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Massacrò il giovane Alessio Nasti a Roccaraso mentre ballava, l’aggressore è stato individuato: è un coetaneo del Vomero. La vittima: niente vendetta, voglio solo giustizia

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Alessio Nasti è ancora sotto choc per la vile aggressione subita a Roccaraso mentre ballava in un locale, The Connery. Ha 23 punti di sutura in fronte. Ed ha gia avuto alcune crisi di panico. Questione delicata che sarà verificata nelle prossime ore con uno specialista. Da questo punto di vista Alessio è tenuto sotto stretta osservazione medica. Gli sfregi saranno permanenti, ci sarà bisogno di una delicata operazione maxillo-facciale per ridurre lo sfregio dei tanti punti di sutura. Ne ha già fatta una di operazione di natura estetica Alessio. Altre ne dovrà fare.

Ufficio inquirente. La procura presso il Tribunale di Sulmona

Resterà per sempre, invece, lo choc per l’aggressione subita a tradimento. Il ragazzo è stato curato con grande attenzione dal personale medico in servizio all’ospedale di Sulmona a fine anno. Passato il momento critico, ora che le condizioni cliniche di Alessio stanno gradualmente tornando alla normalità, c’è in cima ai suoi pensieri la ricerca del suo aggressore e la sete di giustizia.

“Non conosco la parola vendetta, nella mia famiglia esiste solo il termine giustizia e chi mi ha ridotto in questo stato senza alcun motivo, dovrà pagare” spiega Alessio Nasti.

Lui è un ragazzo perbene di una famiglia perbene napoletana che ha passato un fine 2018 e un inizio d’anno 2019 terribile. Ad assicurarsi che l’aggressore paghi per i reati commessi c’è il legale della famiglia Nasti, l’avvocato Sergio Pisani. Che ha già fatto una prima ricognizione di quanto accaduto e svolto le prime indagini difensive dopo aver presentato. Delle indagini per scoprire dinamica dell’aggressione e movente se ne stanno occupando i carabinieri della caserma di Roccaraso.

L’avvocato Pisani ha sentito come persone informate dei fatti, molti avventori del locale presenti al momento dell’aggressione. In molti hanno visto quanto accaduto . Sono quasi tutti ragazzi napoletani presenti nel locale. Roccaraso è meta sciistica privilegiata e località di vacanza in montagna per le famiglie napoletane che possono permettersi la casa e la vacanza sulla neve nel delizioso centro turistico abruzzese.

Sergio Pisani. Il legale di Alessio Nasti

La situazione è molto chiara all’avvocato che ha già individuato, grazie a queste testimonianze, l’aggressore. Ora tocca alla procura svolgere indagini che sono già state delegate ai carabinieri della Compagnia di Sulmona (competente su Roccaraso) con l’aiuto dei militari della Compagnia dei Carabinieri del Vomero, quartiere collinare napoletano dove risiedono sia l’aggredito che l’aggressore. Almeno secondo quanto appurato dal legale di Alessio Nasti.

“Sappiamo chi è il giovane che ha colpito con un bicchiere in pieno volto Alessio Nasti mentre ballava in pista.. noi abbiamo le idee chiare su quanto accaduto. L’aggressione, la violenza con cui viene portata a termine, le gravissime lesioni personali inferte ad Alessio e il fatto che potesse anche fargli perdere un occhio o farlo morire dissanguato, tanto è stato il sangue che ha perso il mio assistito, evidenziano davvero un quadro di violenza sconcertante” spiega Sergio Pisani che ci prega di non dare in pasto al pubblico il nome dell’aggressore. Cosa che ovviamente non abbiamo alcuna intenzione di fare.

Se ne occuperanno gli inquirenti. Diciamo solo che chi ha inferto un colpo che poteva anche essere mortale ad Alessio è un suo coetaneo, è napoletano, vive anche lui nel quartiere collinare del Vomero e pensando di inabissarsi e scappare dalle sue responsabilità si è cancellato dai social. L’aggressore è un giovane che ha fatto il liceo, frequentato l’Università Federico II. E avrà molte cose da chiarire ai carabinieri che a breve andranno a casa sua.

Nel frattempo ad Alessio Nasti sono arrivati gli auguri, gli “in bocca al lupo”, “torna presto tra noi”, “combatti per i tuoi diritti”, “questo bandito non deve farla franca” e altri commenti sui suoi profili social per dargli forza in questo momento difficile. Che passerà. Anche se lo choc per una aggressione così vile è difficile da dimenticare per chiunque. Anche per un cuore di pietra.

Ragazzo napoletano massacrato in un locale di Roccaraso mentre ballava, l’aggressore è un suo coetaneo già individuato dal legale della vittima

*È vietata la riproduzione integrale. È gradita la citazione con il link a questa pagina.

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Blackout ferma anche il tennis a Madrid ma Arnaldi passa

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Anche il torneo di tennis di Madrid si è dovuto arrendere al black out che ha colpito poco dopo le 12.30 di oggi ma l’intera penisola iberica e parte del Sud della Francia. Dopo sole tre partite giocate, il programma è stato sospeso in attesa di un ritorno dell’energia elettrica, lasciando giocatori e pubblico in un limbo fatto di attesa e incertezza, un po’ come in una stazione o in un aeroporto per uno sciopero improvviso. Intorno alle 16.30, gli organizzatori hanno infine deciso di cancellare tutti gli incontri ancora da disputare, nel pomeriggio e in serata, per motivi tecnici e di sicurezza, scombinando i programmi di tante stelle della racchetta già stressate, anche se lautamente ricompensate, dai ritmi infernali del circuito.

Una delle poche eccezioni ha riguardato Matteo Arnaldi. L’azzurro stava portando a casa il secondo set contro il bosniaco Damir Dzumhur quando si sono spenti i tabelloni e tutte le apparecchiature a servizio del match. I due giocatori sono rimasti interdetti e la partita è stata sospesa ma quello che sembrava un inconveniente localizzato alla Caja Magica, sede del torneo, si è rivelato un problema di ben altra dimensione. L’azzurro ha però potuto in qualche modo finire opera, battendo il rivale per 6-3, 6-4 per accedere agli ottavi di finale, ma della sua vittoria non resterà traccia se non nella memoria dei due protagonisti e dello scarso pubblico presente, perchè tutto era andato in tilt. Nel primo set, Arnaldi e Dzumhur hanno faticato mezz’ora per completare i primi sei game, poi l’italiano ha fatto il break per chiudere 6-4.

Nel secondo, Arnaldi non si è fatto distrarre dall’interruzione, guadagnando la sua prima volta agli ottavo in un Masters 1000 e anche qualche ora di riposo in più rispetto al prossimo avversario, che sarà uno tra lo statunitense Tiafoe e il francese Muller. Non è andata altrettanto bene al bulgaro Grigor Dimitrov, che stava avendo la meglio sul britannico Jacob Fearnley: lo stop energetico ha lasciato una telecamera pericolosamente sospesa sul centro del campo, obbligando a sospendere definitivamente l’incontro. Dopo qualche ora di attesa, i giocatori che dovevano scendere in campo hanno avuto la notifica della cancellazione del programma e tra loro ci sono Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti, che domani, si presume, dovranno affrontare rispettivamente il britannico Jack Draper e il greco Stefanos Tsitsipas. Nel torneo Wta 1000 hanno potuto completare la partita la statunitense Coco Gauff, che ha battuto la svizzera Belinda Bencic, e la sua prossima avversaria, la russa Mirra Andreeva, che ha eliminato l’ucraina Yuliia Starodubtseva. Tutto rinviato invece per la n.1 e la n.2 al mondo, la bielorussa Aryna Sabalenka e la polacca Iga Swiatek, che è la campionessa uscente. (ANSA). 2025-04-28T18:10:00+02:00 RI ANSA per CAMERA04 NS055 NS055

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Prete indagato a Bari, su auto tracce di sangue: è indagato per omicidio stradale e omissione di soccorso

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Le tracce presenti sull’auto di don Nicola D’Onghia, il 54enne sacerdote indagato a Bari per omicidio stradale e omissione di soccorso nel caso della morte della 32enne Fabiana Chiarappa, erano di sangue. Lo dimostrano i primi risultati degli accertamenti svolti sulla Fiat Bravo del prete nei giorni successivi all’incidente. Ora, per gli inquirenti, resta intanto da capire se quel sangue sia quello della 32enne, rugbista e soccorritrice del 118, ma soprattutto se il possibile impatto tra la auto del sacerdote e Chiarappa abbia causato la morte della giovane o se questa, invece, sia avvenuta prima.

Secondo quanto ricostruito finora, la sera del 2 aprile Chiarappa era in sella alla sua moto Suzuki sulla provinciale 172 che collega i comuni di Turi e Putignano quando, per cause ancora da chiarire, avrebbe perso il controllo del mezzo e sarebbe finita fuori strada, colpendo anche un muretto a secco. Compito della pm Ileana Ramundo, che coordina le indagini dei carabinieri, è ora quello di capire – anche grazie ai risultati dell’autopsia, il cui deposito è previsto tra oltre un mese – cosa effettivamente abbia causato la morte della 32enne, se lo schianto contro il muretto o il successivo impatto con l’auto.

Il parroco, agli inquirenti, ha raccontato come quella sera, mentre percorreva quella strada, ha avvertito un rumore provenire dal pianale della propria auto (“come se avessi colpito una pietra”) ma di non essersi accorto né della moto né della ragazza, anche a causa del buio. Poco dopo aver sentito il rumore, intorno alle 20.30, si è quindi fermato in una stazione di servizio per controllare eventuali danni all’auto, prima di rimettersi in macchina e tornare verso casa. Il parroco ha detto di aver appreso dell’incidente dalla stampa il giorno dopo e per questo, dopo aver consultato i propri legali (è assistito dagli avvocati Vita Mansueto e Federico Straziota), ha deciso di raccontare il tutto ai carabinieri.

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Gip:indagare su 100 account per gli insulti a Segre

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Accusare “di nazismo una reduce dai campi di sterminio” è diffamazione aggravata dalla finalità discriminatoria, perché è “uno sfregio alla verità oggettiva” e “la più infamante delle offese per la reputazione di chi ha speso la propria vita per testimoniare gli orrori del regime e per coltivare la memoria dell’Olocausto”. E in questi casi va “ribadito” che “lo Stato è presente e che è pronto ad andare fino in fondo per tutelare i diritti di chi invoca il suo intervento”.

E’ il ragionamento del gip di Milano Alberto Carboni che, respingendo in gran parte le richieste del pm Nicola Rossato, ha deciso che devono proseguire le indagini, in cui è contestata la diffamazione aggravata dall’odio razziale, sugli insulti social nei confronti di Liliana Segre, senatrice a vita, sopravvissuta alla Shoah e sotto scorta da sei anni. Tra l’altro, bersaglio di altri ed ennesimi attacchi della stessa natura dopo la partecipazione il 25 aprile alla commemorazione della festa della Liberazione a Pesaro.

Dopo l’istanza di opposizione, discussa in aula il 27 marzo e presentata dall’avvocato di Segre, Vincenzo Saponara, il giudice ha ordinato alla Procura di identificare, con nuovi accertamenti, le persone che si nascondono dietro ad 86 account, di iscriverne nove che erano state individuate ma non indagate, tra cui Nicola Barreca che era segretario cittadino della Lega a Reggio Calabria. In più, ha stabilito che il pm dovrà formulare l’imputazione coatta, ossia il decreto di citazione diretta a giudizio mandando a processo altri sette indagati. Tra loro non c’è Chef Rubio. Per il noto volto televisivo e per altri nove, infatti, è stata accolta la richiesta di archiviazione, perché le sue frasi nei post contro Segre e a favore della causa palestinese, “per quanto aspre” e di “pessimo gusto”, rappresentano “una manifestazione argomentata del pensiero dell’autore in ordine a un tema politicamente sensibile”.

Il pm a gennaio, intanto, aveva chiuso le indagini per la citazione a giudizio, ma solo nei confronti di dodici persone, tra cui No vax e Pro Pal. Per il gip, però, che nell’ordinanza riporta una tabella con 246 account e relative offese alla senatrice raccolte, tra il 2022 e il 2024, in 27 querele, non ci si può fermare qua. E non si può sostenere, come ha fatto il pm, “che è frequente nel dibattito politico l’utilizzo, per contrastare e stigmatizzare l’avversario politico, del termine ‘nazista’”. Qua si parla di chi ha vissuto in prima persona l’Olocausto.

E quel “tragico vissuto personale” e “l’incidenza che l’ideologia nazista ha avuto nella sua esistenza sono circostanze che erano ben conosciute agli autori dei post, i quali hanno accostato il termine nazista alla sua immagine proprio in ragione della speciale carica offensiva che ne sarebbe derivata”. Inoltre, si legge, gli insulti “gratuiti” in decine di post vanno considerati diffamatori per la “estrema diffusività dello strumento informatico” che “genera spirali di odio e violenza che sono alimentate proprio dalla inescusabile leggerezza con cui gli utenti si lasciano andare a commenti” di quel genere. Su questo, mette nero su bianco il gip, non può esserci “assuefazione”, il web non può essere “un terreno franco dove ogni insulto è consentito e dove la reputazione degli individui può essere calpestata impunemente”.

Infine, il gip chiarisce che, anche se i colossi della Rete hanno offerto una collaborazione a singhiozzo alle indagini, “nella maggior parte dei casi gli utenti Facebook”, ma anche dell’ex Twitter e di Instagram, “registrano il profilo con il proprio nome reale e inseriscono numerose informazioni personali”. Per questo “la possibilità di identificare gli autori dei post è realistica”.

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