“Presepe strumento di evangelizzazione e patrimonio cutlurale dell’umanità” è questo il messaggio che emerge dal convegno internazionale di Napoli sull’arte presepiale
È tornato a vivere un importante appuntamento culturale, interrotto ormai cinquant’anni fa: il convegno internazionale sul presepe. L’ha ospitato la città di Napoli, nel Complesso Monumentale Donnaregina. E’ l’evento con cui culmina il progetto di respiro internazionale “Il presepe napoletano come strumento di evangelizzazione”, nato dall’iniziativa dell’imprenditore nel settore dell’editoria Rosario Bianco e del magistrato Catello Maresca, insieme alla loro Accademia delle Arti, Mestieri e Professioni e all’associazione PartenArt. A moderare il dibattito e a stimolare i relatori la giornalista Tjuna Notarbartolo. Fra i maggiori ispiratori e promotori dell’iniziativa, figura anche il Cardinale Crescenzio Sepe. Il convegno ha rappresentato un’importante momento di approfondimento e confronto fra appassionati ed esperti del presepe a Napoli e nel mondo. Il congresso era stato annunciato in occasione della presentazione della Mostra Internazionale del Presepe, inaugurata lo scorso 4 dicembre e visitabile ancora per pochi giorni, sino al 14 gennaio, nella Chiesa di Sant’Angelo a Segno, in via Tribunali.
“Abbiamo organizzato una mostra presepiale di qualità, cercando di riportare il presepe napoletano fuori da quegli stereotipi che l’hanno volgarizzato”, spiega Bianco. “L’evento di oggi è il punto di partenza per avvicinare le nuove generazioni al significato autentico del nostro presepe. Il presepe napoletano è famiglia, solidarietà, accoglienza, è di tutti. In esso gli ultimi sono i primi e sono protagonisti”.
Per il Cardinale Crescenzio Sepe nel presepe è insito un contenuto fondamentale: l’incarnazione di Cristo, il mistero della vita che si rende visibile. “Il presepe napoletano è conosciuto non solo per l’eccellenza artistica che ha saputo esprimere, ma anche perché ha realizzato una teologia viva, reale, che non è mera rappresentazione di dogmi, ma è incarnata nella vita della gente”, commenta il Cardinale. Per questo motivo nel presepe settecentesco incontriamo il popolo orientato ad ammirare la Sacra Famiglia: c’è il pescivendolo, il panettiere, la lavandaia. Il messaggio arriva nella vita quotidiana. Un mistero reso concreto dalle intuizioni degli artigiani partenopei. “Col nostro progetto internazionale, intendiamo recuperare la bellezza del nostro presepe. Qualcuno prima di me ha detto che la bellezza salverà il mondo: è la nostra unica speranza. E Napoli è piena ovunque di straordinaria bellezza, noi dobbiamo soltanto valorizzarla”, spiega il magistrato Catello Maresca.
“Nel racconto evangelico – prosegue il magistrato amante e cultore del presepe – alla nascita del bambino Gesù il tempo si fermò. Il nostro presepe rappresenta proprio una constatazione quasi teatrale di quell’istante, una forma artistica che è riuscita per quasi trecento anni a cristallizzare quel momento e lo fa rivivere ogni anno con immutato trasporto e partecipazione. E’ il mistero della nascita del figlio di Dio, che si fa uomo e nasce tra gli ultimi e per gli ultimi”.
Anche Carlo di Borbone si innamorò del presepe napoletano e del messaggio evangelico che questo veicolava, se è vero che alla metà del Settecento iniziò a stimolare le eccellenze artistiche partenopee nel cimentarsi nella realizzazione di statuine da presepe. Il presepe visse infatti proprio nel Settecento la sua stagione più florida, uscendo dalle chiese dove era oggetto di devozione religiosa, per entrare nelle dimore dell’aristocrazia. Nobili e ricchi borghesi gareggiavano nell’allestimento di impianti scenografici sempre più ricercati.
Portare il presepe nelle case significava far vivere alle persone con trasporto il mistero della nascita di Gesù. “Il presepe napoletano, nato nella Napoli del Settecento retta dai Borboni, appartiene ormai al patrimonio culturale dell’umanità. Ne vogliamo recuperare la vera essenza: il nostro presepe – conclude Maresca – è una pagina del vangelo raccontata in lingua napoletana, fonte di ispirazione poetica, teatrale e cinematografica”.
Stop all’automatismo che impone la sospensione della responsabilità genitoriale per i genitori condannati per maltrattamenti in famiglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 55 del 2025, dichiarando illegittimo l’articolo 34, secondo comma, del Codice penale nella parte in cui non consente al giudice di valutare in concreto l’interesse del minore.
Una norma rigida che non tutela sempre i figli
L’automatismo previsto dalla norma, secondo cui alla condanna per maltrattamenti in famiglia (articolo 572 c.p.) segue obbligatoriamente la sospensione della responsabilità genitoriale per il doppio della pena, è stato giudicato irragionevole e incostituzionale. Secondo la Consulta, la previsione esclude qualsiasi valutazione caso per caso e impedisce al giudice di verificare se la sospensione sia effettivamente nell’interesse del minore, come invece richiedono gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.
Il caso sollevato dal Tribunale di Siena
A sollevare la questione è stato il Tribunale di Siena, che aveva riconosciuto la responsabilità penale di due genitori per maltrattamenti nei confronti dei figli minori, ma riteneva inadeguato applicare in automatico la sospensione della responsabilità genitoriale. Il giudice toscano ha evidenziato la possibilità concreta che, in presenza di una riconciliazione familiare e di un miglioramento del contesto domestico, la sospensione potesse arrecare un danno ulteriore ai minori.
Il principio: al centro l’interesse del minore
La Corte ha ribadito che la tutela dell’interesse del minore non può essere affidata a presunzioni assolute, bensì deve derivare da una valutazione specifica del contesto familiare e della reale efficacia protettiva della misura. Il giudice penale deve dunque essere libero di stabilire, caso per caso, se la sospensione della responsabilità genitoriale sia davvero la scelta più idonea alla protezione del figlio.
La continuità con la giurisprudenza
La decisione si inserisce nel solco della sentenza n. 102 del 2020, con cui la Consulta aveva già bocciato l’automatismo previsto per i genitori condannati per sottrazione internazionale di minore. In entrambi i casi, si riafferma il principio secondo cui le misure che incidono sulla genitorialità devono essere coerenti con i valori costituzionali e orientate alla tutela concreta del minore.
Il mondo della cultura piange la scomparsa di Mario Vargas Llosa (foto in evidenza di Imagoeconomica), uno dei più grandi romanzieri del Novecento e premio Nobel per la Letteratura nel 2010. Lo scrittore peruviano si è spento oggi, domenica, a Lima all’età di 89 anni, circondato dalla sua famiglia, come ha comunicato suo figlio Álvaro attraverso un messaggio pubblicato sul suo account ufficiale di X.
«Con profondo dolore, rendiamo pubblico che nostro padre, Mario Vargas Llosa, è morto oggi a Lima, circondato dalla sua famiglia e in pace».
Una vita tra letteratura e impegno
Nato ad Arequipa il 28 marzo del 1936, Vargas Llosa è stato tra i più influenti autori della narrativa ispanoamericana contemporanea. Oltre ai riconoscimenti letterari internazionali, ha vissuto una vita profondamente segnata anche dall’impegno civile e politico.
Con la sua scrittura tagliente e lucida, ha raccontato le contraddizioni della società peruviana e latinoamericana, esplorando con coraggio e passione temi di potere, ingiustizia e libertà.
I capolavori che hanno segnato la sua carriera
Autore di romanzi fondamentali come “La città e i cani” (1963), durissima denuncia del sistema militare peruviano, e “La casa verde” (1966), Vargas Llosa ha lasciato un’impronta indelebile nella letteratura del Novecento. La sua vasta produzione comprende anche saggi, articoli e testi teatrali.
Un addio in forma privata
Come reso noto dalla famiglia, i funerali saranno celebrati in forma privata e, nel rispetto della volontà dell’autore, le sue spoglie saranno cremate. Un addio sobrio, coerente con la riservatezza che ha spesso contraddistinto l’uomo dietro lo scrittore.
Cinque giovani talenti campani delle scuole superiori rappresenteranno l’Italia all’International Young Physicists’ Tournament (IYPT) 2025, la più prestigiosa competizione mondiale di fisica per studenti delle scuole superiori, che si svolgerà dal 29 giugno al 6 luglio a Lund, in Svezia.
Dopo una severa selezione nazionale, articolata in prove pratiche e orali, sono stati scelti cinque studenti, tutti provenienti da istituti superiori della Campania: il Liceo Mercalli di Napoli e il Liceo Buchner di Ischia. Una vittoria che premia la qualità della formazione scientifica nelle scuole del Sud e conferma il livello di eccellenza raggiunto dalla regione in campo scientifico.
Tra i protagonisti Pierluigi Trani, talento di Ischia
Tra i cinque campioni c’è Pierluigi Trani, studente del terzo anno del Liceo Scientifico Buchner di Ischia, attualmente a Salonicco, in Grecia, per partecipare a un torneo amichevole di preparazione con altri cinque Paesi del sud Europa. Trani si è classificato tra i primi quattro nella fase provinciale dei Campionati di Fisica 2025 a Napoli, risultando l’unico studente ischitano tra i primi dieci. Inoltre, si è distinto a livello nazionale arrivando terzo alle Olimpiadi di Statistica nella sua fascia d’età.
Il giovane fisico non ha intenzione di fermarsi qui: dopo l’esperienza mondiale in Svezia, proseguirà i suoi studi in un prestigioso college londinese, pronto ad accoglierlo per coltivare il suo brillante futuro accademico.
Un team guidato da due docenti campani
A guidare la squadra italiana saranno Gianmarco Sasso e Raffaele Campanile, entrambi docenti del Liceo Buchner di Ischia. I due insegnanti hanno seguito tutte le fasi della selezione e accompagnano i ragazzi nella preparazione per la competizione internazionale. L’IYPT è un torneo con una lunga storia: esiste da 38 anni, ma l’Italia partecipa ufficialmente solo dal 2024, grazie al sostegno dell’associazione “Scienza e Scuola”, con sede nel Meridione. Il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) ancora non riconosce formalmente la competizione, ma l’entusiasmo e la determinazione di studenti e docenti colmano ogni lacuna istituzionale.
La fisica come passione e riscatto territoriale
L’affermazione della Campania all’IYPT è un segnale forte: il talento scientifico non conosce confini geografici, e può emergere anche in territori spesso penalizzati da scarse risorse e riconoscimenti. I cinque ragazzi selezionati, con il sostegno dei loro docenti e di una rete associativa motivata, porteranno in alto il nome dell’Italia e del Sud Europa, confrontandosi con delegazioni di ben 39 nazioni.
Dal cuore del Sud, un segnale di speranza, competenza e futuro.