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Open Arms, la procura di Agrigento apre un’inchiesta per sequestro di persona e violenza privata. Nel mentre i medici studiano i malati…..

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La procura di Agrigento ha aperto un’inchiesta contro ignoti per sequestro di persona e violenza privata sulla base degli esposti presentati sulla vicenda dell’Open Arms, la nave Ong ferma nei pressi del porto di Lampedusa con 134 migranti a bordo. Ma, è bene precisarlo per i tifosi della potkixs italiana, è un atto dovuto, quello della procura agrigentina come conseguenza dei due esposti presentati: uno dall’Associazione giuristi democratici, che ha denunciato il mancato rispetto dell’ordinanza del Tar del Lazio sulla gestione dello sbarco dei migranti; l’altro della stessa organizzazione non governativa spagnola. A questo punto bisognerà capire come il fascicolo aperto dalla procura di Agrigento potrà influire sul braccio di ferro in atto davanti al porto di Lampedusa. La procura adesso, infatti, valuterà se ci sono gli estremi per i reati ipotizzati ed eventualmente se ci sono soggetti da iscrivere tra gli indagati: possibile che un magistrato arriverà nelle prossime ore a Lampedusa per constatare la situazione. La procura può comunque delegare indagini e sopralluoghi a un organo di polizia giudiziaria già presente sull’isola, tipo ma Guardia di Finanza o Guardia Costiera.

Open Arms ha lanciato un nuovo appello perché tutte le persone sulla nave vengano fatte scendere a terra a causa delle disperate condizioni igienico sanitarie in cui sono costretti. Ma sul punto è nato un contrasto tra i medici che hanno visitato i migranti. Francesco Cascio, responsabile del poliambulatorio di Lampedusa ha detto che tra i primi 13 sbarcati “solo uno aveva l’otite, gli altri non presentavano alcuna patologia. Infatti sono stati tutti inviati all’hotspot”. Salvini ha colto la palla al balzo twittando: “Emergenza medica sulla open Arms? Balle!”. Piccolo problemino. Cascio è un ex parlamentare di Fora Italia ed è subentrato al medico Pietro Bartolo, eletto invece nelle liste del Pd. A Cascio replicano invece i medici del Cisom, saliti a bordo per visitare i 147 naufraghi (tra cui ci sono ancora i 31 minori), rilevando una ventina di casi di scabbia “con sovra infezione batterica e pustole” e altri di cistite emorragica. Un uomo ha invece un’infezione al ginocchio conseguenza di colpi di arma da fuoco. Questa situazione, di medici che visitano le stesse persone ma riscontano problemi diversi, dimostra quanto detto dal premier Giuseppe Conte: i migranti da risorsa sono diventati prima un problema e ora una ossessione. Anche dei medici.

A bordo le condizioni igieniche restano spaventose: “La situazione generale vede condizioni igienico-sanitarie pessime: spazi non idonei a ospitare un così ingente numero di persone. I naufraghi vivono ammassati gli uni sugli altri, non c’è possibilità di deambulare, sono presenti solo due bagni chimici e spesso i naufraghi sono costretti a espletare i loro bisogni fisiologici nello stesso spazio in cui dormono e mangiano” scrivono sempre i medici del Cisom .

L’imbarcazione è da 15 giorni in attesa di un porto per lo sbarco. Dopo una situazione di stallo in acque internazionali, la Open Arms (mercoledì 14 agosto) ha fatto rotta verso Lampedusa a seguito della decisione del Tar del Lazio che ha sospeso il divieto di ingresso nelle acque territoriali firmato dal governo italiano. Nonostante ciò il ministro dell’Interno Salvini non ha ancora autorizzato lo sbarco, creando una spaccatura all’interno del governo con tanto di scontro con la ministra della Difesa Trenta.

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A 250 km orari la Porsche in cui sono morti tre ragazzi

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Viaggiavano a più di 250 chilometri orari i tre ventenni che sono morti nella tarda serata di sabato, in provincia di Brindisi: la Porsche a bordo della quale si trovavano si è ribaltata, è finita contro un albero e ha preso fuoco. I vigili del fuoco hanno dovuto estrarli dalle lamiere. Dalle indagini coordinate dalla procura di Brindisi è emerso che l’auto aveva raggiunto la folle velocità diversi minuti prima dell’incidente.

La Porsche era stata noleggiata poche ore prima da una delle tre vittime, il 22enne Luigi Perruccio, da un’agenzia di Brindisi. A bordo c’erano anche le 21enni Sara Capilunga e Karina Ryzkhov, anche loro decedute nell’impatto. Karina era arrivata in Italia dall’Ucraina pochi mesi dopo l’inizio della guerra, viveva a Torchiarolo con una famiglia di italiani che ha ricevuto un alert sullo smartphone dopo l’impatto. Il gps li ha poi portati sul luogo dell’incidente, la strada provinciale che collega Torchiarolo a Lendinuso.

“Per la comunità di Torchiarolo – ricorda il parroco don Antonio De Nanni – è una storia che si ripete. Già nel 2007 ci fu il dramma di cinque giovani bruciati in una macchina per un incidente stradale”. Il parroco racconta che “due dei tre giovani hanno frequentato l’azione cattolica. La ragazza ucraina si è integrata negli anni nella nostra comunità. Dopo la guerra ha voluto rimanere qui perché si era legata tanto alla famiglia che la ospitava. Adesso lavorava qui”. “Ragazzi – spiega – felici, spensierati, tutti e tre lavoratori, con principi sani. Giovani educati che si facevano volere bene. Dobbiamo sfruttare in maniera positiva questo evento drammatico, imparando anche da questa situazione”.

Il sindaco Elio Ciccarese ha parlato di una “tragedia immane” e ha annunciato il lutto cittadino il giorno dei funerali, non ancora stabilito. “Ora – ha aggiunto – è il tempo della preghiera e della vicinanza alle famiglie. Luigi, Sara, Karina, splendidi ragazzi nel fiore della giovinezza, sarete sempre nei nostri cuori”. Anche questa domenica in Puglia si sono registrati diversi feriti: nella sola provincia di Foggia, in due distinti incidenti, se ne contano 17, tra cui cinque bambini. Feriti non gravi, tranne una donna che è in rianimazione.

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Si barrica in casa, litiga con la madre e si uccide

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Tutto è iniziato da una discussione che sembrava potesse finire con il rammarico di qualche parola di troppo. Ma poi l’atteggiamento dell’uomo, un agente di polizia di 50 anni, ha iniziato a spaventare sua madre. I due erano soli in casa e lui ha manifestato un atteggiamento aggressivo. La donna ha avuto paura e ha tentato di chiedere aiuto al 118. Il 50enne, a quel punto, si è barricato in casa minacciando di farla finita.

La madre, approfittando di un momento di distrazione del figlio, è riuscita a fuggire. E poco dopo, in quell’appartamento di una zona residenziale di Bari, si è consumata la tragedia: il 50enne ha impugnato la pistola d’ordinanza e si è tolto la vita sparandosi un colpo alla testa. Neppure i colleghi che erano intervenuti sono riusciti a calmarlo. Hanno provato in ogni modo a farlo uscire dall’abitazione ma lui non ha voluto. Chi lo conosceva, nel quartiere, parla di un uomo riservato, che non aveva problemi. “Nessuno – hanno detto – avrebbe potuto immaginare una cosa simile”. Qualche vicino di casa ha puntato il dito “sull’eccessivo stress a cui sono sottoposte le forze dell’ordine: nessuno pensa mai al loro lavoro e a quello che passano ogni giorno a fronte di quanto guadagnano”.

Tra i colleghi giunti sul posto tanto sconforto e tristezza. Sono intervenuti anche i vigili del fuoco. Il personale del 118 ha tentato di salvargli la vita ma non c’è stato nulla da fare. Momenti di paura si sono vissuti anche a Margherita di Savoia, nella provincia Barletta-Andria-Trani, dove un altro uomo si è barricato in casa armato di coltello, minacciando di fare del male ai suoi parenti e di uccidersi. L’uomo, un 47enne, ha problemi con le dipendenze da alcol e droghe. I carabinieri sono riusciti a fare uscire subito i parenti dall’abitazione e poi si sono fatti consegnare il coltello. Le operazioni di negoziazione sono durate ore. Poi, quando si sono accorti che c’era un fiamma accesa nella stanza, hanno fatto irruzione ed il 47enne è stato affidato al personale sanitario.

“L’intervento è durato sei ore con una negoziazione molto lunga a cura del militare specializzato negoziatore”, ha detto al termine delle operazioni il comandante provinciale dei carabinieri di Trani, il colonnello Massimiliano Galasso. La palazzina è stata cinturata e sotto la finestra da cui l’uomo lanciava oggetti in strada è stato sistemato un gonfiabile. Per Galasso, “l’intervento è stato da manuale: mi congratulo pubblicamente con i militari che sono intervenuti perché sono stati bravissimi”.

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Servizi segreti e uomini attorno all’auto di Giambruno: nuove ombre e una nuova interrogazione parlamentare

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Il mistero degli uomini attorno all’auto di Giambruno: nuove ombre e una nuova interrogazione parlamentare

Cosa ci facevano, nella notte tra il 30 novembre e il 1 dicembre 2023, due uomini accanto alla Porsche di Andrea Giambruno, ex compagno della presidente del Consiglio Giorgia Meloni? È la domanda che torna con forza dopo un’inchiesta de La Stampa di Torino, che riporta nuovi dettagli e riaccende i riflettori su un caso dai contorni ancora oscuri.

Secondo quanto ricostruito da La Stampa, una pattuglia della polizia di zona nota due uomini che armeggiano vicino all’auto parcheggiata sotto l’abitazione della premier. Alla richiesta di identificarsi, i due rispondono evasivamente, mostrandosi come «colleghi» e mostrando un tesserino. Poi si allontanano. È l’inizio di una vicenda dai risvolti inquietanti: le indagini passano dalla Digos alla Squadra Mobile, entra in scena anche l’antiterrorismo, e le ombre si addensano sui Servizi segreti interni (Aisi).

Una poliziotta riconosce, tra le foto mostrate, due volti che sembrano corrispondere a funzionari dell’intelligence, ma il Dipartimento nega qualsiasi coinvolgimento. Tuttavia, come riporta La Stampa, entrambi i presunti agenti sarebbero stati successivamente trasferiti, uno in Tunisia, l’altro in Iraq, mentre intanto la presidente Meloni chiede un cambio nel dispositivo di sicurezza personale.

Nel giugno 2024, un ricettatore si autoaccusa, dicendo di essere stato lui accanto all’auto. Ma le sue parole risultano contraddittorie e poco credibili, e la poliziotta non lo riconosce. Il fascicolo si avvia verso l’archiviazione per mancanza di reato, ma il secondo uomo resta senza nome.

Renzi presenta nuova interrogazione e annuncia esposto in Procura

Ora la vicenda torna al centro anche della politica. Dopo una prima interrogazione del 13 febbraio, Matteo Renzi e Ivan Scalfarotto, senatori di Italia Viva, annunciano una nuova interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che sarà formalizzata mercoledì, e la presentazione di un esposto in Procura a Roma entro questa settimana.

«Alla luce dell’articolo de La Stampa — si legge in una nota di Italia Viva — intendiamo fare piena luce su quanto accaduto e capire se davvero in quella notte ci fosse un’azione di sorveglianza o di interferenza operata da soggetti riconducibili ai Servizi segreti. Una vicenda che, nonostante l’avvio verso l’archiviazione, presenta ancora elementi poco chiari».

Ombre su Palazzo Chigi: caso chiuso o mistero irrisolto?

Nel frattempo, nei palazzi della politica e nei corridoi dell’intelligence si continua a parlare sottovoce di questa storia, che sfiora i vertici della sicurezza nazionale e lascia dietro di sé una lunga scia di dubbi e coincidenze inquietanti. Che cosa cercavano quei due uomini? Perché nessuno riesce a identificarli chiaramente? E perché il caso è stato chiuso così rapidamente?

Il fascicolo potrebbe essere archiviato, ma la caccia al secondo uomo è ancora aperta. E, con la nuova offensiva parlamentare di Renzi, il caso potrebbe tornare presto al centro del dibattito istituzionale.

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