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Politica

Mattarella: a Capaci storia sembrò fermarsi poi riscatto

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Prima la folla dei mille ragazzi nel prato del Foro Italico per la manifestazione istituzionale colorata dai 1.400 lenzuoli con i pensieri degli studenti di tutt’Italia. Poi il fiume di gente – non si vedeva da anni – davanti all’albero Falcone a fare il coro a Gianni Morandi che ha cantato ‘C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones” e a dare il saluto solenne alle vittime della strage di Capaci, allo scoccare delle 17.58: l’ora esatta dell’esplosione, trent’anni fa, dell’autobomba piazzata da Cosa nostra che fece saltare in aria Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti di scorta Rocco Dicillo, Antonio Montinaro e Vito Schifani. In quel momento, per il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, “la storia della Repubblica sembro’ fermarsi, come annientata dal dolore e dalla paura”. Mattarella lo dice parlando dal palco allestito al Foro Italico di Palermo davanti a 1400 lenzuoli colorati e oltre mille ragazzi, che lo applaudono interrompendo il suo discorso. Sono arrivati dalle scuole di tutt’Italia per partecipare alla commemorazione della strage: ‘1992-2022/La memoria di tutti. L’Italia, Palermo trent’anni dopo’, organizzata dalla Fondazione Falcone e dal ministero dell’Istruzione. Ci sono i ministri Luciana Lamorgese, Marta Cartabia, Luigi Di Maio, Patrizio Bianchi, Maria Cristina Messa. C’e’ il presidente della Camera, Roberto Fico. Maria Falcone, sorella del giudice, ricorda che c’e’ ancora un obiettivo da centrare: “Sara’ bellissimo quando prenderemo anche Matteo Messina Denaro, quando accadra’ brinderemo insieme con i ministri dell’Interno e della Giustizia” e piu’ tardi aggiungera’: “Ci vedremo tutti insieme davanti l’albero Falcone”. “Credo – afferma la professoressa – che le stragi del 1992 sono state un po’ come le torre gemelli americane e hanno generato una voglia grande di cambiamento”. Ripercorrendo quel giorno terribile, il presidente della Repubblica Mattarella ha sottolineato che “il silenzio assordante dopo l’inaudito boato rappresenta in maniera efficace il disorientamento che provo’ il Paese di fronte a quell’agguato senza precedenti”. Ma “al contrario di quanto avevano immaginato gli autori del vile attentato, allo smarrimento iniziale segui’ l’immediata reazione delle istituzioni democratiche” e “a quella ferocia la nostra democrazia si oppose con la forza degli strumenti propri dello Stato di diritto”.

E “altrettanto significativa – ha aggiunto il Capo dello Stato – fu la risposta della societa’ civile, che non accetto’ di subire in silenzio quella umiliazione e incoraggio’ il lavoro degli investigatori contribuendo alla stagione di rinnovamento”. Per il premier Mario Draghi, l’eroismo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino “ha radicato i valori dell’antimafia nella societa’, nelle nuove generazioni, nelle istituzioni repubblicane”. “Questo e’ un giorno che ha cambiato la storia del nostro Paese – ha detto Fico – Un giorno che segna per l’Italia un cambio di passo e di rotta. E’ un giorno di sofferenza collettiva e personale. Credo che le vite di ognuno di noi da quel giorno siano un po’ cambiate”. Per il ministro Bianchi “il modo principale per sconfiggere la mafia- e’ portare qui i ragazzi e farli studiare e fare avere loro le parole di liberta’ contro la mafia”. Davanti a ministri e diplomatici di alcuni Paesi sudamericani riuniti allo Spasimo, il ministro Di Maio ha ricordato che “il giudice Falcone ha contribuito a tracciare le linee di fondo della diplomazia giuridica italiana, vera e propria direttrice della nostra politica estera e della nostra azione multilaterale”. “Alcuni Paesi si trovano oggi a vivere condizioni analoghe a quelle della Sicilia, dell’Italia degli anni 80-90, con l’attacco diretto delle mafie alle istituzioni democratiche – ha aggiunto la ministra Cartabia – e la storia di questi 30 anni dell’Italia, del suo percorso di contrasto alle mafie, puo’ rappresentare anche una prospettiva e una speranza per altri Paesi impegnati in analoghe battaglie”. Perche’ dopo trent’anni, “possiamo affermare che il sacrificio di Falcone e Borsellino non e’ stato vano, e che tutto cio’ che da allora e’ stato realizzato e’ frutto della loro azione in vita ma anche del generoso dono della loro morte: ed e’ per questo che dobbiamo essere eternamente grati e proseguire la loro lungimirante visione”, ha detto la ministra Lamorgese che assieme al capo della polizia Lamberto Giannini ha poi deposto una corona d’alloro nell’ufficio scorte della caserma Lungaro davanti alla lapide che ricorda i caduti dei due attentati mafiosi. Assente all’evento del Foro Italico, Roberto Lagalla, candidato sindaco del centrodestra a Palermo, finito al centro di polemiche per avere accettato il sostegno elettorale di Toto’ Cuffaro e Marcello Dell’Utri, entrambi hanno scontato condanne definitive per mafia. Ha telefonato a Maria Falcone: “Non e’ mia intenzione esporre Palermo a potenziali violenze”.

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Napoli

Amministrative in Campania: 244mila elettori al voto tra fratture politiche e simboli scomparsi

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Sono 244.129 gli elettori chiamati alle urne in 15 comuni della Campania il 25 e 26 maggio per il rinnovo dei Consigli comunali. Un turno elettorale caratterizzato da scissioni politiche, simboli di partito assenti e alleanze trasversali, soprattutto nei centri più grandi del Napoletano.

Tra le sorprese, spicca la scomparsa del simbolo del Movimento 5 Stelle in tutti e cinque i comuni al voto in provincia di Napoli e l’assenza del Partito Democratico a Nola, feudo della famiglia Manfredi, dove il candidato scelto si è ritirato poche ore prima del deposito delle liste.

Il caso Capaccio Paestum: dopo l’arresto di Alfieri, partiti in fuga

Nel Salernitano, l’attenzione è puntata su Capaccio Paestum, dove si torna al voto dopo l’arresto del sindaco uscente del Pd Franco Alfieri. Il clima è teso e quasi tutti i partiti, ad eccezione di Fratelli d’Italia, hanno evitato di presentare i simboli ufficiali. Il centrodestra si presenta diviso: Carmine Caramante è sostenuto da FdI e tre civiche, Simona Corradino da quattro liste tra cui Forza Capaccio Paestum con esponenti di FI, e Gaetano Paolino corre con il supporto silenzioso del Pd.

Nola: il Pd resta fuori, campo libero alle civiche

A Nola il caos è totale. Il Pd, dopo il ritiro del suo candidato, resta fuori dalla competizione, così come il M5s. Quattro i candidati in campo, tra cui Maurizio Barbato (FdI), Agostino Ruggiero (Socialisti), Antonio Ciniglio e Andrea Ruggiero, quest’ultimo sostenuto da un’ampia coalizione civica.

Volla e Giugliano: sfide a più voci

A Volla sono ben sei i candidati a sindaco, con il Pd che sostiene Giuliano Di Costanzo insieme a tre civiche. Il centrodestra è compatto su Lino Donato, mentre altre quattro coalizioni civiche completano il quadro.

A Giugliano in Campania, il Pd punta su Diego D’Alterio, sostenuto anche da Italia Viva e Azione. Il centrodestra è unito su Giovanni Pianese (FdI, FI, Udc), mentre corre anche Salvatore Pezzella, già vicino alla civica Insieme per Giugliano.

Casavatore e Marigliano: simboli sbiaditi e divisioni interne

A Casavatore, la frammentazione è evidente: Vito Marino è appoggiato da civiche di centrodestra senza simboli ufficiali, Fabrizio Celaj dal Pd e da un M5s “anonimo”, mentre Mauro Muto corre con Fratelli d’Italia.

A Marigliano, il centrodestra candida Paolo Russo (Noi Moderati), sostenuto anche da Fare Democratico, dove sono confluiti esponenti del Pd. Il Pd ufficiale appoggia Gaetano Bocchino, insieme ad Azione e civiche, mentre Ciro Panariello è sostenuto dalla sola lista Cambiamo Marigliano.

Gli altri comuni al voto

In provincia di Avellino si vota a Chiusano di San Domenico, Rotondi e Senerchia. Nel Beneventano urne aperte a Sant’Angelo a Cupolo. In provincia di Caserta, si vota a Lusciano e Pignataro Maggiore. Infine, nel Salernitano, oltre a Capaccio Paestum, si vota a Castelnuovo di Conza, Ispani e Sant’Angelo a Fasanella.

 

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Politica

Atto di clemenza per onorare Papa Francesco: la politica torna a discutere di indulto e liberazione anticipata

Casini, Boschi, Serracchiani e altri parlamentari rilanciano l’appello di Papa Francesco: proposto l’indulto per l’ultimo anno di pena. Forza Italia apre, centrodestra diviso.

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Nel clima sospeso di queste giornate post-festive, scosse dalla solennità dei funerali di Papa Francesco, la politica italiana rispolvera un tema delicato e mai risolto: l’atto di clemenza verso i detenuti, nel nome del Pontefice scomparso. È stato Pier Ferdinando Casini, con un intervento sul Corriere della Sera, a riaprire il dibattito, rilanciando l’appello di Papa Francesco per una giustizia più umana, espresso simbolicamente all’apertura dell’Anno giubilare nel carcere di Rebibbia.

A farsi portavoce di questa istanza anche il movimento radicale Nessuno Tocchi Caino, che ha proposto la liberazione anticipata per i detenuti con un solo anno di pena residua. Una proposta già sottoscritta da parlamentari di diversi schieramenti: Maria Elena Boschi (Italia Viva), Debora Serracchiani (Pd), Luana Zanella (Avs), Maurizio Lupi (Noi Moderati), fino ad arrivare a Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia al Senato.

“Un minimo di coerenza vorrebbe che la politica, commossa ai funerali del Pontefice, dia un segnale concreto, non solo retorico”, ha dichiarato Zanettin. A fargli eco, Giorgio Mulè, vicepresidente della Camera: “Serve una misura straordinaria, non un perdono indiscriminato”.

Tuttavia, non mancano i contrasti: Fratelli d’Italia e Lega restano silenziosi o critici, ricordando le frizioni già esplose nel centrodestra quando, lo scorso anno, Forza Italia sembrava aprire alla proposta di Roberto Giachetti sulla liberazione anticipata. Apertura poi rientrata dopo le tensioni con gli alleati.

Intanto, al ministero della Giustizia, guidato da Carlo Nordio, il viceministro Francesco Paolo Sisto conferma che è allo studio un provvedimento sull’uso eccessivo della custodia cautelare, ma frena su condoni e amnistie: “È giusto dire che si esce dal carcere solo perché non c’è posto? No. Lo sfratto non è incline alla funzione rieducativa della pena”.

Il confronto resta acceso, ma l’eredità spirituale e sociale di Papa Francesco torna a farsi sentire anche nelle aule parlamentari, spingendo una parte della politica a immaginare un gesto di clemenza come segno di civiltà e memoria.

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Politica

Giorgia Meloni guarda al 2027: “Realizzare tutto il programma, poi tornerò dagli elettori”

A metà legislatura Giorgia Meloni punta al 2027: “Portare a termine il programma del centrodestra”. Confronto con i sindacati l’8 maggio, riforme e lavoro in primo piano.

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A metà legislatura, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni fissa già l’orizzonte del prossimo voto: il 2027, quando intende ripresentarsi agli italiani potendo dire “ve lo avevamo promesso, lo abbiamo fatto”. In un’intervista concessa ad AdnKronos, la leader di Fratelli d’Italia chiarisce di voler portare a termine l’intero programma del centrodestra, affrontando sfide ancora aperte come la natalità, il costo dell’energia e la sicurezza sul lavoro.

GUIDO CROSETTO MINISTRO DIFESA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI (Foto Imagoeconomica)

Il nodo lavoro e le critiche delle opposizioni

L’intervista arriva dopo un Primo Maggio segnato dalle dure contestazioni dell’opposizione. Elly Schlein accusa Meloni di “mentire a viso aperto sui numeri del lavoro”, mentre Giuseppe Conte parla di “presa in giro ai danni dei lavoratori” e Matteo Renzi sottolinea il record negativo di emigrazione dall’Italia: “191mila persone hanno lasciato il Paese nel 2023”. Meloni rivendica però i risultati raggiunti e lancia l’obiettivo di essere ricordata come la premier che ha aumentato l’occupazione e ridotto il precariato, annunciando il confronto con le parti sociali previsto per l’8 maggio e una dotazione di 1,25 miliardi per nuove misure in materia di lavoro e sicurezza.

Riforme e legge elettorale, la partita del premierato

L’orizzonte resta la primavera 2027, ma le voci di elezioni anticipate al 2026 continuano a circolare. Nel centrodestra, intanto, si intensificano le riflessioni sulla legge elettorale, strettamente connesse alla riforma del premierato, “madre di tutte le riforme” secondo Meloni. Non è un mistero che la presidente preferirebbe una forma di governo presidenziale, ma per ora ribadisce l’impegno sul testo in discussione alla Camera da dieci mesi.

GIANCARLO GIORGETTI MINISTRO ECONOMIA, LA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO GIORGIA MELONI

“Sessismo contro di me nel silenzio generale”

Nell’intervista, Meloni confessa di essere rimasta “colpita” da “attacchi sessisti vergognosi” subiti in questi anni, lamentando l’indifferenza di chi si riempie la bocca con i diritti delle donne. La replica di Maria Elena Boschi (Italia Viva) non si fa attendere: “FdI ha usato sessismo contro di me per anni. Giorgia, basta chiacchiere e vittimismo. Governa se sei capace”.

Rapporti internazionali: da Trump a Macron

Meloni conferma la sua “relazione speciale” con Donald Trump, riconosciuta anche dalla Casa Bianca, e racconta del consiglio dato al presidente serbo Aleksandar Vucic prima del suo incontro a Mar-a-Lago con l’ex presidente Usa. “Meglio parlare con lui lì che a Washington”, avrebbe detto lei. Il legame con gli Stati Uniti resta saldo: “Difenderemo i nostri interessi con lealtà, ma senza subalternità”, spiega Meloni.

Sul fronte europeo, rivendica un rapporto pragmatico con Ursula von der Leyen, fondato su “stima e franchezza”, e auspica una rimodulazione del Green Deal. Conta di trovare una sponda nel possibile prossimo cancelliere tedesco, Friedrich Merz, e descrive i rapporti con Macron come “di collaborazione e sana competizione” tra due leader di famiglie politiche diverse, ma con interessi comuni.

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