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Putin a Pyongyang, scontro con Stoltenberg sul nucleare

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Il giorno dopo la chiusura della conferenza di pace a Lucerna, che per il Cremlino ha avuto “un’efficacia prossima allo zero”, la Russia ribadisce le sue condizioni all’Ucraina per il cessate il fuoco e rilancia i suoi rapporti con la Corea del Nord, accusata dai Paesi occidentali di sostenere lo sforzo bellico di Mosca. Il presidente Vladimir Putin è atteso da domani per una visita di due giorni a Pyongyang, dove avrà un lungo faccia a faccia con il leader nordcoreano Kim Jong-un e potrebbe firmare un trattato per la “partnership strategica” bilaterale. Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, è però tornato a puntare il dito anche contro Pechino, affermando che “l’Occidente deve far pagare alla Cina l’aiuto alla Russia”. Quanto alla pace, essa può essere raggiunto solo attraverso “la consegna di nuove armi” a Kiev, ha detto il rappresentante dell’Alleanza atlantica, a Washington per incontrare il presidente Usa Joe Biden.

Ma a provocare qualche allarme a Mosca è stata soprattutto un’intervista al Telegraph in cui Stoltenberg ha riferito di discussioni in seno alla Nato sull’opportunità di mettere in stand-by una parte delle testate nucleari del Patto atlantico. “Un’altra escalation della tensione”, ha risposto il portavoce del Cremlino, che non ha rinunciato a sferrare anche un colpo basso al segretario generale: “Quello che Stoltenberg ha detto, chiaramente non concorda con la stessa dichiarazione di ieri (alla conferenza di Lucerna), che non tutti hanno firmato e che, se non erro, parla anche di inammissibilità di tale retorica”, ha affermato Dmitry Peskov. Mosca non nasconde la sua soddisfazione per gli esiti della conferenza in Svizzera, che ha visto 13 dei 93 Stati presenti negare il sostegno alla dichiarazione finale in cui veniva tra l’altro ribadita l’esigenza di garantire “l’integrità territoriale” dell’Ucraina nell’ambito di ogni iniziativa di pace.

Tra gli astenuti, Paesi del calibro di India, Brasile, Indonesia e Sudafrica. Mentre la Cina non ha partecipato. Pechino ha affermato oggi che invece le sue richieste per il riconoscimento della “parità di partecipazione di tutte le parti” in conflitto e per una “discussione equa di tutti i piani di pace disponibili”, è “sostenuta da oltre cento Paesi”. La conferenza ha confermato che è “impossibile risolvere il problema ucraino senza la Russia”, ha commentato il consigliere di Putin per la politica estera, Yuri Ushakov. “In altre parole, non è chiaro cosa abbiano discusso là senza la Russia”, ha aggiunto. Per Mosca rimane valida la cosiddetta “proposta di pace” illustrata dallo stesso Putin la settimana scorsa, e già dichiarata irricevibile dai Paesi occidentali. Vale a dire il ritiro delle truppe ucraine dalle quattro regioni (Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson) parzialmente controllate dai russi e l’impegno ufficiale di Kiev a non aderire alla Nato.

E se Kiev oggi non è d’accordo, le condizioni che dovrà accettare in futuro saranno ancora “più difficili e dure”, ha avvertito Serghei Naryshkin, capo dell’intelligence per l’estero, accennando implicitamente, come aveva fatto Putin, alla piega sfavorevole che i combattimenti sul terreno sembrano avere preso per gli ucraini. Putin continua intanto l’opera di riorganizzazione all’interno del ministero della Difesa, dopo la nomina dell’economista Andrei Belousov alla guida del dicastero, coincisa con una serie di arresti eccellenti di dirigenti per accuse di corruzione. Ma questa volta i media dell’opposizione denunciano un caso di nepotismo, perché tra i quattro nuovi vice ministri nominati in sostituzione di altrettanti uscenti figura Anna Tsivileva, che secondo la testata online Meduza sarebbe la figlia di un cugino del presidente. Tsivileva è oggetto di sanzioni da parte dell’Unione europea, che l’ha definita “una stretta parente” di Putin, e della Gran Bretagna, che l’ha indicata come sua “prima cugina”.

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Francia: colpo scena a processo, Kardashian perdona rapinatore

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Da regina dei social media e abile comunicatrice, Kim Kardashian si è presa la scena oggi al processo contro le dieci persone sospettate di averla rapinata nel 2016 a Parigi. Commossa dal pentimento di uno degli imputati, l’ex modella ha preso la parola in aula per perdonarlo. Lo ha raccontato Le Parisien. “Signora, è stato dopo averla visto in uno show televisivo francese e aver realizzato il danno psicologico che le ho inflitto che ho deciso di indirizzarmi a lei”, ha scritto Omar Ait Khedache, ‘Omar il Vecchio’, nella missiva letta in aula dal presidente del tribunale.

“Mi rivolgo a lei come essere umano per dirle quanto mi pento, quanto mi ha commosso e toccato vederla in lacrime. Spero che le mie parole la aiutino a superare il trauma”, ha detto ancora. Il pianto di Omar ha mosso al pianto anche Kim, in lacrime alle parole del suo aggressore. “Apprezzo la lettera, queste parole. Io ti perdono”, ha scandito Kardashian.

Perdona, ma non dimentica. Questo “non cambia emozioni e sentimenti”, ha subito aggiunto, “la mia vita è cambiata per sempre”. Tanto che ora “negli Stati Uniti, lavoro nel sistema giudiziario, voglio diventare un avvocato e far riabilitare le persone. Ho sempre creduto nella seconda possibilita’”. Il 3 ottobre 2016 uomini armati irruppero nella stanza d’albergo dove si trovava Kardashian, a Parigi per la settimana della moda, la legarono e la tennero sotto tiro mentre si appropriavano dei preziosi gioielli che l’ex modella aveva portato con se’. Si e’ trattato della rapina a mano armata piu’ redditizia compiuta negli ultimi vent’anni nella Ville Lumier: dieci milioni di dollari la refurtiva, tra cui l’anello di fidanzamento con diamanti da 4 milioni di dollari che la regina delle influencer aveva ricevuto dall’ex marito, il rapper Kanye West.

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Trump e bin Salman firmano accordo economico strategico

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Donald Trump e Mohammed bin Salman hanno firmato a Riad vari accordi, tra cui un accordo economico strategico. Lo riferiscono i media Usa. Gli accordi, riferisce il pool di reporter che copre la Casa Bianca, includono un memorandum d’intesa sull’energia; una lettera d’intenti per le future capacità di difesa; un memorandum d’intesa sulle risorse minerarie; un memorandum d’intesa con il dipartimento di Giustizia; la cooperazione in materia di spazio e malattie infettive.

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Ucciso capo milizia libica Abdel Ghani Al-Kikli, spari a Tripoli

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Abdel Ghani Al-Kikli, noto come Gheniwa, capo della milizia Apparato di Supporto alla Stabilità (Ssa), è stato ucciso oggi nel campo militare Tekbali, a sud di Tripoli. Lo riportano i media libici, tra cui il The Libya Update secondo cui il suo corpo sarebbe arrivato all’ospedale Abu Salim di Tripoli. Al Wasat Gate riferisce inoltre di colpi di arma da fuoco a Ain Zara a seguito della diffusione della notizia. Poche settimane fa Gheniwa era stato avvistato in Italia, sollevando polemiche. Il ministero dell’Interno ha invitato i cittadini delle zone occidentali di Tripoli a rimanere nelle proprie case per la loro sicurezza.

Secondo Refugees in Libya, “Gheniwa era uno dei comandanti di milizia più temuti nell’ovest della Libia ed è stato a lungo accusato da organizzazioni locali e internazionali per i diritti umani, tra cui Amnesty International, di gravi abusi, tra cui torture, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali”. Refugees in Libya, su X, afferma che “poche settimane fa Gheniwa era stato avvistato in Italia, scatenando indignazione dopo le rivelazioni secondo cui era entrato in Europa con un visto Schengen rilasciato da Malta, nonostante fosse implicato in reati che potrebbero essere considerati crimini contro l’umanità”. Proprio oggi La Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia (Unsmil) aveva espresso “profonda preoccupazione” per l’escalation militare e le crescenti tensioni a Tripoli e nell’area occidentale del Paese, lanciando un appello urgente a tutte le parti coinvolte affinché “si astengano da ogni azione provocatoria e risolvano le controversie attraverso il dialogo”.

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