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Politica

Nel Pd cresce il pressing su Letta, ex premier riflette se diventare segretario-traghettatore

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Nel Pd cresce il pressing su Enrico Letta. Il suo nome piace alla maggioranza dem. La minoranza, quella degli ex renziani, non e’ entusiasta ma, visti i numeri in assemblea, non sembra intenzionata ad andare alla guerra, anche se frena ribadendo la richiesta di un congresso. Per il momento, Letta osserva. Non ha ancora deciso. E’ preoccupato per la crisi del partito che ha contribuito a fondare, ma a chi gli sta vicino fa anche intendere che piu’ emergono le divisioni, piu’ si rende conto di quanto gli dia soddisfazione l’incarico all’Istituto di studi politici di Parigi. A suggerire ai dem un’urgenza di decidere sulla guida ci sono anche i sondaggi. Secondo quello dell’istituto Swg per il TgLa7 in una settimana il Pd e’ diventato il quarto partito, scendendo al 16,6% e, soprattutto, subendo il soprasso di Fratelli d’Italia (16,8%). Nei prossimi giorni una soluzione va trovata, anche perche’ il gruppo di lavoro dem incaricato di organizzare l’assemblea non solo conferma che ci sara’, ma la restringe a un solo giorno – domenica – rispetto ai due – tutto il weekend – previsti in un primo momento. Si svolgera’ “da remoto” e servira’ “all’elezione del segretario nazionale del Pd” comunica la presidente del Pd, Valentina Cuppi. Su Letta convergono i dem vicini a Zingaretti e al ministro Dario Franceschini, cosi’ come non ci sarebbe il veto dall’aera guidata dal vicesegretario Andrea Orlando. Fra gli ex renziani di Base riformista c’e’ meno entusiasmo. “Prima di parlare di nomi – spiega il deputato Andrea Romano, portavoce della corrente – auspico che il segretario sia una figura nella quale tutto il Pd si possa riconoscere, in una fase cosi’ complessa non si puo’ giocare con divisioni o forzature. In ogni caso, non si puo’ rinunciare a una discussione di tipo congressuale. Le due cose vanno insieme”. Anche nell’area Orfini il ragionamento non e’ troppo diverso: “Serve un segretario unitario in cui tutti possano riconoscersi, in vista di un congresso vero sulla linea politica da fare appena la pandemia lo consentira’”, chiarisce Francesco Verducci. E qua sta l’inghippo. Perche’ chiedere che l’assemblea avvii la fase congressuale significa pensare piu’ che altro a un reggente, per aprire la strada a un congresso da convocare nel 2022. Va da se’, invece – spiegano fonti di maggioranza – che un mandato a Letta non potrebbe essere “a scadenza”, che un suo impegno sarebbe a tutti gli effetti da segretario, e quindi fino al congresso gia’ in programma nel 2023. Oltre che dalla scelta della guida, la giornata del Pd e’ scandita da due polemiche. La prima con Rocco Casalino, che in una trasmissione parla di “alcuni cancri” nel Pd da “estirpare”. Parte una raffica di proteste. “Direi che possiamo considerare questa garbata esternazione la chiusura di una stagione piuttosto infelice”, commenta Matteo Orfini riferendosi all’alleanza Pd-M5s. Qualche ora dopo, l’ex portavoce di Giuseppe Conte si scusa: “La mia frase e’ stata oggettivamente infelice”. L’altra polemica segna una rottura con le Sardine, dopo l’intervista a Repubblica in cui Mattia Santori ha definito quello del Pd “un marchio tossico”. “E’ un’offesa a tutta la comunita’ del Pd e non e’ per nulla costruttivo, e’ solo distruttivo”, gli ha risposto la presidente del Partito Democratico, Valentina Cuppi, che sabato scorso ha accolto una delegazione delle 6000 sardine che aveva minacciato di occupare il Nazareno.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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