In un esecutivo che fonda la sua identità sul primato della politica, il ruolo di Maurizio Leo (nella foto Imagoeconomica in evidenza), viceministro dell’Economia, rappresenta una nota dissonante. Il professor Leo, con il compito titanico di realizzare la riforma del fisco, agisce come un tecnico puro, senza considerare sempre gli equilibri della coalizione o l’impatto delle sue decisioni sull’elettorato di centrodestra. Questo approccio ha causato non pochi grattacapi alla maggioranza, costringendo spesso Palazzo Chigi a intervenire per smorzare tensioni.
Il caso delle PEC alle partite IVA
L’ultimo episodio di scontro riguarda l’invio di milioni di PEC da parte dell’Agenzia delle Entrate alle partite IVA per incentivare l’adesione al concordato preventivo biennale. Una misura che, secondo alcuni membri della maggioranza, è stata percepita come una minaccia più che un invito. Matteo Salvini (Lega) e Antonio Tajani (Forza Italia) hanno colto l’occasione per amplificare il dibattito, già reso rovente da altre questioni interne alla coalizione.
Leo ha cercato di ridimensionare l’accaduto, definendo le PEC un’“ordinaria attività di comunicazione”, ma il caso ha messo in evidenza profonde divergenze politiche.
Due filosofie fiscali a confronto
Al centro della polemica c’è una divergenza tra due approcci alla lotta all’evasione:
- Il metodo di Leo: prevenire l’evasione attraverso strumenti come il concordato preventivo, offrendo ai contribuenti un’opportunità di regolarizzazione prima di essere scoperti.
- Il metodo della Lega: favorire rottamazioni e sanatorie, premiando gli evasori solo dopo che sono stati scoperti.
Queste due visioni opposte hanno creato attriti interni, con la Lega che guarda con scetticismo al concordato e spinge per una quinta rottamazione delle cartelle esattoriali.
Il successo del concordato in bilico
Nonostante Leo sia fiducioso sul successo del concordato, i numeri attuali non sembrano sufficienti. Finora sono stati raccolti 1,3 miliardi di euro, ma l’obiettivo fissato è di almeno 2 miliardi. Questo ha portato a una crescente tensione anche all’interno del governo. Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, finora ha sostenuto Leo, ma aspetta i risultati finali prima di trarre conclusioni.
La comunicazione e le tensioni con l’Agenzia delle Entrate
Un altro fronte di attrito riguarda la gestione comunicativa. Leo ha sottolineato che una corretta informazione è fondamentale per un “fisco amico” e ha invitato l’Agenzia delle Entrate a evitare allarmismi. Tuttavia, fonti vicine all’Agenzia suggeriscono che la seconda ondata di PEC non fosse stata raccomandata, aggravando le tensioni.
La politica dietro un gesto tecnico
Leo ha minimizzato le critiche, invitando i contribuenti che si sentono in regola a ignorare le PEC ricevute. Tuttavia, questa apparente semplicità nasconde una battaglia politica più ampia. Le tensioni sul concordato si sommano ad altri incidenti, come il caso del Redditometro dello scorso maggio, costringendo il viceministro a navigare in acque sempre più turbolente.
Conclusione
Il caso delle PEC rappresenta solo l’ultima sfida per Maurizio Leo, la cui figura di tecnico si scontra con le dinamiche di un governo profondamente politico. Resta da vedere se la riforma fiscale riuscirà a portare i risultati sperati o se continuerà a dividere la maggioranza.