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Politica

Meloni: Trump è forte, non si allontanerà dall’Europa

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Non cita per nome né Volodymyr Zelensky né Vladimir Putin. Ma si pone al centro perfetto dell’Atlantico, per non scontentare né l’Europa né l’America trumpiana. Giorgia Meloni ripete anche davanti alla platea dei conservatori americani che l’Ucraina è un paese “aggredito” e che bisognerà lavorare “insieme” per costruire una pace “giusta e duratura”. Grazie a leadership “forti” come quella di Donald Trump che “non si allontanerà” dall’Europa a differenza di quello che “si augurano i nostri avversari”. Anche perché, assicura, cresce sempre di più la voce dei conservatori al governo, a partire dal suo. La presidente del Consiglio parla per poco meno di un quarto d’ora al Cpac – cui ha confermato la partecipazione nonostante l’incendio provocato dal saluto che ricordava quello fascista e nazista di Steve Bannon – poco prima che sul palco salga proprio The Donald.

E non sconfessa la postura che l’Italia ha mantenuto fin dall’inizio nei confronti di Kiev, ma, in un esercizio di delicato equilibrismo, dà grande peso al ruolo dell’alleato, sicura che con Trump alla Casa Bianca “non vedremo mai più quello che è accaduto in Afghanistan quattro anni fa”. Da settimane non si sentiva la sua viva voce, e finora si era tenuta lontana dalle polemiche innescate dalle accelerazioni (e dalle esagerazioni verbali) della nuova amministrazione americana, che hanno spiazzato le cancellerie di mezza Europa. “Scommetto che il presidente Trump, che è un leader forte ed efficace, lavorerà per rafforzare la nostra alleanza, lavorando con il mio governo e con l’Europa”, dice la premier ritagliandosi, ancora una volta, quel ruolo da “ponte” in virtù dei comuni valori e delle comuni battaglie dei “conservatori”.

Che i cittadini votano perché sono meno “naif” di come li descrive la sinistra e “non credono più alle loro bugie” dice galvanizzando la platea. “Coloro che sperano nelle divisioni saranno smentiti”, insiste la premier che, dopo averci riflettuto un paio di giorni, ha deciso di modificare la sua agenda e di partecipare lunedì alla call dei leader del G7 convocata da Justin Trudeau, nel terzo anniversario dall’inizio della guerra in Ucraina. Palazzo Chigi sarà illuminato di giallo e blu, come la bandiera ucraina. Un esponente di Fdi con la delegazione dei parlamenti europei che si riuniscono sotto la sigla ‘United 4 Ukraine’, sarà a Kiev dove arriverà anche Raffaele Fitto, nella sua veste di vicepresidente della Commissione insieme ad Ursula von der Leyen.

Cita anche Pericle la premier, presentata come guest star alla kermesse di Washington, per sottolineare quanto americani ed europei siano stati storicamente uniti a difesa delle “libertà”: una azione comune che è stata portata avanti anche “negli ultimi tre anni in Ucraina, dove un popolo combatte per la sua libertà contro un’aggressione ingiusta. Dobbiamo continuare a farlo anche oggi, lavorando insieme per una pace giusta e duratura. Che si può costruire solo con il contributo di tutti” sottolinea Meloni, che nel suo intervento rivendica il suo “orgoglio” di europea e di conservatrice.

L’Ue, dice, non è persa, anzi: oggi che le destre sempre più conquistano i governi anche grazie alla battaglia combattuta dal Cpac (“avete creato una rete globale che dà voce a milioni di persone che non potevano parlare”) sempre più potrà riconquistare il suo ruolo. Così come il governo sta facendo per l’Italia: “La propaganda diceva che un governo conservatore” l’avrebbe “isolata” e invece era “un fake” perché “stiamo facendo aumentare le libertà in tutti quanti gli aspetti della vita del paese”. Bisogna “dire chiaramente e con forza” alla “sinistra radicale che vuole cancellare la nostra storia e minare la nostra identità”, a chi cerca di “sabotare l’Occidente dall’interno con il virus della cancel culture e dell’ideologia woke, che non ci vergogneremo mai di quello che siamo”. E se “non può esistere Occidente senza America”, ribadisce e rafforza il concetto dello stretto legame la premier, “allo stesso modo non può esistere Occidente senza Europa”.

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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Politica

L’ex ministro De Lorenzo torna a percepire il vitalizio: sono stato un perseguitato politico

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Francesco De Lorenzo (foto Imagoeconomica in evidenza), 87 anni, ex ministro della Sanità della Prima Repubblica, torna a percepire il vitalizio parlamentare grazie alla riabilitazione concessa dal Tribunale di Sorveglianza di Roma. Una cifra importante tra arretrati e pensione, che giunge 31 anni dopo l’arresto per Tangentopoli e una condanna definitiva a 5 anni per associazione a delinquere e corruzione.

«Ho pagato più di tutti, ho subito una persecuzione»

«Sono stato il capro espiatorio perfetto» ha dichiarato De Lorenzo al Corriere del Mezzogiorno, rivendicando la correttezza del proprio operato. Secondo l’ex ministro, i magistrati dell’epoca avrebbero voluto colpire un simbolo e lui si prestava bene al ruolo, specie dopo la riforma della sanità che vietava il doppio lavoro ai medici. «Non ho mai preso una lira per me – ha aggiunto – la Cassazione ha riconosciuto che i soldi finivano interamente al Partito Liberale».

«Vitalizio? È un diritto, come stabilito dalla Boldrini»

De Lorenzo ha ribadito che la richiesta del vitalizio è legittima: «La delibera del 2015 firmata da Laura Boldrini prevede la restituzione in caso di riabilitazione. Io l’ho ottenuta, come altri prima di me». A pesare sulla sua memoria, anche la condanna della Corte dei Conti per danno d’immagine: «Ho dovuto vendere la mia casa di Napoli per affrontare le conseguenze economiche di quella sentenza, pur non avendo causato alcun danno erariale».

Tangentopoli e il crollo della Prima Repubblica

Arrestato a Napoli nel 1994, De Lorenzo fu al centro di uno dei più noti scandali di Tangentopoli. «Durante la stagione giudiziaria serviva un terzo nome dopo Craxi e Andreotti, e io ero perfetto», ha detto. Ricorda con amarezza il clima di quegli anni: «Mi ritrovai contro i medici per la riforma e contro i malati per i tagli alla sanità. Il bersaglio ideale».

«Non ho mai tradito per salvarmi»

«Mi venne chiesto di accusare altri ministri, anche Berlusconi – racconta – ma non l’ho mai fatto». Critico nei confronti della magistratura, De Lorenzo ha sottolineato le irregolarità nel suo arresto e nella gestione del processo. «I miei coimputati si avvalevano della facoltà di non rispondere. Il mio processo è stato un coro di muti».

Rapporti con il passato: «Non sento più nessuno»

Con i vecchi compagni di partito come Paolo Cirino Pomicino e Giulio Di Donato i contatti si sono interrotti: «Ho chiuso ogni rapporto con loro», ha ammesso De Lorenzo. Nonostante l’età, conserva ancora una voce lucida e battagliera: «Sono malato di giustizia, non dimentico quello che ho subito».

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