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Neuromed all’Expo di Dubai per parlare di dieta mediterranea con il progetto Moli-sani

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La Dieta Mediterranea all’Expo 2020 di Dubai con il progetto Moli-sani dell’IRCCS Neuromed insieme agli altri grandi studi europei: un convegno per fare il punto su uno stile alimentare tra i più salutari al mondo,
un modello che può essere proposto su scala planetaria.

La Dieta mediterranea continua ad accumulare evidenze scientifiche che sottolineano il suo alto valore in termini di prevenzione delle patologie croniche e degenerative. È venuto il momento di fare il punto sulla situazione nei Paesi mediterranei, sui risultati ottenuti dai grandi studi di popolazione, ma anche sul pericolo che questo stile alimentare possa gradualmente scomparire. Difendere la dieta mediterranea lì dove è nata, quindi, ma con una nuova domanda: è possibile proporre il modello alimentare mediterraneo anche ai Paesi che non hanno questa tradizione?

Sono questi i temi al centro del meeting “Analizzare il segreto della longevità nelle popolazioni mediterranee”, che si svolgerà sabato 16 ottobre a Dubai nell’ambito di Expo 2020. Organizzato dal Cluster Tecnologico Nazionale Scienze della Vita ALISEI, dall’I.R.C.C.S. Neuromed di Pozzilli (IS) e dall’azienda La Molisana, il meeting vede la partecipazione, sia in presenza che on line, di elementi di primissimo piano nell’ambito delle ricerche sulla Dieta mediterranea. Con la moderazione di Enzo Grossi, Scientific advisor di ALISEI e Marco Patriciello, Presidente di Pro.Med, Neuromed Holding, i ricercatori Neuromed Licia Iacoviello, Marialaura Bonaccio e Maria Benedetta Donati presenteranno le indicazioni derivate dal Progetto Moli-sani e le prospettive che ne derivano. Ramon Estruch, professore nell’Università di Barcellona e Direttore Scientifico della Fondazione per la Dieta Mediterranea, esporrà i risultati di PREDIMED, il primo “trial” di intervento effettuato sul modello alimentare mediterraneo. Ci sarà spazio, naturalmente, anche per la visione dell’industria, con l’intervento di Rossella Ferro, Direttore marketing de La Molisana, incentrato sull’importanza della qualità dei prodotti legati alla Dieta mediterranea.
A chiedersi, infine, se sia giunto il momento di “esportare” il modello alimentare mediterraneo nel mondo, magari fondendolo con altre tradizioni alimentari in un arricchimento reciproco, sarà Antonia Trichopoulou, Presidente della Fondazione Ellenica per la salute.

“Neuromed – dice Marco Patriciello, Presidente di Pro.med. holding dell’Istituto Neuromed – è orgogliosa di dare il suo contributo alla ricerca scientifica internazionale, tenendo sempre ben presente il territorio in cui questo Istituto vive. È in Molise che nasce il Progetto Moli-sani, facendo di una intera regione un grande laboratorio scientifico. Per questo siamo sempre pronti a sostenere la ricerca del territorio molisano, e non solo, all’insegna della salute e della qualità della vita”.

“Parlare di dieta mediterranea al Padiglione Italia, il paese che ne è stato la culla, è di grande importanza non solo per i paesi mediterranei, ma a livello globale – sostiene Enzo Grossi, Scientific advisor di ALISEI – Attraverso questa iniziativa del Cluster, vogliamo sensibilizzare i partecipanti sul tema e rendere possibile la trasferibilità della dieta mediterranea tradizionale alle popolazioni non mediterranee, anche sfatando e affrontando i falsi miti che si sono creati e diffusi nel tempo. È questo il focus di questo workshop che siamo lieti di aver promosso, e che si avvarrà del contributo dei massimi esponenti scientifici mondiali.”

“Nel corso degli anni – dice Licia Iacoviello, Direttore del Dipartimento di epidemiologia e prevenzione del Neuromed e Ordinario di Igiene e Salute pubblica all’Università dell’Insubria di Varese – i benefici per la salute della dieta mediterranea sono stati supportati da numerosi studi epidemiologici condotti in ogni parte del mondo, e più recentemente confermati dallo studio Moli-sani, uno dei più importanti studi di popolazione mai realizzati nel nostro Paese e divenuto col tempo un punto di riferimento per l’epidemiologia mondiale. Trasmettere il patrimonio mediterraneo alle generazioni future significa, oggi, tornare alle sue radici ripercorrendo la complessità di questo stile di vita che non è solo un modello salutare per sconfiggere le malattie croniche e migliorare la sopravvivenza: è uno stile complessivo di vita, un vero patrimonio culturale”.

Expo Dubai 2020

Lo studio Moli-sani
Partito nel marzo 2005, ha coinvolto circa 25.000 cittadini, residenti in Molise, per conoscere i fattori ambientali e genetici alla base delle malattie cardiovascolari e dei tumori. Lo studio Moli-sani, oggi basato presso l’IRCCS Neuromed, ha trasformato un’intera Regione italiana in un grande laboratorio scientifico.

L’IRCCS Neuromed
L’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) Neuromed di Pozzilli (IS) rappresenta un punto di riferimento a livello italiano ed internazionale per la ricerca e la terapia nel campo delle malattie che colpiscono il sistema nervoso. Un centro in cui i medici, i ricercatori, il personale e gli stessi pazienti formano una alleanza rivolta a garantire il miglior livello di assistenza possibile e cure all’avanguardia, guidate dagli sviluppi scientifici più avanzati.

La Molisana S.p.A.
Da 110 anni La Molisana considera la produzione di pasta di alta Qualità, la sua mission. Grazie al presidio dell’intera filiera, dal chicco di grano alla tavola, alle competenze tramandate da 4 generazioni e ai rilevanti investimenti in nuove tecnologie, La Molisana è in grado di offrire al mercato una pasta nutriente e ricca di proteine. “Consapevole del ruolo-chiave della pasta all’interno della Dieta Mediterranea, La Molisana si impegna ogni giorno a trasmettere sane abitudini alimentari e cultura della Qualità nelle scuole per educare i futuri consumatori a compiere scelte di acquisto consapevoli”. – Dir. Marketing Rossella Ferro

 

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Esteri

Tragedia al festival Lapu Lapu a Vancouver: suv travolge la folla, morti e feriti

Durante il festival filippino Lapu Lapu a Vancouver, un suv ha investito la folla causando diversi morti e feriti. Arrestato il conducente. La città è sconvolta.

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Diverse persone sono morte e molte altre sono rimaste ferite durante il festival del “Giorno di Lapu Lapu” a Vancouver, nell’ovest del Canada, quando un suv ha investito la folla. La polizia locale ha confermato che il conducente è stato arrestato subito dopo l’incidente, avvenuto intorno alle 20 ora locale (le 5 del mattino in Italia).

Il cordoglio della città e della comunità filippina

La tragedia ha sconvolto l’intera città e, in particolare, la comunità filippina di Vancouver, che ogni anno organizza il festival in onore di Lapu Lapu, eroe della resistenza contro la colonizzazione spagnola nel XVI secolo. Il sindaco Ken Sim ha espresso il proprio dolore: «I nostri pensieri sono con tutte le persone colpite e con la comunità filippina di Vancouver in questo momento incredibilmente difficile», ha scritto su X.

Le drammatiche immagini dell’incidente

Secondo quanto riferito dalla polizia e riportato dalla Canadian Press, il suv ha travolto la folla all’incrocio tra East 41st Avenue e Fraser Street, nel quartiere di South Vancouver. I video e le immagini diffusi sui social mostrano scene drammatiche: corpi a terra, detriti lungo la strada e un suv nero gravemente danneggiato nella parte anteriore. Testimoni parlano di almeno sette persone rimaste immobili sull’asfalto.

Il dolore delle autorità

Anche il premier della Columbia Britannica, David Eby, ha commentato la tragedia: «Sono scioccato e con il cuore spezzato nell’apprendere delle vite perse e dei feriti al festival». La comunità è ora unita nel cordoglio, mentre proseguono le indagini per chiarire le cause dell’accaduto.

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Cronache

Verso Conclave tra suffragio e diplomazia, domani la data

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Secondo il testo liturgico che definisce le regole e le modalità di cosa avviene dopo la morte di un Papa – l’Ordo Exsequiarum Romani Pontificis -, il Conclave inizia tra il 15/o e il 20/o giorno dal decesso, quindi tra il 5 e il 10 maggio prossimi. Oppure tra il 6 e l’11 maggio se si conta dal giorno successivo alla morte. Anche questo ‘busillis’ sarà risolto domattina, quando la quinta congregazione generale dei cardinali stabilirà la data definitiva. Il calendario della settimana prevede congregazioni la mattina alle 9.00 e, nel pomeriggio alle 17.00, le messe dei ‘novendiali’ nella Basilica vaticana: il ciclo dei nove giorni di suffragio, iniziato ieri con la messa esequiale presieduta in Piazza San Pietro dal cardinale decano Giovanni Battista Re, si esaurirà domenica 4 maggio.

Dopo di che il possibile ingresso in Sistina e l'”extra omnes” che apre il Conclave. I 135 ‘elettori’ (134 considerando il forfait per motivi di salute del cardinale di Valencia Antonio Canizares Llovera) stanno convergendo a Roma. Molti si conosceranno direttamente nelle congregazioni, dove, in tema di strategie che porteranno all’elezione del nuovo Papa, conterà molto anche il peso di non-elettori, cioè i cardinali ‘over-80’, che mantengono la loro capacità di influenza e di orientare consensi. Una sorta di ‘grandi elettori’, insomma, anche se poi nel chiuso della Sistina ognuno risponde a sé stesso e, secondo quello che è il metro cattolico, allo Spirito Santo. Tra questi ‘grandi vecchi’ c’è sicuramente il 91/enne decano Re, mentre non si sa tra gli italiani quanto potranno esercitare un ruolo di indirizzo ex presidenti Cei come Camillo Ruini e Angelo Bagnasco.

Fra gli stranieri con capacità di spostare voti, e non presenti in Conclave, ci sono il cardinale di Boston Sean Patrick O’Malley, il più attivo promotore della lotta agli abusi sessuali, quello di Vienna Christoph Schoenborn, fine teologo ex allievo di Joseph Ratzinger e fiduciario di papa Bergoglio in ruoli-guida di vari Sinodi come quelli sulla famiglia, o l’ex prefetto dei vescovi, il canadese Marc Ouellet, influente anche in America Latina, da ex presidente della Pontificia Commissione competente. Intanto oggi, la scena tra i ‘papabili’ è stata tutta per Pietro Parolin, già segretario di Stato, che ha presieduto in Piazza San Pietro la seconda messa dei ‘novendiali’, davanti ai 200 mila partecipanti al Giubileo degli adolescenti.

Da stretto collaboratore di papa Bergoglio, la sobrietà, il piglio sicuro ma anche affabile e umano con cui ha portato avanti la celebrazione ha ricordato quelli dell’allora prefetto per la Dottrina della fede e decano del Collegio cardinalizio Joseph Ratzinger nell’officiare venti anni fa i funerali di Giovanni Paolo II, uscendone come l’unico vero candidato alla successione. Nella messa di oggi, in cui ha assimilato la tristezza, il turbamento e lo smarrimento per la morte di Francesco a quelli degli “apostoli addolorati per la morte di Gesù”, Parolin è come se avesse esposto sinteticamente una sorta di suo ‘programma’, sulla scia del grande pontificato appena concluso. Ha spiegato che l'”eredità” del Pontefice “dobbiamo accoglierla e farla diventare vita vissuta, aprendoci alla misericordia di Dio e diventando anche noi misericordiosi gli uni verso gli altri”.

“Solo la misericordia guarisce e crea un mondo nuovo, spegnendo i fuochi della diffidenza, dell’odio e della violenza: questo è il grande insegnamento di Papa Francesco”, ha sottolineato, a proposito di un Pontefice che alla misericordia dedicò anche un Anno Santo straordinario. Papa Francesco “ci ha ricordato che non può esserci pace senza il riconoscimento dell’altro, senza l’attenzione a chi è più debole e, soprattutto, non può esserci mai la pace se non impariamo a perdonarci reciprocamente, usando tra di noi la stessa misericordia che Dio ha verso la nostra vita”. Una misericordia che è guida anche nell’azione diplomatica della Santa Sede, come si è visto ancora ieri nell’incontro in Basilica tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky, in una foto che ha fatto il giro del mondo ed è rimasta l’emblema della giornata: non pochi l’hanno definita “l’ultimo miracolo di papa Francesco”.

Zelensky ieri ha anche incontrato proprio Parolin, capo della diplomazia d’Otretevere, ringraziando poi su X “per il sostegno al diritto dell’Ucraina all’autodifesa e al principio secondo cui le condizioni di pace non possono essere imposte al Paese vittima”. E oggi, per l’incontro in Basilica, l’ambasciatore ucraino Andrii Yurash ha riconosciuto con l’ANSA “il grande sostegno della Santa Sede”.

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Esteri

I primi 100 giorni di Trump, già lavora a ‘nuovi siluri’

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Il traguardo dei primi 100 giorni è ormai alla porte. Al 29 aprile mancano solo pochi giorni: Donald Trump si regalerà un comizio stile elettorale per spegnere le candeline e fare il bilancio dei suoi ‘successi’. Finora però il presidente non sembra essere riuscito a convincere l’opinione pubblica, come testimoniano i sondaggi che lo indicano come il meno amato della storia. Rilevazioni che non lo scuotono, tanto che, come rivelano alcuni funzionari a Reuters on line, sta già lavorando a “nuovi siluri” dei prossimi 100 giorni. Guardando avanti il presidente intende concentrarsi più attivamente sui colloqui di pace e sulle trattative per gli accordi sui dazi in vista di luglio, quando scadranno i 90 giorni di pausa concessi sulle tariffe reciproche.

La posta in gioco è alta: l’entrata in vigore dei dazi annunciato il 2 aprile, il ‘giorno della liberazione’, rischia di avere un impatto economico devastante per gli Stati Uniti, come Wall Street ha cercato a suon di cali consistenti di far capire al tycoon. I negoziati con l’Unione Europa appaiono in salita e quelli con la Cina devono, almeno formalmente, ancora iniziare, lasciando intravedere mesi di febbrili manovre per rimuovere l’incertezza e le nubi di recessione che si stanno addensando sull’economia. Al dossier commerciale si aggiunge quello dei colloqui di pace per l’Ucraina e per Gaza.

Mentre le trattative con l’Iran sul nucleare sembrano progredire, sulle tensioni fra Israele e Gaza la situazione appare in stallo, con i contatti fra Washington e Teheran che rischiano di rappresentare un ostacolo con il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Gli sforzi della Casa Bianca sono concentrati in queste settimane sull’Ucraina anche se al momento la pace resta ancora lontana. Trump aveva promesso durante la campagna elettorale di risolvere la guerra 24 ore, per poi essere costretto a identificare in sei mesi un arco temporale “realistico”.

L’incontro fra il presidente e Volodymyr Zelensky a San Pietro, a margine del funerale di papa Francesco, lascia ben sperare ma i prossimi giorni saranno cruciali, come ha detto il segretario di stato Marco Rubio, per “determinare se tutte e due le parti vogliono la pace”. Trump agli americani presenta come promessa mantenuta nei primi 100 giorni quella di aver domato l’emergenza migranti. Gli arrivi al confine con il Messico sono crollati e le deportazioni di migranti senza documenti sono in aumento, anche se l’obiettivo di un milione di espulsioni in un anno appare irraggiungibile. I successi sull’immigrazione sono stati ottenuti non senza polemiche: le deportazioni sono state infatti accompagnate da una lunga serie di azioni legali, le ultime in ordine temporale riguardanti tre cittadini americani minorenni inviati in Honduras insieme alle loro madri. Il presidente rivendica come successo anche il Dipartimento per l’Efficienza del Governo di Elon Musk.

Il Doge continua alacremente a lavorare per ridurre i costi del governo, anche se gli iniziali ‘risparmi’ sono stati mangiati dai costi per i migliaia di licenziamenti effettuati. In vista dell’uscita di Musk dal governo, l’amministrazione Trump si sta muovendo per rafforzare il controllo sulle assunzioni privilegiando chi è “fedele alla legge e alle politiche del presidente”. Anche il Doge, di cui Trump è orgoglioso, si è attirato decine di cause per i suoi tagli ritenuti indiscriminati. Fra la stretta sui migranti ritenuta eccessiva e l’azione di Musk, oltre che per i timori di una recessione causata dai dazi, il presidente è in forte calo nei sondaggi.

Per l’Associated Press, quattro americani su 10 lo ritengono un presidente “terribile”. Per il Washington Post e Cnn il suo tasso di approvazione è il più basso della storia per i primi giorni di una presidenza (rispettivamente al 39% e al 41%). Valutazioni che non sembrano preoccupare Trump: in un Casa Bianca ben più stabile rispetto al caos del primo mandato – fatta eccezione per il caso Pete Hegseth – il presidente tira dritto e guarda avanti, sognando forse anche un terzo mandato nel 2028 come indicato anche dai cappellini in vendita sul suo sito.

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