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Nuova bufera su De Angelis, ‘in un post celebrò Himmler’

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Ieri la bufera per il testo antisemita di una sua vecchia canzone, oggi le accuse di celebrare sui social il criminale nazista Heinrich Himmler e le sue SS. Marcello De Angelis, il responsabile della comunicazione istituzionale della Regione Lazio con un passato da militante nell’estrema destra, è di nuovo nei guai. E il Pd parla ormai apertamente di “problema nazionale per la democrazia e la Costituzione antifascista: Meloni non può lavarsene le mani” afferma Sandro Ruotolo della segreteria nazionale. Nè per i dem può più fare finta di niente e lasciarlo al suo posto il governatore, di centrodestra e meloniano, Francesco Rocca. A scatenare le polemiche, stavolta, è un post pubblicato su Instagram lo scorso 21 dicembre. Una foto apparentemente innocua: un bicchiere di vino bianco accanto a un candelabro di terracotta, con un messaggio di auguri: “Meglio accendere una candela… che maledire l’oscurità… Buona fine e buon inizio”.

Il problema è che quel candelabro è il famigerato Julleuchter, il ‘candelabro Yule’ amato da Himmler, braccio destro di Hitler, nell’ambito del recupero delle tradizioni pagane e germaniche. Yule era la festa del solstizio di inverno – che cade appunto il 21 dicembre, data della pubblicazione della foto – con cui i nazisti volevano rimpiazzare il Natale cristiano. Per di più questi manufatti venivano realizzati dai prigionieri di Dachau, e Himmler amava donarli alle sue SS. Un simbolo di orrore, dunque, che alcuni utenti di Instagram, tra cui i vertici del Pd Lazio e l’ex deputato Emanuele Fiano, hanno subito riconosciuto e che è sembrato loro in aperta contraddizione con l’abiura del passato da estremista fatta ieri da De Angelis. Il dirigente della Regione Lazio è anche lo storico frontman e paroliere della band 270bis che in repertorio ha brani come ‘Claretta e Ben’, ‘Bomber nero’ e ‘Settembre nero’ (come i terroristi palestinesi della strage di Monaco), quella in cui gli ebrei sono definiti “razza di mercanti”.

“A rileggere quelle parole provo imbarazzo e orrore. In questi vent’anni ho radicalmente cambiato la visione della vita, dell’umanità e di me stesso” aveva affermato ieri De Angelis, dopo le proteste anche della Comunità ebraica della Capitale. Fiano però, alla luce del post di Instagram di pochi mesi fa, da cui nel pomeriggio sono scomparsi i commenti, non crede al pentimento (“cosa vuol dire che non sei più quello delle canzoni antisemite se poi fai gli auguri il 21 dicembre con il portacandela delle SS?”), così come non ci crede Marta Bonafoni, che oltre a essere coordinatrice della segreteria di Elly Schlein, è anche consigliera regionale del Lazio e quindi ha il problema, per così dire, ‘dentro casa’. E il caso di Marcello De Angelis arriva fino in Israele. “Gli ebrei sono ‘una razza di mercanti’ – il titolo di un articolo uscito questo pomeriggio sull’edizione on line del quotidiano Haaretz – Una canzone antisemita è l’ultimo mal di testa per i governanti di estrema destra italiani”.

“Un funzionario regionale in difficoltà – scrive ancora il giornale con sede a Tel Aviv – si rivela essere l’autore di una ballata rock piena di odio, mentre una serie di gaffe mette in luce l’incapacità del primo ministro italiano Meloni di tenere a freno la nostalgia fascista e l’estremismo nella sua coalizione di governo”. Ai primi di agosto De Angelis era già finito sulle cronache per un post sulla strage di Bologna in cui dichiarava innocenti Mambro, Fioravanti e Ciavardini. In quella occasione Rocca, dopo un confronto col suo dirigente e le sue scuse, decise di lasciarlo al suo posto. “Cos’altro deve succedere – dice oggi Bonafoni – per convincere Rocca a rimuoverlo? E cos’altro serve alla presidente del Consiglio affinché si decida finalmente a prendere posizione?”. Il 1 settembre il caso De Angelis (che avrebbe anche assunto un cognato nello staff della comunicazione) arriverà in Consiglio regionale, dove è prevista una seduta straordinaria. Ma il Pd chiede di fare prima: “Rocca deve tutelare l’istituzione regionale – affermano il segretario regionale Daniele Leodori e il capogruppo Mario Ciarla – e allontanare immediatamente, ora, questo personaggio indegno. Un ulteriore ritardo significherebbe che il presidente condivide le idee del suo capo della comunicazione”.

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Meloni, con morte di Ramelli tutti devono fare i conti

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I cinquant’anni dalla morte di Sergio Ramelli, militante del Fronte della gioventù ucciso a diciotto anni per una aggressione di Avanguardia operaia a Milano, sono l’occasione per invocare una memoria condivisa delle vittime degli anni di piombo. Memoria condivisa “nel tentativo di ricucire una ferita profonda che deve accomunare tutte le vittime innocenti dell’odio e della violenza politica” ha sottolineato la premier Giorgia Meloni in un videomessaggio all’evento ‘Le idee hanno bisogno di coraggio’ a lui dedicato nell’auditorium di Regione Lombardia. La sua vicenda, la sua morte “tanto brutale quanto assurda” che “forse, proprio per questo, divenuta un simbolo per generazioni di militanti di destra di tutta Italia”, è “un pezzo di storia con cui tutti a destra e sinistra devono fare i conti” ha ammonito.

“Ancora oggi, a cinquant’anni dalla morte – ha aggiunto Meloni – c’è una minoranza rumorosa che crede che l’odio, la sopraffazione e la violenza siano strumenti legittimi attraverso cui affermare le proprie idee. Ai ragazzi che oggi hanno l’età in cui Sergio morì, che hanno spalancata davanti a sé la strada della propria vita, che vogliono dedicarla a ciò in cui credono, voglio dire: non fatevi ingannare da falsi profeti e da cattivi maestri”. Anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha parlato del bisogno di una memoria condivisa. E come aveva già fatto ha paragonato Ramelli a Fausto e Iaio, ovvero Fausto Pinelli e Lorenzo Iaio Iannucci, esponenti del centro sociale Leoncavallo uccisi nel 1978. “Sono tra i pochi per i quali ancora non è stata fatta giustizia, non è stato scoperto chi li ha uccisi” ha ricordato.

“Questa memoria condivisa di giovani che hanno perso la vita solo perché credevano in delle idee, non importa se di destra o di sinistra, sia un insegnamento che credo debba restare forte in questa fase storica in cui vedo riaffacciarsi nei fuocherelli che non mi piacciono”. Se la memoria si fa più condivisa, resta comunque uno strascico di polemiche. Sono 38 le città che a Ramelli hanno dedicato una strada, una via o comunque un luogo. Oggi è successo anche a Sesto San Giovanni, un tempo Stalingrado d’Italia, che a Ramelli e Enrico Pedenovi, consigliere provinciale dell’Msi ucciso l’anno dopo, ha dedicato uno slargo. Inaugurazione a cui ha fatto seguito una manifestazione a cui hanno preso parte fra gli altri Anpi, Sinistra Italiana e Pd con l’idea che “è doveroso ricordare ragazzi ammazzati innocenti” ma “non può essere la scusa per riscrivere la storia e riabilitare valori neofascisti”.

Una critica alle manifestazioni con il ‘presente’ e il saluto romano (domani è in programma il tradizionale corteo per Ramelli, Pedenovi e Carlo Borsani che si conclude proprio con il ‘presente’ davanti al murale di Ramelli) è arrivata dalla ministra del Turismo Daniela Santanchè: “non appartengono a Fratelli d’Italia, non è certo il nostro elemento distintivo, niente di tutto questo può essere riconducibile a noi” ha detto aggiungendo che “sbagliano e non aiutano a pacificare”. Domani la cerimonia ufficiale per Ramelli sarà comunque ai giardini a lui dedicati in un appuntamento a cui parteciperà come sempre il sindaco di Milano Giuseppe Sala. Non però, come vorrebbe La Russa, con la fascia tricolore.

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Mercoledì Consiglio dei ministri, si pensa a un decreto su post alluvione e Campi Flegrei

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Potrebbe approdare mercoledì in Consiglio dei ministri un decreto con ulteriori disposizioni urgenti per affrontare gli straordinari eventi alluvionali verificatisi nei territori di Emilia Romagna, Toscana e Marche, nonché gli effetti del fenomeno bradisismico nell’area dei Campi Flegrei. Il provvedimento, a quanto si apprende, è all’ordine del giorno della riunione tecnica preparatoria convocata per domani. Il governatore dell’Emilia Romagna, Michele de Pascale, in questi giorni ha scritto alla premier Giorgia Meloni, al ministro per la Protezione civile, Nello Musumeci, e al capo Dipartimento della Protezione civile, Fabio Ciciliano (nella foto in evidenza), per chiedere la proroga di un anno dello stato di emergenza nazionale, in scadenza il 4 maggio, per le ondate di maltempo di settembre e ottobre 2024.

In esame anche un disegno di legge in materia di tutela del personale scolastico, e l’esame preliminare di due schemi di decreto del presidente della Repubblica, uno con modifiche in materia di valutazione degli studenti del secondo ciclo di istruzione, e l’altro che modifica e integra lo Statuto delle studentesse e degli studenti della scuola secondaria. All’ordine del giorno, poi, un altro disegno di legge proposto dal ministero dell’Istruzione, in materia di consenso informato. In esame preliminare, inoltre, un decreto legislativo sulle politiche in favore degli anziani, in attuazione della delega. All’ordine del giorno c’è anche un disegno di legge di ratifica dell’accordo sulle misure di solidarietà volte a garantire la sicurezza approvvigionamento di gas tra Germania, Svizzera e Italia, fatto a Berlino il 19 marzo 2024.

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San Giacomo Vercellese, nove liste per meno di trecento abitanti: un paradosso vergognoso

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San Giacomo Vercellese, minuscolo paese piemontese incastonato tra le risaie della provincia di Vercelli, finirà suo malgrado sotto i riflettori nazionali. Il motivo? Alle prossime elezioni del 25 e 26 maggio, si presenteranno addirittura nove liste per scegliere il nuovo sindaco, nonostante i residenti siano meno di trecento.

Un numero che sfida ogni logica democratica e che solleva più di una perplessità sulla serietà e sulla trasparenza del voto in piccoli centri come questo.

Dopo la scomparsa del sindaco Massimo Camandona, morto a febbraio e ricordato come un amministratore radicato nel territorio, si sarebbero potute immaginare elezioni sobrie, nel rispetto della comunità. Invece, alla fine della fase di presentazione delle liste, si sono contati candidati provenienti da Napoli, Roma, Siracusa e Salerno.

Solo due liste fanno riferimento ad esponenti locali, già attivi nell’attuale Consiglio comunale. Tutte le altre sette sono spuntate in extremis, registrate da persone senza alcun legame con il territorio.

La presenza di un numero così spropositato di liste in un comune minuscolo non è un segnale di vitalità democratica, ma l’ennesima prova di come meccanismi elettorali poco vigilati possano essere strumentalizzati.

Dietro queste candidature improvvisate spesso si celano interessi diversi: tentativi di ottenere visibilità, raccolta firme utile per future candidature, o peggio, accesso a rimborsi elettorali.

È un fenomeno che mortifica i cittadini di San Giacomo Vercellese, riducendo la politica a un teatrino grottesco e offendendo chi, invece, si batte quotidianamente per rappresentare davvero il proprio territorio.

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