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Corona Virus

Omicron stravolge il Natale, il Regno Unito alle corde

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La corsa di Omicron stravolge il Natale nel mondo. Mentre la diffusione della nuova variante del Covid-19 continua a crescere, con altri 12 mila casi oggi nel Regno Unito e una presenza ormai dominante tra i nuovi contagi in Irlanda, l’Europa si prepara a feste sempre piu’ blindate, con l’annuncio di un semi-lockdown in Danimarca che si aggiunge a quello piu’ duro in vigore da oggi nei Paesi Bassi. Ma la stretta su viaggi e contatti sociali si impone anche fuori dal Vecchio continente, da New York che ha toccato il record di quasi 22mila contagi a Israele che blinda i suoi cieli, rendendo di fatto impossibile viaggiare verso altri 10 Paesi, tra cui l’Italia. L’epicentro europeo del nuovo ceppo, la cui rapidita’ di diffusione ipotizzata dagli esperti sembra confermarsi con il passare dei giorni, resta il Regno Unito, dove i casi sequenziati sono complessivamente 37.101. “Potrebbe essere troppo tardi per rispondere a Omicron”, ha affermato in un editoriale sul Sunday Telegraph il ministro della Salute britannico Sajid Javid. “La nostra strategia da quando e’ emersa e’ stata e rimane quella di guadagnare tempo, affinche’ i nostri scienziati possano valutare la minaccia e costruire le nostre difese”, ha scritto, spiegando che non e’ possibile escludere misure restrittive anche prima di Natale. Se i nuovi contagi totali sono leggermente scesi – come spesso avviene la domenica – a 82.886, l’aumento rispetto a tre settimane fa, prima dell’individuazione della variante, e’ del 127%. E in Irlanda del Nord la vicepremier Michelle O’Neill ha avvertito che potrebbe colpire il Paese “come una tonnellata di mattoni”, provocando nello scenario peggiore 30mila casi al giorno. A pochi giorni dal Natale accelera cosi’ anche la stretta. La Danimarca, seconda solo al Regno Unito per la diffusione di Omicron in Europa, chiudera’ per un mese teatri, cinema e parchi divertimenti, mentre a bar e ristoranti sara’ imposto un coprifuoco alle 23. E oggi e’ partito il lockdown in Olanda – il piu’ rigido dalla scoperta della variante – dove almeno fino a meta’ gennaio resteranno aperti solo i negozi essenziali, come i supermercati. Nuove restrizioni da domani anche in Svizzera: solo vaccinati e guariti potranno accedere a ristoranti, cinema, centri fitness e musei. In Germania, invece, il governo sembra escludere chiusure immediate, nonostante le raccomandazioni del comitato scientifico . “Non ci sara’ un lockdown prima di Natale. Ma avremo una quinta ondata, perche’ abbiamo oltrepassato un numero critico di infezioni Omicron. Questa ondata non puo’ piu’ essere completamente fermata”, ma puo’ essere combattuta “con i vaccini obbligatori”, ha detto il neoministro della Salute tedesco Karl Lauterbach. In questo scenario crescono anche le limitazioni ai viaggi. La Germania ha imposto una quarantena di due settimane a chi arriva dal Regno Unito, anche se vaccinato, mentre tra martedi’ e mercoledi’ entrera’ in vigore una stretta che impedira’ agli israeliani di recarsi in altri 10 Paesi, tra cui Italia e Usa. E proprio negli Stati Uniti arriva l’allarme del direttore uscente del National Institutes of Health, Francis Collins, secondo cui dopo il picco a New York l’intero Paese rischia un milione di casi al giorno. Insieme alle restrizioni, per contrastare il virus prosegue la corsa ai booster. Per spingere ancora le vaccinazioni, la Commissione europea ha concordato di accelerare la consegna di Pfizer negli Stati membri, con altre 20 milioni di dosi in arrivo nei primi 3 mesi del prossimo anno, oltre alle 195 milioni gia’ programmate. “Tenendo conto del rapido aumento previsto delle infezioni dovuto alla variante Omicron”, spiega Bruxelles, l’immunizzazione “e’ ora piu’ urgente che mai”.

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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