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Ospina sta bene, non ha corso pericoli: è sotto stretto controllo dei medici del Napoli

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David Ospina non ha mai perso coscienza. Sta bene. Resterà in osservazione alla Clinica Pineta Grande di Castelvolturno per 24 ore minimo. Questo prevede il protocollo sanitario in caso di trauma cranico. Dalla tac che è stata subito effettuata, possiamo già dire che si escludono danni a livello neurologico. È solo stata una brutta botta che smaltirà in una nottata. Ha preso una ginocchiata o un un calcio alla testa da un calciatore dell’Udinese. In ogni caso, se sta bene, lo deve allo staff medico del Napoli. Che la famiglia Ospina ha già ringraziato. “Ha avuto un taglio al cuoio capelluto dal quale perdeva sangue che abbiamo tamponato subìto” spiega il capo dello staff medico del Napoli Alfonso De Nicola. “Gli ho tamponato la ferita che perdeva sangue e gli ho consigliato di uscire immediatamente. Lui ci teneva a giocare, insisteva per restare in campo, ma l’ho invitato più volte al cambio benchè continuasse a dire di stare bene e voler giocare”. È evidente che il medico sociale non può buttare fuori dal campo un calciatore, può consigliargli di uscire e può dirlo al tecnico. Cosa che De Nicola ha fatto. Non solo, il medico del Napoli, è rimasto dietro la porta di Ospina per tenere sotto controllo il calciatore e per chiedergli come si sentisse.  “Il medico sociale – ha detto Ancelotti – l’ha visto, ha valutato era lucido e non aveva particolari problemi. Quindi abbiamo deciso che potesse continuare. Durante la partita le cose sono peggiorate e ho fatto il cambio. Ci siamo fidati della valutazione del dottor De Nicola che ha soccorso il giocatore”.

Ospina al 41′ del primo tempo, a palla lontana, si è però accasciato a terra. Il gioco è stato fermato e i medici azzurri sono corsi a soccorrerlo. Ospina era immobile, non ha però mai perso conoscenza. Era solo stordito. Due secondi dopo che si è accasciato, accanto a lui c’erano il dottor De Nicola e il suo staff. La barella in campo è entrata in tempi record, il portiere con dei movimenti faceva capire di essere tornato cosciente. De Nicola ha preteso che fosse trasportato subito all’Ospedale San Paolo che dista duecento metri dallo stadio. Ospina è entrato in codice rosso (il trauma cranico assegna nel triage questo colore al paziente), era accompagnato da De Nicola. È stato sottoposto ai test necessari per chi subisce un colpo alla testa. “I medici del San Paolo sono stati eccezionali -spiega De Nicola – gli hanno subito fatto una tac che ha avuto esito negativo, poi la visita neurologica, e hanno suturato la ferita che era stata tamponata in campo. La diagnosi è di un taglio al cuoio capelluto e crisi ipotensiva, non preoccupa”. Questi sono i fatti. Poi, siccome siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e utenti di social network leggeremo abbondanti relazioni mediche e critiche da improvvisati primari di neurologia o illustri clinici con la terza media o la quinta elementare distribuire critiche o eccessi da imputare allo staff medico del Napoli. Ci sta. Tutto può essere sui social network. I fatti però sono pari pari quelli che abbiamo narrato.

Ospina ricoverato per un trauma cranico al San Paolo, TAC negativa, ma resta in osservazione per 24 ore

Bel Napoli al San Paolo: 4 gol ad una indomabile Udinese. Grande Mertens, paura per Ospina

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Esteri

Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: 14 morti e oltre 700 feriti

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Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione (ancora provvisorio) avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a 14 morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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