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Mosca colpita dal peggior attacco di droni ucraini: feriti, morti, distruzione

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Palazzi visibilmente danneggiati, aeroporti costretti a sospendere i voli per ore. Le autorità russe accusano le truppe ucraine di aver lanciato “il più massiccio attacco di droni nemici su Mosca” dall’inizio della guerra. Un attacco che ha provocato la morte di almeno tre persone e il ferimento di altre 18, denunciano. E che è stato sferrato proprio poco prima degli attesissimi colloqui a Gedda tra le delegazioni di Ucraina e Stati Uniti. Diversi osservatori ritengono che non sia un caso.

“Questo è un ulteriore segnale per Putin che dovrebbe essere interessato anche a un cessate il fuoco nei cieli”, ha tuonato un alto funzionario ucraino citato dall’Afp. Ma dal Cremlino replicano che attacchi di questo tipo possono compromettere gli sforzi di dialogo. Le autorità russe parlano di una vera e propria pioggia di droni lanciata prima dell’alba contro dieci regioni del Paese: la contraerea russa sostiene di aver abbattuto 343 velivoli senza pilota, di cui ben 91 sulla regione di Mosca. L’esercito ucraino afferma di aver colpito degli “obiettivi strategici” nel raid notturno, tra cui la raffineria di petrolio di Mosca, una struttura in teoria capace di elaborare 11 milioni di tonnellate di petrolio l’anno. Ma secondo Gazprom Neft – riporta Bloomberg – la struttura starebbe funzionando “normalmente”. A soffrire le conseguenze dell’attacco di droni sembrano comunque essere ancora una volta i più deboli, i civili. Le autorità affermano che le tre persone uccise fossero tutte dipendenti di una ditta locale che produce carne. E danno notizia di auto carbonizzate e di abitazioni danneggiate in varie zone della regione di Mosca, e anche nella parte meridionale della capitale russa.

A Vidnoye, nell’hinterland moscovita, la gente non nasconde le proprie paure dopo l’attacco. “È tutto spaventoso”, dice una donna. “Ho avuto paura, ho temuto per la mia vita”, afferma un uomo sulla cinquantina. Nella zona ci sono molti palazzi moderni. Uno di loro è visibilmente danneggiato: all’altezza degli ultimi due piani è vistosamente annerito, non ci sono vetri alle finestre. Le persone per strada lo indicano preoccupate, scattano foto. In un edificio vicino c’è un balcone devastato, una parte della ringhiera è distrutta. Sotto la strada è transennata e cosparsa di detriti e schegge di vetro. La regione russa maggiormente presa di mira pare però quella di Kursk, dove le truppe del Cremlino sostengono di aver abbattuto ben 126 droni. In quest’ultima oblast della Russia occidentale, le forze di Mosca dicono di aver preso il controllo di 12 villaggi che erano stati conquistati dalle truppe ucraine nell’offensiva a sorpresa dello scorso agosto. Si tratta di un’informazione non verificabile, tuttavia i giornali internazionali parlano di una situazione difficile per le forze ucraine nella zona.

Kiev vuole usare i territori russi sotto il suo controllo come possibile “pedina di scambio” in eventuali futuri colloqui di pace, cioè per ottenere almeno parte delle province che il Cremlino ha occupato armi alla mano invadendo l’Ucraina tre anni fa. Adesso però si stima che i soldati ucraini detengano solo un terzo dei circa 1.300 kmq che avevano conquistato la scorsa estate. In Ucraina le autorità accusano le truppe di Putin di aver lanciato contro il Paese 126 droni e un missile balistico incendiando un deposito di carburante e ferendo almeno due persone. Il governatore locale accusa i soldati russi di aver provocato la morte di un civile e il ferimento di altri quattro in un attacco sulla regione di Donetsk.

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Vietato l’accesso al Cristo di Rio dopo la morte di un turista

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Le autorità di Rio de Janeiro hanno chiuso temporaneamente l’accesso al Cristo Redentore, il monumento più visitato del Brasile, a causa della mancanza di assistenza medica adeguata dopo la morte di un turista domenica scorda. E’ stato sospeso sia il trasporto con la funicolare, sia quello con i minivan, l’altro mezzo più comune utilizzato per raggiungere la statua.

Il divieto è stato deciso dalla segreteria statale per la Tutela dei consumatori dopo che un brasiliano di 54 anni è morto domenica mattina a causa di malore mentre saliva le scale che portano al Cristo. Al momento dell’incidente il posto sanitario in loco non era ancora aperto. Il luogo è privo di ambulanza, di punti di idratazione, di bagni adatti alle persone con problemi di mobilità e gli ascensori non sono perfettamente funzionanti, ha criticato il Santuario del Cristo Redentore, che dipende dall’arcidiocesi di Rio de Janeiro.

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Ue, ’90 Paesi colpiti da interferenze informative in 2024′

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Nel 2024, novanta Paesi e 322 organizzazioni sono stati bersaglio di attacchi da parte di manipolazioni e interferenze informative straniere (Fimi). È quanto emerge dal terzo rapporto del Servizio europeo d’azione esterna (Seae) sulle operazioni Fimi. L’Ucraina è il principale obiettivo degli attacchi Fimi russi con quasi la metà degli incidenti registrati. “L’obiettivo generale è plasmare la percezione globale della guerra a favore della narrazione ingannevole della Russia”, si legge nel report. Le piattaforme social sono il focolaio dell’attività Fimi, con X che “da solo rappresenta l’88% delle attività rilevate”.

Il rapporto prende in esame 505 incidenti Fimi verificatisi tra il 4 novembre 2023 e il 4 novembre 2024 che hanno coinvolto circa 38.000 canali su 25 piattaforme diverse, e sottolinea la “portata globale” di questo tipo di operazioni. Come per il 2023, l’Ucraina rimane la principale vittima degli attacchi Fimi russi, con quasi la metà degli incidenti registrati, 257, nel campione analizzato. Secondo gli esperti, l’infrastruttura Fimi russa si rivolge da un lato agli ucraini per “indebolire la resistenza del Paese” alla guerra, e dall’altro agli alleati occidentali per “indebolire il sostegno” a Kiev all’Ucraina”.

Dopo l’Ucraina, la Francia è il Paese più colpito. Tra i principali obiettivi, i giochi Olimpici e Paralimpici di Parigi e le elezioni legislative francesi. Analoga sorte è toccata alla Germania e in particolare il governo di coalizione. “Nei 73 casi individuati – scrivono gli esperti – gli attacchi sono avvenuti in occasione di eventi politici, visite internazionali e proteste degli agricoltori, che hanno suscitato grande attenzione da parte dei media”. Tra gli Stati più colpiti, anche la Moldavia, dove si sono tenute le presidenziali e il referendum per l’adesione all’Ue, e l’Africa, con i membri dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Mali, Niger e Burkina Faso) che sono stati “bersagli frequenti” degli attacchi Fimi.

“L’Ue è uno dei principali obiettivi”, si legge ancora nel report, in cui si sottolinea come ad essere maggiormente esposti siano da un lato i Paesi dell’Est e i Baltici e dall’altro, la Germania e la Francia “regolarmente bersaglio di campagne localizzate”. Le operazioni Fimi non si sono limitate ai Paesi, ma hanno preso di mira anche organizzazioni e individui. L’Ue, la Nato, i media indipendenti e i difensori della Fimi, come Bellingcat, EU DisinfoLab e Correctiv sono stati tra i più attaccati. Nel mirino anche funzionari di alto livello come la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e gli l’alta rappresentante Ue in carica Kaja Kallas e il suo predecessore, Josep Borrell.

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Crescono le ricognizioni nello spazio aereo iraniano: segnali di un possibile attacco preventivo di Israele?

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L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli dell’Iran sta alimentando il sospetto che possa essere imminente un attacco da parte dell’Esercito di David per colpire le capacità nucleari che Teheran sta sviluppando. L’ultimo episodio ha visto protagonista un drone-spia statunitense di grandi dimensioni, che si è avvicinato allo spazio aereo iraniano prima di essere individuato e costretto ad allontanarsi dai caccia F-14 dell’Aeronautica militare di Teheran e dai suoi droni da ricognizione.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Nournews, le forze armate iraniane restano in stato di massima allerta, pronte a rispondere con un “duro contrattacco contro gli interessi nemici in Medio Oriente”. Questo ennesimo episodio si inserisce in un contesto di crescente tensione, con ripetute incursioni di velivoli da ricognizione vicino ai siti strategici iraniani.

RICOGNIZIONI SEMPRE PIÙ FREQUENTI: UNA PREPARAZIONE ALL’ATTACCO?

L’episodio del drone statunitense non è un caso isolato. Negli ultimi mesi si sono moltiplicate le missioni di sorveglianza da parte di Israele e Stati Uniti nei pressi degli impianti nucleari iraniani. Il timore, sempre più diffuso tra gli analisti militari, è che Israele possa pianificare un attacco preventivo per disabilitare le strutture nucleari iraniane prima che Teheran possa raggiungere la capacità di costruire una bomba atomica.

Israele, che considera il programma nucleare iraniano una minaccia esistenziale, ha più volte ribadito che non permetterà all’Iran di dotarsi di armi nucleari e che è pronto ad agire militarmente se necessario. Le operazioni di ricognizione potrebbero quindi rappresentare una fase preparatoria per un eventuale raid aereo su larga scala, simile a quelli effettuati in passato contro le installazioni nucleari in Iraq (Osirak, 1981) e in Siria (2007).

IRAN: MINACCIA DI UNA RISPOSTA DURA

Di fronte a queste continue incursioni, Teheran ha ribadito la sua volontà di rispondere con forza a qualsiasi attacco. L’Aeronautica iraniana ha intensificato le operazioni di pattugliamento dello spazio aereo e ha schierato una combinazione di caccia e droni per intercettare eventuali minacce.

Parallelamente, l’Iran ha avvertito che un’azione militare israeliana scatenerebbe una rappresaglia senza precedenti, con attacchi diretti contro obiettivi israeliani e statunitensi in tutto il Medio Oriente.

VERSO UNA FASE CRITICA?

Le tensioni tra Iran e Israele non sono mai state così alte. L’aumento delle attività di ricognizione nei cieli iraniani suggerisce che si stia entrando in una fase critica che potrebbe sfociare in un conflitto aperto.

Se le ricognizioni continueranno con questa frequenza, è plausibile che Israele stia preparando un’operazione mirata per colpire i siti nucleari iraniani prima che sia troppo tardi. Resta da vedere se la diplomazia internazionale riuscirà a disinnescare questa pericolosa escalation o se si avvicina il momento di un nuovo, devastante confronto militare.

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