Sulle rive erbose del Lago Sant’Anna, a circa 72 km a ovest di Edmonton, meta ogni anno di un pellegrinaggio cattolico dalla fine del XIX secolo proprio nell’odierna festa della santa, papa Francesco lancia un molteplice appello ad ascoltare il “battito materno” della terra, a una fraternita’ basata sull’unione “dei distanti”, a una Chiesa che non si trinceri nella difesa dell’istituzione a dispetto della “ricerca della verita’”. E ai “fratelli indigeni” dice: “siete preziosi per me e per la Chiesa”. Ci sono tanti appartenenti alle comunita’ autoctone, infatti, tra i circa diecimila che partecipano a questo tradizionale “Lac Ste. Anne Pilgrimage”, e – in un’atmosfera da sagra ‘country’ – si uniscono ai pellegrini provenienti soprattutto dal Canada e dagli Stati Uniti nord-occidentali, che giungono presso questo lago per bagnarsi nelle sue acque ritenute sante e pregare. E’ un luogo da millenni sacro anche ai nativi: chiamato Wakamne, “Lago di Dio”, dai Nakota Sioux e “Lago dello Spirito” dal popolo Cree, noto agli indigeni come posto di guarigione. Il Papa, accompagnato dai suoni tradizionali del tamburo, vi celebra la Liturgia della Parola, preceduta da un’inedita “benedizione del lago”. “Qui, immersi nel creato, c’e’ un altro battito che possiamo ascoltare, quello materno della terra – dice nell’omelia in spagnolo -. E cosi’ come il battito dei bimbi, fin dal grembo, e’ in armonia con quello delle madri, cosi’ per crescere da esseri umani abbiamo bisogno di cadenzare i ritmi della vita a quelli della creazione che ci da’ vita”. Ricordando poi il Lago di Galilea dove predico’ Gesu’, Francesco sottolinea che “proprio quel lago, ‘meticciato di diversita”, divenne la sede di un inaudito annuncio di fraternita’; di una rivoluzione senza morti e feriti, quella dell’amore”. E qui, “sulle rive di questo lago, il suono dei tamburi che attraversa i secoli e unisce genti diverse, ci riporta ad allora. Ci ricorda che la fraternita’ e’ vera se unisce i distanti, che il messaggio di unita’ che il Cielo invia in terra non teme le differenze e ci invita alla comunione, a ripartire insieme, perche’ tutti siamo pellegrini in cammino”. Il Pontefice tocca anche il tema della “guarigione” dai tanti traumi del passato, in particolare dell’opera colonizzatrice. Ma avverte che “ora tutti noi, come Chiesa, abbiamo bisogno di guarigione: di essere risanati dalla tentazione di chiuderci in noi stessi, di scegliere la difesa dell’istituzione anziche’ la ricerca della verita’, di preferire il potere mondano al servizio evangelico”. “Aiutiamoci, cari fratelli e sorelle, a dare il nostro contributo per edificare con l’aiuto di Dio una Chiesa madre come a Lui piace – esorta -: capace di abbracciare ogni figlio e figlia; aperta a tutti e che parli a ciascuno; che non vada contro qualcuno, ma incontro a chiunque”. Inoltre, “se vogliamo prenderci cura e risanare la vita delle nostre comunita’, non possiamo che partire dai poveri, dai piu’ emarginati”. Occorre “guardare di piu’ alle periferie e porsi in ascolto del grido degli ultimi; saper ascoltare il dolore di quanti, spesso in silenzio, nelle nostre citta’ affollate e spersonalizzate, gridano: ‘Non lasciateci soli!'”. E’ il grido “di anziani che rischiano di morire da soli in casa o abbandonati presso una struttura, o di malati scomodi ai quali, al posto dell’affetto, viene somministrata la morte”. E’ il grido “soffocato di ragazzi e ragazze piu’ interrogati che ascoltati, i quali delegano la loro liberta’ a un telefonino, mentre nelle stesse strade altri loro coetanei vagano persi, anestetizzati da qualche divertimento, in preda a dipendenze che li rendono tristi e insofferenti”. “Non lasciateci soli – lamenta il Papa – e’ il grido di chi vorrebbe un mondo migliore, ma non sa da dove iniziare”. E rivolgendosi infine ai “cari fratelli e sorelle indigeni” – al centro in questi giorni in Canada delle sue richieste di perdono per le politiche di assimilazione dei nativi e per i soprusi nelle scuole residenziali cattoliche -, Francesco dice di essere “venuto pellegrino anche per dirvi quanto siete preziosi per me e per la Chiesa”. “Desidero che la Chiesa sia intrecciata a voi, come stretti e uniti sono i fili delle fasce colorate che tanti di voi indossano – conclude -. Il Signore ci aiuti ad andare avanti nel processo di guarigione, verso un avvenire sempre piu’ risanato e rinnovato”.