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Cronache

Maxi traffico di rifiuti in Lombardia, 14 arresti

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Non gli sono bastati due arresti, uno in un’inchiesta su un traffico di rifiuti nata a seguito del maxi rogo di via Chisserini a Milano dell’ottobre 2018 e l’altro in un’indagine simile scaturita dall’incendio di capannoni a Corteolona (Pavia) dello stesso anno. Stamani per Maurizio Assanelli, titolare di una ditta di autotrasporti, e’ arrivata la terza misura cautelare (domiciliari) nel giro di meno di due anni con un blitz della Gdf di Legnano, coordinato dalla Dda milanese, che ha portato anche ad altri 13 arresti per una gestione illecita di “rottami ferrosi” con annesso giro di fatture false per “oltre 56 milioni di euro”. Assanelli, che solo due giorni fa era tornato libero, intercettato nel luglio 2018 nell’inchiesta seguita all’incendio di via Chisserini nella quale spunto’ anche l’ombra della ‘ndrangheta, diceva riferendosi al business rifiuti: “La merda e’ diventata miniera (…) e’ diventata oro”. E che con quel traffico si facciano soldi e che il problema sia ripulirli emerge anche dall’ordinanza firmata dal gip Giusi Barbara sull’operazione di oggi. “Qualcuno sta lavando i soldi”, diceva al telefono un indagato. In carcere e’ finito Fabio Cerato, presidente della Sidafer2, e ai domiciliari sua sorella Nadia Cerato, ad della societa’ che, assieme alla Sidafer srl di Vimodrone (Milano), sarebbe stata al centro del sistema di movimentazione illecita di rifiuti, ferro soprattutto, e di frode fiscale. In mezzo una vorticosa galassia di oltre 40 societa’, in gran parte ‘cartiere’ per produrre fatture false (quasi 400mila euro anche per la sponsorizzazione di un’associazione sportiva per gare di auto su strada). Tra i reati contestati l’associazione per delinquere e l’autoriciclaggio e tra le misure un sequestro da oltre 15 milioni di euro a 28 indagati (51 in totale), mentre gli arresti hanno riguardato anche un commercialista e l’amministratore di fatto delle ‘cartiere’. Quest’ultimo in un’intercettazione si vantava pure di aver lavorato “allo smaltimento del ferro della Costa Concordia”, elemento che, pero’, non ha trovato riscontri. Gli accertamenti sono scattati dopo una verifica fiscale alla CLGroup srl che si occupava di commercio di materiali ferrosi e che e’ risultata “evasore totale dal 2011”. Da li’ si e’ arrivati alla Sidafer. E’ venuto fuori che su 74mila tonnellate di rifiuti erano stati falsificati “formulari, documenti di trasporto e pesate”. E cio’ e’ stato accertato con riprese video dentro il centro di raccolta dei rottami, “dove i camion arrivavano fingendo di scaricare materiale ma erano vuoti”. I rifiuti che venivano realmente movimentati non erano tracciati, veniva occultato “il produttore” e le compravendite erano “in nero”. ‘Nero’ che arrivava con bonifici su conti in Croazia, Ungheria, Slovenia e Bosnia e rientrava in Italia in contanti tramite ‘spalloni’, che riportavano il denaro in macchina, ma anche con viaggi in aereo.

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Ucciso con una fiocina, l’omicidio in assenza di una minaccia

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In assenza di una minaccia diretta, per sé e per la propria compagna, uccise un 23enne con un colpo di fiocina sparata da un fucile subacqueo in via Cilea a Sirolo (Ancona) il 27 agosto del 2023: un omicidio che non sarebbe scaturito dall’iniziale “diverbio stradale” ma dal successivo intervento dei fratelli della vittima, uno dei quali lo colpì con un pugno per il quale l’omicida intese “vendicarsi”.

Lo scrive la Corte d’Assise di Ancona nella motivazione della sentenza con la quale, il 21 gennaio scorso, ha condannato a 18 anni di carcere Melloul Fatah, 28 anni, per l’omicidio volontario, senza l’aggravante dei futili motivi, di Klajdi Bitri, albanese 23enne. Il delitto avvenne di primo pomeriggio a seguito di un litigio per motivi stradali, all’altezza di una rotatoria. Si era creato un ingorgo di auto e dopo vari insulti, che avevano coinvolto anche parenti e amici della vittima, Fatah era tornato al proprio veicolo per prendere la fiocina e puntarla al petto del giovane poi deceduto. Subito dopo era risalito a bordo dell’auto, dove si trovava anche la fidanzata, e se ne era andato.

Era stato arrestato prima di cena, a Falconara, dai carabinieri. L’imputato, difeso dall’avvocato Davide Mengarelli, ha sostenuto di non essersi accorto del colpo mortale e di aver preso il fucile solo per spaventare il gruppetto che gli dava addosso. Secondo i giudici, però, la sua versione non è plausibile. “Ha scelto in totale autonomia di inseguire, in assenza di qualsivoglia minaccia, per sé e per la propria compagna, – scrive la Corte a proposito dell’imputato – di prelevare il fucile elastico con fiocina a tre punte, che utilizzava per la pesca subacquea, di imbracciarlo e di puntarlo alla vittima che in piedi, dietro la Mercedes, dopo pochi attimi decedeva nell’impotenza e nello sconforto generale”. Secondo la Corte, il 28enne agì per vendicare il pugno che aveva subito nella lite: “compreso di non poter prevalere e attesa l’inferiorità numerica – osserva nella sentenza il presidente della Corte Roberto Evangelisti – non reagiva e si dirigeva verso la propria auto dando l’impressione di desistere e di voler riprendere la marcia, apparenza però ingannevole poiché il fine che muoveva Melloul era antitetico”. La fidanzata “non aveva eccepito alcun pericolo, per nulla allarmata si chinava a recuperare gli occhiali caduti in precedenza al fidanzato nel corso dello scontro con la vittima e i suoi amici”.

La Corte ripercorre i drammatici attimi dell’omicidio: Fatah “ha premuto a distanza di circa due metri e mezzo il grilletto del suo fucile subacqueo munito di tridente contro Klajdi, facile bersaglio in quanto in posizione eretta, disarmato e impossibilitato a opporre qualsivoglia difesa se non tentare di disporsi in posizione di chiusura alzando il ginocchio sinistro in funzione di scudo”. I familiari della vittima erano parte civile nel processo con gli avvocati Marina Magistrelli e Giulia Percivalle.

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Indossa un passamontagna al porto di Ischia ed evade dai domiciliari: arrestato un 21enne

A Ischia, un 21enne evade dai domiciliari e tenta di imbarcarsi per Napoli con un passamontagna: riconosciuto e arrestato dai Carabinieri.

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Iniziamo questa storia dalla fine, da un epilogo inaspettato, frutto di una scelta maldestra di un 21enne di Barano d’Ischia. Il giovane si trovava in fila al porto, pronto a imbarcarsi su uno degli ultimi traghetti della giornata con destinazione Napoli. Nulla di strano, se non fosse per un dettaglio singolare: indossava un passamontagna.

Alcune persone presenti hanno manifestato curiosità, altre preoccupazione. A porsi domande sono stati anche i Carabinieri del nucleo radiomobile di Ischia, impegnati nei controlli serali. Avvicinatisi al giovane, gli hanno chiesto di mostrare il volto. A quel punto, come in un colpo di scena da film, il ragazzo ha tolto il passamontagna e si è dato alla fuga verso una pineta.

Riconosciuto e arrestato dopo l’inseguimento

I militari lo hanno inseguito, bloccato e immediatamente riconosciuto: era lo stesso giovane che poche ore prima aveva rubato uno scooter, fuggendo tra le strade di Ischia e venendo arrestato dai Carabinieri. Dopo il primo arresto, era stato sottoposto agli arresti domiciliari.

Questa volta, in manette per la seconda volta nel giro di poche ore, il 21enne dovrà rispondere anche dei reati di evasione e resistenza a pubblico ufficiale. In attesa dell’udienza in Tribunale, resterà in camera di sicurezza.

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Campione di poker non dichiara vincite, recuperati 1,5 milioni

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Considerato uno dei migliori giocatori al mondo di poker live , non avrebbe mai dichiarato le proprie vincite. Enrico Camosci, 31 anni, bolognese, è stato sottoposto ad una verifica fiscale dalla Guardia di Finanza, nucleo operativo metropolitano di Bologna. La ricostruzione della sua posizione, preventivamente condivisa con la locale Agenzia delle Entrate e da cui è successivamente scaturita la denuncia per omessa dichiarazione, è stata fatta anche attraverso la ricerca di informazioni sui siti specializzati e sui social, consentendo di recuperare a tassazione oltre 1,5 milioni di euro di redditi da lavoro autonomo, derivanti dall’attività sportiva svolta in forma abituale e professionale al di fuori dell’Unione Europea. Se da un lato, spiega infatti la Gdf, i premi corrisposti da case da gioco autorizzate all’interno dell’Unione Europea non vanno dichiarati, in quanto soggetti a ritenuta alla fonte, quelli conseguiti al di fuori del territorio comunitario costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito.

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