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Putin, ‘l’Occidente ci fa la guerra ma vinceremo noi’

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Nessun passaggio di aerei nel cielo, nessun carro armato tra le truppe che sfilano, niente marcia del Reggimento Immortale con le fotografie dei caduti e nemmeno il ricevimento al Cremlino. Le preoccupazioni per la sicurezza, e in generale per il conflitto in corso, si sono fatte sentire sulla parata di quest’anno per il V Day russo. Ma non sono cambiati i toni di Vladimir Putin. La Russia, ha ribadito il presidente nel discorso sulla Piazza Rossa, si sta difendendo in una guerra che le è stata dichiarata dall’Occidente con lo scopo di distruggerla, ma alla fine vincerà. Anche in questa giornata a far sentire la sua voce dissonante è stato Yevgeny Prigozhin, con le nuove pesantissime accuse lanciata all’esercito di essere “incapace di difendere la Russia” e di fuggire davanti al nemico a Bakhmut. Il capo della Wagner ha preso di mira i suoi bersagli preferiti, i vertici militari, accusandoli di “ingannare” Putin con rapporti falsi sulla situazione in Ucraina e lamentando ancora una volta di non ricevere da loro sufficienti munizioni. Solo sei giorni fa le immagini di due droni che esplodevano sul Cremlino erano sembrate scuotere il senso di sicurezza dei russi.

A questo si aggiungono i timori tra l’opinione pubblica per la tanto annunciata controffensiva ucraina. Due motivi di inquietudine che probabilmente hanno contribuito ai festeggiamenti sottotono. Quasi un simbolo di questa atmosfera è la solitudine dell’unico carro armato che ha sfilato sulla Piazza Rossa: un pezzo da museo, il leggendario T34 che diede un contributo decisivo alla sconfitta delle divisioni di Hitler. Ma la presenza di questo mezzo corazzato tra gli 8.000 soldati che hanno partecipato alla sfilata (di cui 530 già impegnati nel conflitto in Ucraina) è servita anche a rendere plasticamente il parallelo di Putin tra la lotta per la sopravvivenza della Russia di allora e quella di oggi. La civiltà, ha affermato il presidente dalla tribuna sotto le mura del Cremlino, “è di nuovo ad una svolta cruciale e una guerra è di nuovo scatenata contro la Russia, ma il Paese sarà in grado di garantire la sua sicurezza”. A minacciare il Paese, ha spiegato Putin, sono le “elite globaliste occidentali” che si ritengono superiori e che “provocano conflitti sanguinosi e colpi di Stato, seminano l’odio, la russofobia e il nazionalismo aggressivo”.

“Hanno dimenticato – ha aggiunto – a cosa portarono le folli pretese naziste di dominio del mondo”. E hanno dimenticato il ruolo fondamentale dell’Unione Sovietica nello sconfiggere “questo male mostruoso”. Dunque secondo Putin anche l’Occidente punta al dominio mondiale, e in questo l’Ucraina è solo una pedina presa in ostaggio. Anzi, “il popolo” ucraino, ha scandito il presidente russo, con uno scarto rispetto ai discorsi passati colto dai più raffinati esegeti delle sue parole. Per la prima volta dall’inizio della crisi, sottolinea qualche osservatore, Putin ha ammesso appunto l’esistenza stessa di un popolo ucraino. Ciò che aveva di fatto negato fin dalla pubblicazione nel luglio del 2021 del suo ormai celebre saggio ‘Sull’unità storica di russi e ucraini’ che poneva le basi ideologiche dell’intervento militare. Lo zar ha anche evidenziato l’importanza della presenza al suo fianco dei leader di sette ex repubbliche sovietiche, con i quali si è concesso una passeggiata sulla Piazza Rossa scendendo dalla tribuna dopo la fine della parata. Forse un tentativo di esorcizzare le paure per i droni ucraini. Insieme con loro e con all’occhiello il nastrino arancione e nero dell’ordine di San Giorgio – la massima onorificenza militare istituita da Caterina la Grande ed ereditata con varie modifiche dall’Urss e dall’attuale Russia – Putin è uscito dalla piazza e ha raggiunto il monumento al milite ignoto, nei Giardini di Alessandro, dove il gruppo ha deposto dei fiori.

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Putin firma, Gazprom gestirà le filiali della Ariston

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Con una decisione inattesa, il presidente russo Vladimir Putin ha firmato un decreto per il trasferimento temporaneo delle filiali russe dell’italiana Ariston e della tedesca Bosch alla russa Gazprom Domestic Systems, la società del gruppo statale Gazprom produttrice di elettrodomestici. Il decreto, postato sul portale ufficiale per le informazioni legali, riguarda la Ariston Thermo Rus LLC, controllata da Ariston Holding, e la BSH Household Appliances LLC, controllata da BSH Hausgerate GmbH. Non sono noti i motivi della decisione. Tuttavia, dall’inizio della guerra in Ucraina, la Russia ha posto sotto “gestione temporanea” i beni di una manciata di aziende occidentali, giustificando queste mosse come ritorsioni per le azioni di altri Paesi contro imprese russe, colpite da sanzioni.

Lo scorso anno Putin aveva firmato un altro decreto per il trasferimento temporaneo della gestione delle filiali russe di Danone e di Carlsberg all’ agenzia federale per la gestione delle proprietà, Rosimushchestvo. Il provvedimento era stato adottato dopo che la società francese e quella danese avevano annunciato l’intenzione di uscire dal mercato russo. Il 98,56% delle azioni del birrificio russo Baltika, appartenente a Carlsberg, e decine di migliaia di azioni appartenenti a Danone erano state poste sotto il controllo dell’Agenzia. Nel caso di Ariston e Bosch, invece, la gestione viene trasferita, sempre “temporaneamente”, ad un altro gruppo industriale, sebbene controllato dal governo. Sulla vicenda è intervenuto in serata il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Dopo l’inattesa decisione Governo Russo sulla gestione di Ariston Thermo Group – ha scritto su X – ho subito attivato la nostra Ambasciata in Russia e parlato con i vertici dell’azienda italiana. Il Governo italiano e’ al fianco delle imprese, pronto a tutelarle in tutti i mercati internazionali”

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Frammento di missile iraniano trovato nel deserto israeliano

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Un grosso frammento di un missile iraniano, lanciato verso Israele, è stato scoperto casualmente da un gruppo di turisti in una zona desertica nel sud di Israele. Lo riferisce la Tass, citando un rapporto dell’Idf. Il missile scoperto era del tipo “superficie-superficie” e sarebbe stato intercettato dalla difesa aerea israeliana durante l’attacco iraniano.

A scoprirlo alcuni giorni fa un gruppo di escursionisti durante un viaggio nei pressi della città di Arad, nel deserto della Giudea, 25 km a ovest del Mar Morto. Per recuperare il frammento è stato coinvolto un elicottero da trasporto militare dell’aeronautica israeliana. Ora sarà esaminato da specialisti del servizio antincendio e di salvataggio. I militari hanno ricordato che le persone non dovrebbero mai avvicinarsi o toccare i frammenti dei missili, perché possono comunque rappresentare una minaccia per la vita, e hanno esortato le persone a chiamare immediatamente la polizia se tali frammenti vengono scoperti.

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Allarme di Macron: l’Europa è accerchiata, può morire

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Un grido di riscossa contro il rischio che l’Europa muoia: a meno di due mesi dalle elezioni europee del 9 giugno, Emmanuel Macron invoca un sussulto collettivo per l’affermazione di un’Unione più forte, prospera e fedele a quegli stessi valori umanistici che l’hanno resa grande nel mondo. Un appello alla mobilitazione generale, quello del presidente francese eletto nel 2017 sulle note dell’Inno alla Gioia, per la definitiva uscita dall’ingenuità e l’avvento di una “Europa potenza”, in grado di rispondere alle sfide del nuovo millennio, a cominciare da un necessario “cambio di passo” sulla difesa comune.

A sette anni dal suo primo discorso per “un’Europa sovrana, unita e democratica” alla Sorbona, solo pochi mesi dopo la sua prima vittoria all’Eliseo, Macron è tornato nell’antica università parigina per tracciare un bilancio dei progressi realizzati finora (tra cui il piano di rilancio NextGenerationEU che ha introdotto per la prima volta una forma di mutualizzazione del debito al livello dei Ventisette) e definire gli orientamenti da lui auspicati per l’avvenire. Un intervento fiume durato quasi due ore e nel corso del quale ha citato più volte tre ex premier italiani, Enrico Letta, Mario Draghi e anche Matteo Renzi. Nell’auditorium gremito della Sorbonne, di fronte allo Square Painlevé dove sorge l’antica lupa capitolina simbolo del gemellaggio tra Roma e Parigi, erano presenti 500 invitati, tra cui il premier Gabriel Attal, i principali ministri del governo, il commissario Ue Thierry Breton, nonché gli ambasciatori degli altri 26 Stati membri dell’Unione.

“La nostra Europa è mortale, può morire”, scongiurare questa prospettiva “dipende unicamente dalle nostre scelte, ma vanno fatte ora”, ha ammonito il leader francese, descrivendo un’Unione “accerchiata” davanti alle potenze regionali e i venti di guerra tornati a soffiare sul Vecchio continente dopo l’aggressione russa in Ucraina. Dinanzi a questi scenari, ha avvertito, serve “un cambio di paradigma profondo, essenziale”, con un programma strategico “credibile” sulla difesa. Macron è tornato ad insistere sulla necessità di nuove forme di debito comune per investire nel settore militare, nonché l’introduzione di una “preferenza europea”, una sorta di clausola ‘Made in Europe’ per lo spazio e della difesa. Il consolidamento della nostra industria difensiva “è una necessità”, ha martellato, deplorando che oggi l’Europa continui ad acquistare l’80% del suo arsenale da potenze straniere tipo Usa o Corea del Sud.

Quanto alle politiche migratorie, cavallo di battaglia dell’estrema destra in vista del voto Ue (oggi il Rassemblement National di Marine Le Pen stacca di almeno dieci punti il partito presidenziale Renaissance), Macron ha esaltato il patto sull’asilo recentemente approvato a Strasburgo e invocato un’Europa che riprenda “il controllo delle proprie frontiere”, proponendo una “struttura politica” continentale, un “consiglio Schengen” che decida “efficacemente” su migranti, criminalità e terrorismo. Sul fronte economico, il presidente bersagliato in questi ultimi mesi dalle opposizioni per lo stato allarmante delle finanze pubbliche francesi (con un rapporto deficit/Pil schizzato al 5,5% nel 2023, ben al di sopra delle previsioni) ha chiesto “uno shock di investimenti comuni”, ma anche l’introduzione di un “obiettivo di crescita”, oltre al contenimento dell’inflazione. Dinanzi alla concorrenza di Usa e Cina, che “non rispettano” le regole, il leader francese propone “una deroga alla libera concorrenza” su alcuni settori strategici, come l’intelligenza artificiale e le tecnologie verdi.

Evocando il rischio di un distacco economico rispetto a Pechino e Washington, Macron si è detto tra l’altro “favorevole” all’ultimo rapporto di Enrico Letta sul futuro mercato unico, in particolare rsipetto all’ampliamento del single market a settori come “l’energia, le telecomunicazioni e i servizi finanziari”. Macron si è appellato infine all’Europa affinché riannodi il filo della propria antica tradizione umanistica, forgiando i cittadini di domani attraverso “il sapere, la cultura e la scienza”. Promuovendo, tra l’altro, “un’Europa della maggiore età digitale a 15 anni”, prima dei quali non può esserci accesso ai social network senza il controllo dei genitori, ma anche “un’alleanza dei musei e delle biblioteche europee”. Oltre all’introduzione di un pass cultura Ue (“un’idea che in Francia, per non essere sciovinisti, abbiamo ripreso all’Italia di Matteo Renzi. E anche questa è l’Europa”, ha detto) e di un “pass interrail” per contribuire alla mobilità dei giovani, come già proposto da Letta. Secondo gli osservatori, il cosiddetto discorso ‘La Sorbonne 2’ voleva segnare in qualche modo l’ingresso di Macron nella campagna per il voto europeo, anche se all’Eliseo respingono seccamente questa versione, ripetendo che si tratta solo di indicare una rotta per il dopo voto e “pesare” sull’agenda strategica della futura Commissione.

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