Collegati con noi

Guerra Ucraina

Mosca ora la guerra anche agli europei: l’idea dei peacekeeper è arrogante

Pubblicato

del

Serghei Lavrov torna a scagliarsi contro l’idea di schierare peacekeeper in Ucraina – parte del piano di pace franco-britannico svelato al summit di Londra – bollandola come “arrogante” e accusando ancora una volta l’Europa di fomentare la guerra contro i russi. Di tutt’altro tenore invece il giudizio del capo della diplomazia russa nei confronti di Donald Trump, elogiato per il suo “buon senso” all’indomani della lite nello studio ovale con Volodymyr Zelensky che a giudizio di Mosca resta “un nazista puro” e un “traditore del popolo ebraico”, tirando fuori quello che ormai è un classico dell’arsenale comunicativo russo contro il presidente ucraino.

“Il presidente Macron sta correndo in giro con alcune idee, così come Starmer. Dicono che stanno preparando l’invio di migliaia di peacekeeper e che forniranno loro copertura aerea. Questo è arrogante”, è l’affondo di Lavrov – in un’intervista a Krasnaya Zvezda – giunto nelle stesse ore in cui l’Europa provava a raccogliere i cocci dello scontro senza precedenti tra Trump e Zelensky cercando unità a Londra. Secondo il diplomatico russo, l’Europa “incita” Kiev alla guerra: “Così come hanno portato” il governo di Zelensky “al potere con le baionette e lo hanno spinto avanti, ora vogliono anche sostenerlo con le loro baionette sotto forma di un intervento unitario per il mantenimento della pace. In questo modo, le cause profonde del conflitto non scomparirebbero”, è la conclusione di Lavrov. Dall’altra parte dell’Atlantico, “Donald Trump è una persona pratica. Il suo slogan è il buonsenso”, è invece la lettura del ministro russo.

“Questo significa, e tutti lo vedono, una transizione verso un modo diverso di fare business… Questo conferisce alla politica un carattere vivace e umano. Ecco perché è interessante”, ha detto Lavrov. “Non è per niente che Donald Trump ora dice costantemente in relazione a qualsiasi conflitto, considerando la posizione degli Stati Uniti, che ci deve essere buon senso. E il buon senso di Washington dice di ‘farsi da parte'” dall’Ucraina, mentre con Biden “ha prevalso l’orgoglio”, è la ricostruzione del funzionario russo, che non ha risparmiato parole di elogio anche per il segretario di Stato Marco Rubio e il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti Mike Waltz, definite “persone assolutamente ragionevoli”. Al contrario, “Zelensky ha fatto una svolta di 180 gradi: da che è salito al potere con slogan di pace, esortando a non abbandonare la lingua russa ‘nostra cultura comune’, in sei mesi si è trasformato in un nazista puro”, è l’accusa del capo della diplomazia russa che preme così su un punto chiave del mantra propagandistico di Putin, che già dal suo annuncio ormai tre anni fa della cosiddetta “operazione militare speciale”, l’invasione dell’Ucraina, prometteva di “denazificare” Kiev.

Con lo zar che gode del caos provocato dalla crisi dello studio ovale senza offrire commenti ufficiali, la strategia comunicativa di Mosca si fa chiara nelle parole dei suoi luogotenenti, incaricati di blandire il tycoon e il rinnovato dialogo con Washington delegittimando al contempo il governo ucraino e quelli europei. Una strategia che trova conferma nelle parole di Dmitry Peskov, che in un’intervista registrata mercoledì scorso, prima della lite Trump-Zelensky, ma pubblicata solo domenica, ha voluto sottolineare la svolta portata dall’arrivo del tycoon alla Casa Bianca: “La nuova amministrazione sta cambiando rapidamente tutte le configurazioni della politica estera. Ciò coincide in gran parte con la nostra visione”, ha sottolineato il portavoce del Cremlino. “C’è ancora molta strada da fare, perché c’è un danno enorme all’intero complesso delle relazioni bilaterali. Ma se la volontà politica dei due leader, il presidente Putin e il presidente Trump, verrà mantenuta, questo percorso può essere piuttosto rapido e vincente”.

Advertisement

Esteri

Trump: la Crimea resterà alla Russia, Zelensky lo sa

Pubblicato

del

Donald Trump torna a parlare della guerra in Ucraina e lo fa con dichiarazioni destinate a far discutere. In un’intervista rilasciata a Time, il presidente degli Stati Uniti ha affermato che “la Crimea resterà con la Russia”, aggiungendo che anche il presidente ucraino Zelensky ne sarebbe consapevole.

“La Crimea è andata ai russi, fu colpa di Obama”

«La Crimea è stata consegnata alla Russia da Barack Hussein Obama, non da me», ha ribadito Trump, sottolineando come la penisola fosse “con i russi” ben prima del suo arrivo alla Casa Bianca. «Lì ci sono sempre stati i russi, ci sono stati i loro sottomarini per molti anni, la popolazione parla in gran parte russo», ha aggiunto. Secondo l’ex presidente, se lui fosse stato alla guida del Paese, “la Crimea non sarebbe mai stata presa”.

“Questa guerra non doveva accadere”

Trump ha definito il conflitto in Ucraina “la guerra che non sarebbe mai dovuta accadere”, lanciando un messaggio implicito al presidente Joe Biden e alla gestione democratica della politica estera. A suo avviso, con lui alla presidenza, la situazione in Ucraina si sarebbe sviluppata in modo del tutto diverso, senza l’invasione da parte delle truppe russe.

Le dichiarazioni si inseriscono in un contesto internazionale già molto teso, mentre si continua a discutere del futuro della Crimea e dei territori occupati.

Continua a leggere

Esteri

Mosca: generale ucciso in attacco terroristico

Pubblicato

del

La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha condannato come “un attacco terroristico” l’attentato in cui è morto oggi vicino a Mosca il generale Yaroslav Moskalik, ucciso dall’esplosione di un ordigno posto sulla sua auto. “La questione principale – ha detto Zakharova, citata dall’agenzia Tass – è come fermare la guerra nel cuore dell’Europa e del mondo. Vediamo così tante vittime ogni giorno. Anche oggi, un militare russo è stato ucciso in un attacco terroristico a Mosca”. (

Continua a leggere

Esteri

Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

Pubblicato

del

Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto