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Mykhailo Mudryk sospeso per meldonium: carriera a rischio per l’attaccante del Chelsea

L’attaccante del Chelsea Mykhailo Mudryk è risultato positivo al meldonium, un vasodilatatore vietato dalla WADA. L’ucraino si difende dichiarando di non aver mai assunto consapevolmente sostanze proibite. Il caso potrebbe portare a una lunga squalifica, come già accaduto in passato con Sharapova e altri atleti. Mudryk dovrà dimostrare l’assunzione involontaria attraverso un integratore contaminato.

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La carriera del talentuoso attaccante ucraino del Chelsea, Mykhailo Mudryk, rischia di subire una grave battuta d’arresto. Il 23enne, acquistato nel 2023 dallo Shakhtar Donetsk per una cifra record di 70 milioni di euro più 30 milioni di bonus, è risultato positivo al meldonium in un controllo antidoping a sorpresa effettuato dalla Football Association.

La sostanza incriminata: meldonium

Il meldonium, principio attivo del mildronato, è un vasodilatatore proibito dalla WADA (World Anti-Doping Agency) e rientra nella categoria S4, relativa agli ormoni e modulatori metabolici. L’uso di questa sostanza è severamente vietato perché si ritiene che migliori il flusso di ossigeno nel sangue, aumentando così le prestazioni atletiche.

Mudryk, visibilmente scosso, ha respinto ogni accusa di uso consapevole di sostanze vietate:

«Sono totalmente sotto shock per non aver mai usato consapevolmente sostanze vietate. Sto ragionando con il mio gruppo di lavoro per capire come sia potuto accadere, so di non aver fatto nulla di sbagliato e continuo a sperare di tornare presto in campo».

Una speranza che appare, però, difficile da realizzare senza prove concrete.

Il caso meldonium: precedenti illustri

Il meldonium è salito agli onori delle cronache nel 2015, quando la tennista Maria Sharapova fu squalificata per 15 mesi. La sostanza è particolarmente diffusa tra gli atleti dell’area ex sovietica: nel 2022, un quarto delle 57 positivitàregistrate in Russia erano legate proprio al meldonium. Le sanzioni, oggi, sono sempre più severe: il mezzofondista azzurro Ahmed Abdelwahed è stato squalificato per 4 anni.

L’unica via d’uscita per Mudryk

L’unica possibilità per Mudryk di difendere la propria carriera sarà dimostrare l’assunzione involontaria della sostanza attraverso un integratore contaminato. Una difesa complessa ma non impossibile, già tentata in altri casi.

Carriera in bilico

Dopo il trasferimento record al Chelsea, Mudryk era considerato uno dei prospetti più promettenti del calcio europeo, ma questa positività rappresenta una macchia pesantissima sulla sua carriera. L’eventuale squalifica potrebbe escluderlo dai campi di gioco per un lungo periodo, minando sia la sua crescita professionale sia l’investimento fatto dal club londinese.

Il caso di Mudryk riapre il dibattito sulla diffusione delle sostanze vietate e sulla necessità di controlli sempre più rigidi per garantire un calcio pulito e leale.

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Esteri

Iran, mistero sull’esplosione a Bandar Abbas: otto morti e oltre 700 feriti

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Il ministero dell’Interno iraniano ha confermato che il bilancio dell’esplosione avvenuta al porto di Bandar Abbas, città strategica sullo Stretto di Hormuz, è salito a otto morti e 740 feriti. Un evento gravissimo che scuote una delle aree più delicate per gli equilibri geopolitici globali.

Le cause restano misteriose

Le autorità iraniane parlano ufficialmente di un generico incidente, senza però fornire dettagli precisi. Questa vaghezza ha acceso numerosi interrogativi a livello internazionale: fonti estere suggeriscono che potrebbe trattarsi non di un incidente, ma di un attacco deliberato attribuibile a un Paese nemico, con il sospetto principale che ricade su Israele.

L’ipotesi dell’attacco mirato: la pista del combustibile per missili

Secondo analisi parallele, le esplosioni di Bandar Rajaei — uno dei principali terminali del porto di Bandar Abbas — non sarebbero casuali. La natura delle detonazioni, l’intensità dell’onda d’urto e l’estensione dei danni lascerebbero supporre la presenza di materiale altamente infiammabile e volatile, come il combustibile solido per razzi.

Fonti non ufficiali rivelano che Bandar Rajaei fosse recentemente diventato il deposito strategico del combustibile solido per missili balistici della Repubblica Islamica, importato dalla Cina tramite navi cargo. Non un semplice magazzino, dunque, ma un elemento chiave nelle strategie militari regionali di Teheran.

Israele nel mirino dei sospetti

Non sarebbe la prima volta che Israele compie operazioni mirate per neutralizzare le capacità missilistiche iraniane: già in passato, con massicce incursioni aeree, ha distrutto impianti critici, ritardando di anni la produzione bellica del regime. Secondo questa ricostruzione, l’Iran, nel tentativo disperato di ricostituire le sue scorte, avrebbe nascosto i materiali in infrastrutture civili, trasformando i cittadini in scudi umani.

L’attacco — se confermato — avrebbe incenerito gran parte del deposito e colpito anche la catena logistica dei rifornimenti missilistici destinati agli Houthi nello Yemen, infliggendo un danno catastrofico alla rete militare iraniana nella regione.

Un’accusa morale pesante contro il regime iraniano

L’episodio di Bandar Rajaei non sarebbe soltanto un durissimo colpo militare, ma rappresenterebbe anche un’accusa morale contro un regime accusato di sacrificare la propria popolazione pur di mantenere le proprie ambizioni imperiali. Come già avvenuto nell’esplosione del porto di Beirut nel 2020, il prezzo più alto lo pagano i civili.

La tragedia di Bandar Abbas, secondo questa lettura, segna un passo ulteriore verso la resa dei conti finale con un regime ormai gravemente indebolito, sia sul piano militare sia su quello della legittimità internazionale.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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