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Esteri

Pyongyang, ‘con i compagni russi fino alla vittoria’

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Pyongyang rimarrà “fermamente accanto ai compagni russi fino al giorno della vittoria” sull’Ucraina. Il proclama che la ministra degli Esteri nordcoreana Choe Song Hui ha lanciato da Mosca non è certo di quelli che possono rassicurare l’Occidente, dopo che poche ore prima il segretario di Stato americano Antony Blinken aveva denunciato la presenza di 8.000 militari inviati da Kim Jong-un nella regione russa di Kursk. Una risposta di Washington è stata oggi l’annuncio di un nuovo pacchetto di aiuti militari a Kiev per 425 milioni di dollari. E’ già la terza visita che Choe compie in Russia dall’inizio dell’anno. Ma l’attenzione dedicata dai media di Mosca all’evento – e la stessa coreografia – sembrano sottolinearne tutto il significato nell’ottica di una sfida tra blocchi contrapposti che molto ricorda gli anni della Guerra Fredda.

La ministra è stata accolta con un mazzo di fiori dal suo omologo Serghei Lavrov alla stazione ferroviaria di Yaroslav, dove insieme hanno scoperto una targa in ricordo della visita a Mosca nel 1949 di Kim Il Sung, il primo (ed ‘eterno’, secondo la Costituzione nordcoreana) presidente dello Stato comunista asiatico. Non solo: Choe ha anche posto l’accento nelle sue dichiarazioni pubbliche sulle tensioni crescenti nella penisola coreana, avvertendo che Pyongyang continua a rafforzare il suo arsenale per essere pronto a una “rappresaglia nucleare” se verrà attaccata. La situazione nella penisola “potrebbe diventare esplosiva in qualsiasi momento”, perché gli Usa e la Corea del Sud stanno lavorando a “piani di attacchi nucleari”, ha affermato l’inviata nordcoreana. Ciò richiede a Pyongyang di “rafforzare le sue armi nucleari strategiche, armi nucleari offensive”.

Alle parole si accompagnano i fatti: lo Stato comunista ha reso noto di aver testato giovedì il nuovo missile balistico intercontinentale a combustibile solido Hwasong-19. A placare i toni bellicosi di Pyongyang non sarà certo la notizia che Giappone ed Unione europea hanno firmato a Tokyo un nuovo partenariato di sicurezza e difesa, che entrerà in vigore a gennaio includendo anche più esercitazioni militari congiunte. Una cooperazione che non deve “prendere di mira terze parti”, ha reagito il ministero degli Esteri cinese, invitando l’Ue ad “evitare di intervenire nelle controversie territoriali regionali”. A completare il quadro fosco di giornata sono le dichiarazioni di Lavrov, il quale in un’intervista al giornale turco Hurriyet ha avvertito che gli Usa e la Russia sono “sull’orlo di un conflitto militare diretto” a causa della “spirale negativa russofoba” impressa dal presidente Joe Biden ai rapporti bilaterali. Un commento forse non del tutto disinteressato, quando mancano quattro giorni alle elezioni Usa, con la possibilità di una riduzione del sostegno all’Ucraina se alla Casa Bianca dovesse tornare Donald Trump. Per ora ad alimentare le tensioni è l’arrivo dei soldati nordcoreani, che non è stato smentito né da Mosca né da Pyongyang.

“Il rispettato compagno Kim Jong-un ci ha dato istruzioni di fornire appoggio all’esercito e al popolo russo in modo sostenibile e potente, senza preoccuparci di nessuno”, ha detto la ministra nordcoreana. E Lavrov ha sottolineato che “hanno già cominciato ad essere applicati nella pratica” gli accordi previsti dal trattato di cooperazione strategica firmato in giugno dai due Paesi, che comprende un’assistenza militare reciproca in caso di aggressione esterna. Come può essere considerata da Mosca l’invasione ucraina del Kursk. La Cina, criticata per il suo silenzio in materia dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha risposto che “la Corea del Nord e la Russia sono due Stati sovrani indipendenti e il modo in cui sviluppano le relazioni bilaterali è una questione loro”. Sul terreno, intanto, il ministero della Difesa di Mosca ha rivendicato la conquista nelle ultime 24 ore di altri tre villaggi nella regione orientale ucraina del Donetsk. Ma la Russia continua ad essere vulnerabile ai droni di Kiev. Il governatore della regione di Stavropol, nel sud del Paese, ha detto che un velivolo senza pilota ucraino è caduto sul territorio di un deposito di petrolio a Svetlograd, ma “non ci sono notizie di vittime”.

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Putin ringrazia i soldati nordcoreani, ‘sono eroi’

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Il presidente russo, Vladimir Putin, ha ringraziato in un messaggio i soldati nordcoreani che hanno preso parte alla “liberazione della regione di Kursk” dalle truppe d’invasione ucraine, definendoli “eroi”. Lo riferisce il servizio stampa del Cremlino.

“Il popolo russo non dimenticherà mai l’impresa delle forze speciali coreane, onoreremo sempre gli eroi coreani che hanno dato la vita per la Russia, per la nostra comune libertà, al pari dei loro compagni d’armi russi”, si legge nel messaggio di Putin. Il presidente russo sottolinea che l’intervento è avvenuto “nel pieno rispetto della legge internazionale”, in base all’articolo 4 dell’accordo di partenriato strategico firmato nel giugno dello scorso anno tra Mosca e Pyongyang, che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi. “Gli amici coreani – ha aggiunto Putin – hanno agito in base a un senso di solidarietà, giustizia e genuina amicizia. Lo apprezziamo molto e ringraziamo con sincerità il presidente Kim Jong-un personalmente”.

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Trump: Zelensky vuole un accordo e rinuncerebbe alla Crimea. Putin smetta di sparare e firmi

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Volodymyr Zelensky è “più calmo” e “vuole un accordo”. È quanto ha riferito Donald Trump, secondo quanto riportato dai media americani, dopo il loro incontro avvenuto nella suggestiva cornice di San Pietro, a margine dei funerali di papa Francesco.

Un incontro positivo e nuove prospettive

Trump ha descritto l’incontro con il presidente ucraino come «andato bene», sottolineando che Zelensky sta «facendo un buon lavoro» e che «vuole un accordo». Secondo il tycoon, il leader ucraino avrebbe ribadito la richiesta di ulteriori armi per difendersi dall’aggressione russa, anche se Trump ha commentato con tono scettico: «Lo dice da tre anni. Vedremo cosa succede».

La questione della Crimea

Tra i temi toccati nel colloquio, anche quello della Crimea. Alla domanda se Zelensky sarebbe disposto a cedere la Crimea nell’ambito di un eventuale accordo di pace, Trump ha risposto: «Penso di sì». Secondo il presidente americano, «la Crimea è stata ceduta anni fa, senza un colpo di arma da fuoco sparato. Chiedete a Obama». Una posizione che conferma il suo approccio pragmatico alla questione ucraina.

L’appello a Putin: “Smetta di sparare”

Trump ha ribadito di essere «molto deluso» dalla Russia e ha lanciato un nuovo appello al presidente Vladimir Putin: «Deve smettere di sparare, sedersi e firmare un accordo». Il tycoon ha anche rinnovato la convinzione che, se fosse stato lui presidente, la guerra tra Mosca e Kiev «non sarebbe mai iniziata».

Un contesto suggestivo

Riferendosi all’incontro tenutosi a San Pietro, Trump ha aggiunto: «È l’ufficio più bello che abbia mai visto. È stata una scena molto bella». Un commento che sottolinea anche la forza simbolica del luogo dove i due leader si sono parlati, all’ombra della basilica vaticana.

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Media, due giornalisti italiani espulsi dal Marocco

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Due giornalisti italiani sarebbero stati espulsi ieri sera dalle autorità marocchine con l’accusa di aver cercato di entrare illegalmente nella città di Laayoune (El Aaiun). Lo rivela il quotidiano marocchino online Hespress. Matteo Garavoglia, 34 anni, giornalista freelance originario di Biella e collaboratore del ‘Manifesto’, e il fotografo Giovanni Colmoni, avrebbero tentato di entrare nella città marocchina meridionale al confine con la regione contesa del Sahara Occidentale “senza l’autorizzazione richiesta dalla polizia”.

I due erano a bordo di un’auto privata e, secondo quanto riporta il quotidiano marocchino, sarebbero stati fermati dagli agenti che hanno interpretato il tentativo di ingresso come un “atto provocatorio, in violazione delle leggi del Paese che regolano gli ingressi dei visitatori stranieri”. Sempre secondo l’Hespress, i due reporter avrebbero cercato di “sfruttare il fatto di essere giornalisti per promuovere programmi separatisti. Per questo sono stati fermati e successivamente accompagnati in auto nella città di Agadir”. Non era la prima volta che i due tentavano di entrare a Laayoune, secondo il quotidiano, ma sempre “nel disprezzo per le procedure legali del Marocco”.

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