paesi europei. Per quanto riguarda invece i centri di ricerca a guidare la classifica mondiale è il Commissariato per l’energia atomica e dell’energie alternative Cea, in Francia, seguito dall’Istituto Fraunhofer in Germania mentre il Politecnico di Losanna è la prima tra le Università. In Italia le prime sono l’Istituto Italiano di Tecnologia e il Politecnico di Milano.

“A livello globale – ha aggiunto Romano Götsch – il maggior numero di domande di brevetti arrivano dagli Usa e il settore più rappresentato è quello di Tecnologia per i computer, che include aspetti come l’IA, il machine learning e i modelli di riconoscimento, ma è anche interessante notare la forte crescita in Cina nel settore Macchinari elettrici che include le tecnologie per le batterie, settore che cresce quasi del 9% a livello globale”.

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Il nodo dei salari reali in Italia, più bassi del 2008

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Nel 2024 i salari reali sono aumentati in Italia di 2,3 punti, recuperando in parte quanto perso negli anni precedenti a causa della fiammata inflazionistica. Ma le retribuzioni sono comunque inferiori di 8,7 punti rispetto a quelle del 2008, l’anno della grande crisi finanziaria. Lo certifica l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) nel suo Rapporto mondiale sui salari, secondo il quale “l’Italia si distingue per una dinamica salariale negativa nel lungo periodo” e segna il risultato peggiore tra i Paesi del G20. Sono dati che inevitabilmente hanno fatto scattare la polemica politica, con Fratelli d’Italia che segnala come sia un segnale positivo la crescita dei salari reali registrata nel 2024 e il Partito democratico che evidenzia invece come il nostro Paese abbia avuto la dinamica peggiore tra quelli considerati.

“L’analisi delle tendenze salariali in un arco temporale di 17 anni – spiega l’Ilo nel Rapporto – evidenzia come l’Italia abbia subito le perdite maggiori in termini assoluti di potere d’acquisto dei salari a partire dal 2008. Tra i Paesi a economia avanzata del G20, le perdite di salario reale sono state dell’8,7% i Italia, del 6,3% in Giappone, del 4,5% in Spagna e del 2,5% nel Regno Unito. In Italia la perdita è stata particolarmente significativa a seguito della crisi finanziaria mondiale (tra il 2009 e il 2012). Per contro, la Repubblica di Corea si distingue per aver registrato un aumento salariale reale complessivo del 20% tra il 2008 e il 2024”, mentre in Germania le retribuzioni salgono del 15%.

L’Ilo sottolinea come in Italia i salari reali siano cresciuti nel 2024 del 2,3%, segnando un’inversione di tendenza rispetto al calo del 3,3% registrato nel 2022 e del 3,2% segnato nel 2023. Le perdite salariali subite dai lavoratori italiani – si legge – “sono state superiori a quelle medie dei Paesi a economia avanzata del G20, mentre nel 2024 la ripresa salariale italiana ha superato di 1,4 punti percentuali il tasso di crescita degli stessi Paesi”. Per il nostro Paese comunque ci sono anche segnali positivi. A partire dal 2022 “la produttività del lavoro in Italia è cresciuta più dei salari reali, invertendo la tendenza opposta verificatasi durante un arco temporale di 22 anni”.

Ma ancora molto c’è da fare. “Tra i Paesi ad alto reddito – spiega l’Ilo – la produttività in media è salita tra il 1999 e il 2024 del 30% mentre in Italia è diminuita del 3%”. A essere penalizzati sono soprattutto i dipendenti con i redditi più bassi, evidenzia ancora l’Ilo, perché i prezzi sono aumentati di più per i beni e i servizi di prima necessità rispetto all’indice generale. Quindi le famiglie che sono costrette a spendere la parte principale dello stipendio per l’alloggio, l’energia e i beni alimentari hanno dovuto fronteggiare un’inflazione più alta e subire un calo del potere d0acquisto più consistente. Fanno fatica le donne che hanno in media una retribuzione oraria del 9,3% inferiore ai loro colleghi uomini (divario di genere tra i più bassi in Ue), ma soprattutto gli immigrati che devono fare i conti con una busta paga in media inferiore del 26,3% a quella dei dipendenti italiani, soprattutto a causa del lavori ai quali sono più spesso costretti gli stranieri.

I sindacati hanno ribadito la necessità di lavorare per il recupero del potere d’acquisto con il numero uno della Cgil , Maurizio Landini, che sottolinea la necessità di aprire una vera e propria vertenza sui salari. La Cisl con la segretaria generale, Daniela Fumarola, ha ribadito la necessità di un accordo sui redditi. Per recuperare il potere d’acquisto, ha detto il numero uno della Uil, Pierpaolo Bombardieri, bisogna rinnovare i contratti, a partire da quelli dei metalmeccanici e del pubblico impiego.

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