Un metodo innovativo che aumenta la precisione degli interventi chirurgici per i tumori cerebrali: lo ha sperimentato l’IRCCS Neuromed di Pozzilli, si tratta di un nuovo test capace di fornire informazioni più accurate per la pianificazione preoperatoria di interventi che coinvolgono le aree motorie del cervello
La pianificazione dell’intervento chirurgico è un momento fondamentale nel trattamento dei tumori cerebrali. L’ asportazione della neoplasia deve essere estremamente precisa, in modo da non danneggiare i tessuti nervosi sani che si trovano nelle immediate vicinanze. La Neurochirurgia del’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) ha recentemente sperimentato un nuovo metodo che, utilizzando la risonanza magnetica funzionale (fMRI), permette di avere una definizione più accurata delle aree cerebrali cosiddette “eloquenti” implicate in funzioni essenziali, che debbono essere mantenute intatte.
La risonanza magnetica funzionale permette di vedere il cervello “al lavoro”: il paziente esegue specifici compiti mentre si svolge l’esame fMRI, consentendo la visualizzazione delle aree cerebrali che si stanno attivando. Viene così realizzata una mappa delle zone del cervello che dirigono funzioni importanti, che il neurochirurgo dovrà evitare di danneggiare durante l’intervento. “Quando la zona interessata dal tumore – dice il dottor Marco Ciavarro, neuropsicologo, primo autore del lavoro scientifico – corrisponde a quella responsabile dei movimenti della mano, uno dei test più usati è il “finger tapping” (FTT, ndr): al paziente viene chiesto di muovere ripetutamente le dita della mano in modo che ogni dito tocchi il pollice. Questo esame, però, ha dei limiti, come la ripetitività e l’attivazione di altre aree non interessate specificamente nel comandare il movimento, come quelle sensoriali. Le immagini della risonanza possono così diventare meno accurate”.
Per superare questi problemi, i clinici Neuromed hanno sperimentato un nuovo tipo di test, nel quale il paziente muove ancora le dita della mano, ma senza farle toccare tra loro e senza ripetere uno schema preciso. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Frontiers in Neurology. “Anziché far compiere i movimenti ripetitivi toccando i polpastrelli – spiega Ciavarro – il paziente indossa speciali occhiali, disegnati appositamente per l’utilizzo nelle risonanze magnetiche, che gli mostrano indicazioni visive su quale dito debba essere mosso in un determinato momento”.
Questo test, chiamato Visual-triggered Finger Movement (VFMT) è stato messo a confronto con quello tradizionale su venti pazienti in attesa di intervento chirurgico. “Abbiamo riscontrato – dice il professor Vincenzo Esposito, Responsabile dell’Unità di Neurochirurgia 2 del Neuromed – che il nuovo test attiva le aree cerebrali interessate in modo più selettivo del FFT. Questo significa avere immagini più accurate dalla risonanza; la pianificazione risulta più precisa, con migliori possibilità di evitare al paziente conseguenze sulla motilità degli arti, che potrebbero influire negativamente sulla propria qualità di vita”.
Ciavarro, M., Grande, E., Pavone, L., Bevacqua, G., De Angelis, M., Di Russo, P., … & Esposito, V. (2021). Presurgical fMRI localization of the hand motor cortex in brain tumors: comparison between Finger Tapping Task and a new Visual-triggered Finger Movement Task. Frontiers in Neurology, 12, 522. https://www.frontiersin.org/articles/10.3389/fneur.2021.658025
L’IRCCS Neuromed L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed di Pozzilli (IS) rappresenta un punto di riferimento a livello italiano ed internazionale per la ricerca e la terapia nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso. Un centro in cui i medici, i ricercatori, il personale e gli stessi pazienti formano una alleanza rivolta a garantire il miglior livello di assistenza possibile e cure all’avanguardia, guidate dagli sviluppi scientifici più avanzati.
Con un investimento da circa 10 milioni di euro, la Clinica Mediterranea di Napoli entra in una nuova era: completamente rinnovati il complesso operatorio con tre blocchi più uno dedicato all’Ostetricia, affiancati da una nuova TAC, un robot chirurgico di ultima generazione, tre angiografi cardiovascolari e un quarto polispecialistico con sale cardiochirurgiche.
Un nuovo corso manageriale con Marco Patriciello
A guidare il cambiamento è Marco Patriciello, 40 anni, economista con master alla Bocconi, alla guida del gruppo familiare che ha già rilanciato numerose strutture in Campania: dalla Malzoni di Avellino all’Ippocratica di Salerno, passando per Ottaviano, Agropoli, Caserta e Napoli. Realtà sanitarie risanate e rilanciate con investimenti e tecnologia.
Ospedale di eccellenze e figure di riferimento
Alla Mediterranea operano grandi nomi della sanità partenopea: Franco Corcione (Chirurgia), Vincenzo Mirone(Urologia), Giuseppe Santoro (Ortopedia), Felicetto Ferrara (Ematologia), Vincenzo Orfeo (Oculistica), Domenico Taranto (Gastroenterologia), Raffaele Scarpa (Reumatologia), Agostino Menditto (Ostetricia). Quest’ultimo guida un reparto totalmente rinnovato, con oltre mille parti l’anno e un tasso di cesarei inferiore al 25%, tra i più bassi in provincia.
Crescono Radiologia e cardiochirurgia
Da gennaio, la Radiologia è diretta da Luigia Romano, ex Cardarelli, mentre la direzione sanitaria è affidata da tempo a Franco Paradiso, figura storica del Cardarelli. In ambito cardiovascolare, la struttura può contare su Daniele Masselli(Cardiochirurgia), Carlo Briguori (Emodinamica), Giuseppe Stabile (Elettrofisiologia) e Sergio Forgiuele (Chirurgia vascolare).
Rete infarto: esclusione sospesa ma ridotta l’attività
Dal 2017 la Mediterranea era nella rete tempo-dipendente per l’infarto, ma nel 2023 è stata esclusa nel riordino regionale. Il Tar ha sospeso il provvedimento, ma le nuove condizioni (accesso solo tramite 118) hanno reso la continuità impraticabile. La struttura, accreditata con il SSN, mantiene anche attività intramoenia privata.
Un polo sanitario per tutta Napoli
Con un budget annuale di circa 36 milioni di euro — ridotto di 5 milioni rispetto alla dotazione storica — la Mediterranea resta un punto di riferimento per Napoli. «Contiamo di potenziare tutti i servizi», afferma Marco Patriciello, «e di continuare a offrire una struttura moderna e d’eccellenza per visite e ricoveri».
Dopo settimane di tensioni seguite all’attentato in Kashmir del 22 aprile scorso, lo scontro tra India e Pakistan si fa aperto. L’esercito indiano ha avviato un’operazione contro obiettivi definiti terroristici con lancio di missili che hanno colpito il territorio pakistano del Punjab e infrastrutture nel Kashmir controllato dal Pakistan. Islamabad riferisce di avere abbattuto almeno cinque jet indiani e il portavoce dell’esercito pakistano, il tenente generale Ahmed Chaudhry, parla di otto civili uccisi, tra cui una bambina di tre anni, in 24 raid indiani in sei localita’ del Pakistan.
L’attacco indiano e’ un “atto di guerra al quale reagiremo in maniera forte”, ha fatto sapere il portavoce pakistano. Secondo l’esercito di Nuova Delhi tre civili indiani sono stati uccisi dai raid pakistani. La comunita’ internazionale e’ in allarme per un altro fronte di guerra che potrebbe aprirsi tra due potenze nucleari: gli Stati Uniti chiedono una ricomposizione della crisi, il Segretario di Stato Marco Rubio ha parlato con i consiglieri per la sicurezza nazionale dell’India e del Pakistan. Ha esortato entrambi a mantenere aperte le linee di comunicazione ed evitare l’escalation”. L’Iran si propone come mediatore: il ministro degli Esteri di Teheran, dopo una visita a Islamabad ieri sara’ in giornata a Nuova Delhi. “Il mondo non puo’ permettersi una guerra tra Inia e Pakistan”, dice il portavoce del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres.
Le tensioni tra India e Pakistan, da sempre presenti, sono aumentate dopo il massacro di 25 turisti indiani e un cittadino nepalese avvenuto nella contesa regione himalayana del Kashmir il 22 aprile scorso. Un gruppo militante islamico sconosciuto, che si autodefinisce Fronte della Resistenza, ha rivendicato la responsabilita’ dell’attacco. L’India ha immediatamente accusato il Pakistan di fiancheggiare i terroristi senza fornire pubblicamente alcuna prova. Il Pakistan ha negato qualsiasi coinvolgimento ma le accuse reciproche tra Delhi e Islamabad sono andate avanti per giorni, con l’India che ha messo in atto una serie di misure punitive declassando i rapporti diplomatici, sospendendo un trattato fondamentale sulla condivisione delle acque e revocando tutti i visti rilasciati ai cittadini pakistani.
Per rappresaglia, il Pakistan ha chiuso il suo spazio aereo a tutte le compagnie aeree di proprieta’ indiana o gestite da indiani e ha sospeso tutti gli scambi commerciali con l’India, compresi quelli da e verso qualsiasi paese terzo. La regione del Kashmir e’ contesa dai due Paesi fin dalla sua istituzione nel 1947. Entrambe la rivendicano interamente, ma ciascuna controlla una porzione del territorio, separata da uno dei confini piu’ militarizzati al mondo: la cosiddetta “linea di controllo”, basata su un confine di cessate il fuoco stabilito dopo la guerra del 1947-48. La Cina controlla un’altra parte a est. L’India e il Pakistan sono entrati in guerra altre due volte per il Kashmir, l’ultima delle quali nel 1999.
La disputa ha origine dalla divisione dell’India coloniale nel 1947, quando piccoli “stati principeschi” semi-autonomi del subcontinente vennero annessi all’India o al Pakistan e il sovrano locale scelse di diventare parte dell’India nonostante la zona fosse a maggioranza musulmana. Gli insorti armati in Kashmir resistono a Delhi da decenni, con molti musulmani del Kashmir che sostengono l’obiettivo dei ribelli di unificare il territorio sotto il controllo pakistano o come stato indipendente.
L’India accusa il Pakistan di sostenere i militanti, un’accusa che il Pakistan nega. Nel 2019 il governo di Narendra Modi ha avviato una dura repressione della sicurezza nel Kashmir amministrato dall’India e ha revocato lo status speciale della regione, che le garantiva un’autonomia limitata dal 1949. L’iniziativa ha rispettato una promessa nazionalista indu’ di lunga data ed e’ stata accolta con favore in tutta l’India ma ha suscitato l’ira di molti nel territorio stesso. In un contesto di diffusa repressione, la violenza degli insorti si e’ attenuata e i turisti sono tornati nella regione. Fino all’attentato del 22 aprile che ha riacceso il conflitto tra le due potenze nucleari.
“Tutto il cielo di Sanaa è fumo, un’atmosfera di panico e paura”, ha scritto sui social un anonimo abitante della capitale yemenita dopo l’attacco dei caccia israeliani che ha distrutto l’aeroporto internazionale da anni in mano al gruppo filoiraniano degli Houthi. Oltre agli aerei civili che erano sulle piste dello scalo. Il secondo raid in 24 ore, in risposta al missile lanciato domenica sull’aeroporto di Tel Aviv, che ha beffato la difesa colpendo vicino al terminal principale dello scalo. Subito dopo, le minacce di rappresaglie reciproche tra Houthi e Israele, poi il colpo di scena. Il presidente Donald Trump ha annunciato dallo Studio Ovale che gli Stati Uniti porranno immediatamente fine ai bombardamenti contro gli ex ribelli che oggi governano buona parte dello Yemen poiché hanno informato l’amministrazione di “non voler più combattere”.
“Gli Houthi hanno capitolato”, ha reso noto il Commander in chief. “Ci fideremo della loro parola. Dicono che non colpiranno più le navi nel Mar Rosso: e questo era lo scopo del nostro lavoro”, ha aggiunto. Subito dopo, è arrivata la conferma di un accordo di cessate il fuoco tra Washington e gli yemeniti dall’Oman, tradizionale mediatore in Medio Oriente e che anche in questo caso ha tenuto i contatti con le due parti. Non c’è una tregua all’orizzonte invece tra Houthi e Israele. Un alto funzionario delle milizie ha assicurato che “le operazioni contro Israele a sostegno di Gaza continueranno”. Nelle ore precedenti decine di aerei da combattimento dello Stato ebraico hanno sganciato sull’aeroporto di Sanaa 50 bombe, mettendolo fuori uso in un quarto d’ora, ha fatto sapere l’Idf. Secondo fonti yemenite, sono stati attaccati almeno tre centrali elettriche, una scuola di aviazione e una fabbrica che produce elementi utili per assemblare missili.
L’operazione israeliana chiamata “Città delle formiche” mirava a rendere inutilizzabili gli hub dove approdano le armi inviate dai pasdaran. Il ministro della Difesa Israel Katz, in una nota congiunta con il premier Benyamin Netanyahu, ha puntato il dito verso la guida suprema della repubblica islamica, Ali Khamenei: “Questo è un messaggio di avvertimento al capo della piovra iraniana. Siete direttamente responsabili di ogni attacco degli Houthi contro lo Stato di Israele e pagherete interamente le conseguenze”, ha avvertito. Mentre l’annuncio di Trump sullo stop ai bombardamenti in Yemen ha provocato sconcerto tra i funzionari dello Stato ebraico. Per quanto riguarda Gaza, Gerusalemme ha affermato di non sapere nulla di una indiscrezione di fonte egiziana secondo cui il Cairo ha accettato la proposta americana di un cessate il fuoco nella Striscia prima della visita di Trump in Medio Oriente che comprende l’apertura di corridoi umanitari verso Gaza e il rilascio di un numero limitato di ostaggi, tra cui l’israelo-americano Idan Alexander.
Il governo israeliano sta riponendo nel frattempo grandi speranze sul viaggio del presidente Usa a Doha: l’auspicio è che convinca i qatarioti a fare pressing su Mohammed Sinwar, attuale leader militare di Hamas, affinché ammorbidisca le posizioni sui rapiti e accetti di disarmare. E proprio il presidente statunitense ha annunciato che prima di partire per l’Arabia Saudita il 13 maggio farà “un grande annuncio, e sarà molto positivo”. Secondo la tv saudita al Arabiya ”la comunicazione sarà sull’invio di aiuti a Gaza” che gli Usa sarebbero pronti a inviare con una iniziativa unilaterale. Intanto sul terreno le ruspe militari dell’Idf hanno di fatto dato il via all’operazione Carri di Gedeone, iniziando gli sbancamenti di terra nel sud-ovest della Striscia per allestire centri logistici dove verrà evacuata la popolazione del nord e del centro di Gaza.
Non si tratta di un’area continua, bensì di vaste zone intorno a Rafah, praticamente deserte e con la maggior parte degli edifici rasi al suolo. Un’azienda Usa distribuirà aiuti alimentari, medicinali e servizi igienico-sanitari. Le consegne passeranno attraverso il valico di Kerem Shalom, ispezionate e scortate dall’Idf. La società americana, che attualmente gestisce l’ispezione dei civili verso il settentrione dell’enclave, provvederà alla distribuzione. L’esercito, insieme con lo Shin Bet, impedirà ai terroristi di Hamas e della Jihad islamica palestinese di fuggire dalle future zone di combattimento della fase tre del piano, di usare la popolazione civile come scudo umano e rubare per sé e rivendere gli aiuti umanitari.