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Mattarella: Italia democrazia matura, l’appello ai giovani

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L’Italia è ormai una democrazia matura come dimostra la rapida successione al governo di tutte le forze politiche. La “concretezza” necessaria per poter governare ha richiamato e richiama i partiti a un senso di responsabilità per il bene dell’Italia. Sergio Mattarella nel suo messaggio agli italiani di fine anno disegna un’Italia forte che ha superato le difficoltà e continua a crescere e, pur non citando mai il governo di centrodestra, dalle sue parole emerge la visione di una tranquilla transizione voluta dagli italiani. Tanto che nel discorso del presidente della Repubblica c’è un aperto riconoscimento a Giorgia Meloni: “il chiaro risultato elettorale – sottolinea in apertura del suo intervento di circa 16 minuti dal Quirinale – ha consentito la veloce nascita del nuovo governo, guidato, per la prima volta, da una donna. E’ questa una novità di grande significato sociale e culturale, che era da tempo matura nel nostro Paese, oggi divenuta realtà”. Parole apprezzate dalla premier Giorgia Meloni che ha subito assicurato al presidente di aver “condiviso” sulla “necessità di concordia istituzionale nell’interesse dei giovani, delle donne, di chi lavora e guarda al futuro con fiducia”.

Il capo dello Stato non entra mai nel merito delle scelte politiche del nuovo governo ma non rinuncia, a suo modo, a lanciare alcuni messaggi forti. A partire da quello che emerge da un velocissimo passaggio dedicato all’evasione fiscale: “la Repubblica è nel senso civico di chi paga le imposte perché questo serve a far funzionare l’Italia e quindi al bene comune”, sottolinea entrando in uno dei temi più delicati del dibattito politico italiano. Altro argomento affrontato con decisione da Mattarella è quello della “folle” guerra in Ucraina: per il presidente è chiarissimo dove sia il torto e dove la ragione, al punto da spiegare agli italiani che “la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi”.

Nessun tentennamento quindi sulla necessità di aiutare l’Ucraina anche militarmente. Non manca, poi, un passaggio quasi intimo nel quale il presidente della Repubblica – scosso dagli ultimi terribili incidenti stradali durante le feste – si rivolge direttamente ai giovani italiani esortandoli a non buttare la vita sulle strade: “vorrei rivolgermi direttamente a loro: siamo tutti colpiti dalla tragedia dei tanti morti sulle strade. Troppi ragazzi perdono la vita di notte per incidenti d’auto, a causa della velocità, della leggerezza, del consumo di alcol o di stupefacenti. Quando guidate avete nelle vostre mani la vostra vita e quella degli altri. Non distruggetela per un momento di imprudenza. Non cancellate il vostro futuro”.

Il messaggio del presidente non nasconde i problemi da affrontare e quindi ribadisce la sua posizione sulla pandemia che “non è stata ancora definitivamente sconfitta”. Niente allarmismi ma certo un richiamo forte a non abbassare la guardia: “Dal Covid abbiamo tratto insegnamenti da non dimenticare. Abbiamo compreso che la scienza, le istituzioni civili, la solidarietà concreta sono risorse preziose di una comunità, e tanto più sono efficaci quanto più sono capaci di integrarsi, di sostenersi a vicenda. Quanto più producono fiducia e responsabilità nelle persone”. La Sanità pubblica poi, quei diritti sanciti dalla Costituzione, occupano un posto speciale nelle preoccupazioni del capo dello Stato che invita il governo ad agire: “occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio sanitario nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive”.

Ma il sentimento che il presidente vuole trasmettere agli italiani – e che pervade il suo intervento dall’inizio alla fine – è certamente di fiducia. Mattarella infonde un cauto ottimismo e sprona gli italiani a rimboccarsi le maniche, a fare squadra, a non interrompere il cammino positivo. “La nostra capacità di reagire alla crisi generata dalla pandemia è dimostrata dall’importante crescita economica che si è avuta nel 2021 e nel 2022, ricorda, con un chiaro riferimento all’opera di Mario Draghi. Le nostre imprese, a ogni livello sono state in grado, appena possibile, di ripartire con slancio: hanno avuto la forza di reagire e, spesso, di rinnovarsi. Le esportazioni dei nostri prodotti hanno tenuto e sono anzi aumentate”.

L’Italia quindi, ha aggiunto Mattarella, ha ripreso la sua “grandissima forza attrattiva”, “ha resistito e può guardare al futuro con fiducia”. Certo serve “una visione comune per costruire il futuro”. E la parola “futuro” ricorre più volte nel discorso presidenziale, come quanto insiste a chiedere alla politica di saper “leggere il presente con gli occhi del futuro”, a non perdere “l’occasione” del Pnrr. Il presidente della Repubblica chiede a tutti, maggioranza ed opposizione, uno scatto di reni per staccarsi da anacronistici ancoraggi al passato e pensare finalmente con serietà alle nuove generazioni alle quali non possiamo lasciargli solo gli avanzi del nostro presente. Per cui ha scelto di chiudere il suo messaggio con queste parole: “facciamo sì che il futuro delle giovani generazioni non sia soltanto quel che resta del presente ma sia il frutto di un esercizio di coscienza da parte nostra. Sfuggendo la pretesa di scegliere per loro, di condizionarne il percorso. La Repubblica vive della partecipazione di tutti”.

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Duello in tv Meloni-Schlein, le opposizioni e Fi contro la par condicio

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Il M5s ha gettato sul tavolo il carico, alzando un muro davanti al confronto tv fra la presidente del consiglio Giorgia Meloni e la segretaria Pd Elly Schlein. In campo è scesa l’esponente Cinque stelle in prima fila per le questioni Rai, la presidente della commissione di Vigilanza Barbara Floridia, che ha inviato una lettera al presidente di AgCom e ai vertici del tv pubblica: bisogna garantire parità di condizioni e di trattamento a tutti – è il senso del richiamo – ed evitare di avvantaggiare alcune forze politiche rispetto ad altre. “Mi aspetto di fare il confronto – ha confessato Meloni – ma vedo molti movimenti contro questa iniziativa, vedo molta critica, ci sono cose che si stanno muovendo, magari con l’idea che questo confronto non si faccia: penso che sarebbe un errore”.

In chi si oppone, oltre alla preoccupazione per il rispetto delle regole, c’è anche quella per una polarizzazione dello scontro tra la leader di FdI e quella del Pd che, alla vigilia delle europee, finirebbe per mettere in ombra gli altri contendenti. Contro il duello tv si sono schierati non solo altri leader di opposizione – da Verdi-Sinistra ad Azione a più Europa – ma anche il vicepremier e segretario di Fi Antonio Tajani. In attesa della riunione dell’AgCom di domani, sia Meloni sia Schlein hanno fatto capire di non aver intenzione di dare sponde ai critici: “Il confronto mi piace – ha detto la premier – penso sia il sale della democrazia, in particolare in campagna elettorale. Mi fa molto sorridere il dibattito che sta generando l’aver dato disponibilità al confronto: denunce, lamentele… Penso sia normale, particolarmente in una campagna elettorale come quella in cui siamo, in rapporto all’Unione europea, per raccontare agli italiani che ci sono due modelli: la proposta socialista e conservatori. Mettere a confronto ricette e visioni è un modo di aiutare cittadini nella scelta, è la cosa più naturale del mondo”.

In un’intervista al Qn anche Schlein ha difeso il faccia a faccia in programma a Porta a Porta il 23 maggio: “Il confronto con la presidente del Consiglio potrebbe rappresentare un momento di chiarezza per le persone. Si vedranno in modo ancora più evidente due visioni agli antipodi dell’Italia e dell’Europa”. E la deputata Debora Serracchiani, della segreteria Pd, ha rincarato: “il duello è opportuno ed è anche bello perché è la politica che si confronta nel merito”. Tajani ha ribadito cosa si aspetta dalla Rai: al confronto tv da Vespa “bisogna che tutte le forze politiche partecipino – ha spiegato – perché qua non siamo in un sistema maggioritario ma proporzionale. Si faccia un confronto con tutti i leader assieme come si fa negli Stati Uniti. La par condicio deve essere tale: il confronto si fa con chi si vuole, non è che deve essere imposto. È una violazione, non è giusto”. Un’ipotesi in campo è quella di un faccia a faccia con Matteo Renzi: “Ho già risposto di no”, ha tagliato corto Tajani. Offrendo il fianco all’ironia del leader Iv: “Bruno Vespa mi ha chiesto di partecipare a un faccia a faccia con Antonio Tajani. Ho accettato. Tajani no. Chissà perché… Forza Italia scappa dal confronto, peccato”. Le prossime ore portebbero essere decisive. La riunione dell’AgCom – sulla carta convocata per il consueto monitoraggio settimanale sulla par condicio nelle emittenti televisive -potrebbe essere l’occasione per chiarezza sul confronto Meloni-Schlein e il rispetto delle regole.

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Risiko Ue, l’Italia punta a un commissario di peso

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L’Italia punta a un commissario europeo di peso, e nei piani di Giorgia Meloni potrebbe non essere un ministro del suo governo. La premier ha escluso di pensare a un rimpasto dopo le Europee, “a maggior ragione non per fare il commissario europeo”. Finora si era parlato molto di Raffaele Fitto e Giancarlo Giorgetti, ma dietro la postilla della leader di FdI, secondo ragionamenti che in ambienti di maggioranza vengono accostati alle sue strategie, ci sarebbero non solo l’ambizione di chiudere il quinquennio con la stessa squadra, e l’obiettivo di non toccare gli equilibri interni dopo le elezioni. Ma soprattutto l’intenzione di puntare su una delega importante come quella economica, oggi divisa fra Paolo Gentiloni e Valdis Dombrovskis, o la concorrenza, mirando su un profilo che a Bruxelles non avrebbe problemi a far pesare la proprio autorevolezza.

Sono ragionamenti preventivi, manca ancora parecchio tempo, il risiko della governance europea è decisamente articolato e imprevedibile, ma già qualche nome circola. Fra questi, viene sussurrato con cautela anche quello di Daniele Franco, a cui la premier aveva pensato anche come ministro dell’Economia e che il governo ha poi sostenuto per la poltrona di presidente della Banca europea per gli investimenti, corsa in cui alla fine l’ha spuntata la spagnola Nadia Calvino. È una partita complessa, gli incastri dipenderanno anche dal destino di Mario Draghi, considerato in più cancellerie un papabile per la guida della Commissione europea ma anche per il Consiglio Ue.

Il risultato di questo gioco di incastri potrebbe arrivare mentre a Roma si entrerà in sessione di bilancio. Una missione che si annuncia delicata più che in altri anni. In primo luogo perché bisogna fare i conti con il nuovo Patto di stabilità, un compromesso da “migliorare”, si legge nel programma di FdI per le Europee, “nell’ottica di una maggiore flessibilità, tenendo conto delle esigenze finanziarie degli Stati membri”. Le preoccupazioni sorgono già nella stessa maggioranza anche alla luce del braccio di ferro ad alta tensione andato in scena in questi giorni sulla stretta al superbonus e sul nodo sugar tax, con il blitz per inserire un nuovo componente in commissione Finanze al Senato, dove il voto rischiava di essere pericolosamente in bilico. La manovra “sarà un inferno”, prevede un membro del governo che ne ha viste tante in Parlamento. Servirà massima attenzione per evitare cortocircuiti, quando si tratterà di impostare una legge di bilancio con risorse tutt’altro che abbondanti. E con equilibri di forza che potrebbero variare dopo le Europee.

Molte delle fibrillazioni primaverili sono direttamente riconducibili alle strategie elettorali diverse di FdI, FI e Lega. Meloni assicura di non temere questa campagna elettorale “divisiva”, ma i suoi fedelissimi non fanno mistero dell’irritazione con cui ha seguito la rivolta degli azzurri, guidati da Antonio Tajani, contro l’emendamento messo a punto da Giorgetti, con le norme retroattive sul superbonus. Una soluzione pensata dal Mef per frenare quello che Meloni ha più volte definito “dramma” o “macigno” per le casse dello Stato. E nella battaglia contro questo macigno, a tutela dei conti pubblici, bisognerebbe stare uniti, sarebbe il pensiero della premier, come raccontato nei capannelli dei meloniani in Transatlantico. Non a caso, in questi giorni lei e gli esponenti del suo partito, pubblicamente, si sono tenuti alla larga dalla disputa, probabilmente allineati con la stretta messa nero su bianco dal ministro dell’Economia. Nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, ed è un altro dei ragionamenti che rimbalzano fra i parlamentari di maggioranza, si capirà quanto effettivamente la pazienza del ministro dell’Economia sia messa a dura prova dagli alleati.

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Superbonus: soccorso di Iv, passa emendamento governo con astensione di Fi

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Un tentato blitz in commissione per aumentare i numeri a favore della maggioranza. E’ la mossa a sorpresa con cui Fratelli d’Italia prova a blindare il voto in commissione sul decreto superbonus messo in discussione da Forza Italia contraria alla nuova stretta voluta dal Mef. Una mossa che alla fine della giornata diventa anche superflua con il soccorso a sorpresa di Italia Viva a favore dell’emendamento proposto dal governo. FI spiazzata dalla mossa inattesa di Iv preferisce astenersi piuttosto che votare contro. Anche se rimane la posizione contraria sull’argomento retroattività. Ma dal Mef la linea non cambia: bisogna mettere un punto definitivo all’emorragia della spesa legata dall’agevolazione. E alla fine la mediazione arriva. Presente in commissione per quasi tutta la giornata il ministro per i rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. I numeri in commissione si ricompongono e c’è l’accordo anche sulla sugar tax, che viene rinviata a luglio 2025. La giornata ad alta tensione si consuma al Senato.

La commissione inizia di buon mattino, i lavori vanno avanti a singhiozzo e si trascinano fino a sera, in attesa dei pareri del Mef sui subemendamenti alle modifiche proposte dal governo. Un’attesa che tiene in scacco le proposte di Forza Italia contro la retroattività dello spalma-detrazioni e l’introduzione della sugar tax da luglio previsti dall’emendamento del governo. Il pressing degli azzurri, dopo un week end di scontri diretti tra Tajani e Giorgetti, è ancora alto. Se non sarà modificato il decreto “voteremo contro”, avvertiva il segretario azzurro: “Se si trovano soluzioni positive – diceva ancora – sono sempre pronto ai compromessi. I nostri senatori sono pronti a confrontarsi da stamattina”. E infatti Lotito è schierato: seguiamo la linea politica del segretario. Giorgetti, però, non abbassava la guardia.

Da Milano stigmatizzava il superbonus con un nuovo paragone ad effetto: è come una “droga economica” da cui dobbiamo uscire. E ricordava il suo dovere di ministro dell’economia, “mettere in chiaro la situazione”: “La disintossicazione purtroppo è dolorosa però qualcuno la deve fare, qualcuno deve ordinarla tenendo conto che chi ne è più interessato e ne trae vantaggi non è d’accordo”. Anche perché, avvertiva, già “nei prossimi quattro anni avremo allo stato attuale un impatto all’incirca di 30 miliardi ogni anno per i prossimi quattro anni”. Intanto Fratelli d’Italia decideva di cooptare un nuovo senatore in commissione, in modo da blindare il voto della maggioranza. Arriva Salvatore Sallemi dalla commissione Giustizia, annuncia il capogruppo Lucio Malan in una lettera inviata al presidente del Senato. Una “forzatura”, insorgono le opposizioni. Ad evitare lo scontro è la mossa del presidente Ignazio La Russa, che in Aula annuncia l’avvenuta modifica, ma frena: la nuova composizione entra in vigore solo dopo 24 ore, e non da subito.

A conti fatti, del resto, i numeri sono più favorevoli per la maggioranza anche se non blindati del tutto. Forza Italia, presente con un solo senatore, Claudio Lotito, resterebbe l’ago della bilancia anche con la nuova composizione a 20 membri. Per oggi però si procede a 19. E per qualche votazione, in assenza di Lotito e Patton (Autonomie), la maggioranza procede anche con il voto del presidente, il leghista Massimo Garavaglia, che per prassi non vota.

Alla fine l’aiuto arriva proprio da Patton: in serata, quando restano da votare solo gli emendamenti del governo e del relatore e i relativi sub, il senatore non è già più in commissione, dopo l’ok ad un suo emendamento. In serata arriva anche anche l’accordo sullo slittamento della sugar tax al luglio 2025. Ci sono dunque le risorse, circa 139 milioni, per coprire un altro anno di slittamento. L’emendamento del governo l’avrebbe fatta scattare da luglio. Ma almeno su questo Forza Italia porta a casa un successo: “E’ una nostra vittoria”, commenta il capogruppo di FI al Senato Maurizio Gasparri. Il tutto viene poi blindato a favore del governo dalla via libera del partito di Renzi.

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