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Economia

Mentre la politica si divide sulla strategia, anche la procura di Taranto indaga su ArcelorMittal

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Se  non fosse abusato, il titolo da dare alla trattativa ArcelorMittal-Stato è “fate presto”. Ma la situazione è difficilissima perchè ArcelorMittal davvero finge di non capire che certe scelte sono assurde. Quello che giunge al governo da sindacati e imprenditori è un grido di allarme. Ora che lo spegnimento dell’ex Ilva di Taranto è una realtà scandita da un cronoprogramma, cresce la richiesta al governo di trovare una soluzione. Anche i magistrati tarantini, dopo un ricorso dei commissari, indagano su Arcelor Mittal. Ma tutti gli occhi sono puntati su Palazzo Chigi: a Giuseppe Conte è affidata la trattativa ai più alti livelli e un nuovo incontro del premier e del ministro Stefano Patuanelli con i Mittal dovrebbe esserci a inizio settimana. Sarà l’ultimo tentativo, prima di lavorare a un piano B. Ma a complicare l’estrema trattativa ci sono le divisioni della maggioranza sulle soluzioni da proporre. Il Pd, con Andrea Marcucci, invoca un decreto che ripristini lo scudo penale. Per Luigi Di Maio incece “lo scudo è solo un pretesto”. Un’arma di distrazione. Il presidente del Consiglio, raccontano dal governo, lavora in queste ore attraverso ogni canale, anche diplomatico, per una soluzione che eviti lo spegnimento degli altiforni e la perdita di oltre diecimila posti di lavoro diretti e altrettanti nell’indotto.

Il ministro Stefano Patuanelli tiene i contatti con i commissari e con i dirigenti italiani dell’azienda. L’azienda franco-indiana Arcelor Mittal potrebbe tornare a Palazzo Chigi a inizio settimana (ma manca ancora ogni ufficialita’), poi mercoledi’ o giovedi’ il Consiglio dei ministri si riunirà con all’ordine del giorno proprio il dossier Taranto. Tra le armi di cui l’esecutivo dispone per trattare ci sarebbero ammortizzatori sociali per i lavoratori (ma di certo non i 5000 esuberi chiesti da Mittal), sconti sull’affitto degli impianti, defiscalizzazione delle bonifiche, una soluzione per l’Altoforno 2 su cui devono pronunciarsi i giudizi, una partecipazione di Cdp. E lo scudo penale su eventuali inchieste per danno ambientale. Ma quando si tocca il tema arrivano le divisioni. Tanto che Michele Emiliano denuncia un allarme creato ad arte da Mittal per “mettere in crisi il governo”. Di Maio e’ convinto che prima si debba “trascinare in tribunale” l’azienda e attendere il risultato del ricorso d’urgenza presentato dai commissari a Milano: lo scudo e’ solo un “pretesto”, ininfluente, e di piani B per ora non si deve neanche parlare, sostiene. Dal Pd, invece, Nicola Zingaretti da’ “ragione” agli operai quando chiedono al governo di “accelerare” il confronto con l’azienda. Non aspettare. “Non si accettano ricatti”, dice Peppe Provenzano.

ArcelorMittal. Fiato sospeso per migliaia di dipendenti in attesa di capire come evolverà il braccio di ferro

Ma se l’azienda accetta di sedersi al tavolo e tratta per restare, dichiara Andrea Marcucci, l’esecutivo deve varare subito un decreto con uno scudo per tutte le aziende “in contesti di forte criticita’ ambientale, a partire dall’ex Ilva”. Anche Iv, con Teresa Bellanova, invoca lo scudo. Ma il M5s spiega che ad ora non se ne parla e spera non si renda necessario, perche’ se e’ vero che Patuanelli e Conte sono pronti a spiegare ai gruppi pentastellati le ragioni per reintrodurre la tutela, al Senato rischierebbe di aprirsi una faglia con una pattuglia di pentastellati irremovibili (e decisivi per il governo). Ma, mentre partono iniziative individuali come quella dell’ex ministro Carlo Calenda per “parlare con i Mittal”, lo scudo lo invocano tanto i sindacati, con Annamaria Furlan della Cisl, quando Vincenzo Boccia per Confindustria (“Servono soluzioni, non prove muscolari”). “Resisteremo alla chiusura degli impianti”, annuncia Francesco Brigati della Fiom: lunedi’ si terro’ un consiglio di fabbrica, si pensa a uno “sciopero al contrario” per tenere accesi gli altoforni. “Sarebbe barbarie”, osserva Maurizio Landini della Cgil, se l’azienda vincesse. I commissari, intanto, a Taranto presentano una denuncia per “fatti e comportamenti lesivi dell’economia nazionale”: i magistrati indagano per distruzione dei mezzi di produzione. E il ministro Patuanelli li ringrazia. Sul fronte legale il governo e’ pronto a usare ogni arma. Nell’attesa di capire se ci siano davvero i margini per un’estrema trattativa, prima di lavorare a un piano B con una “nazionalizzazione” transitoria e la ricerca di nuovi azionisti.

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Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

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Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Economia

Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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