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Cronache

Maria Adela, la sexy spia russa che faceva la bella vita nei circoli Nato di Napoli

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Una presunta spia della Russia, una giovane donna, bella e avvenente, avrebbe avuto accesso ai circoli frequentati da ufficiali e militari della base Nato di Napoli. A ricostruire la vicenda è il quotidiano la Repubblica nell’edizione di oggi, con una lunga inchiesta condotta per dieci mesi assieme al sito Bellingcat, il settimanale Der Spiegel e The Insider. L’approfondimento si dedica a ricostruire quella che viene rappresentata come la missione segreta di Maria Adela, nome che sarebbe stato inventato, raccontando un decennio della vita della misteriosa ragazza – di stanza tra Parigi, Malta, Roma e poi sotto al Vesuvio – prima che nel 2018 si perdessero le sue tracce. Il quotidiano definisce la vicenda come “la piu’ clamorosa operazione di intelligence realizzata da Mosca nel nostro Paese”. L’articolo su Repubblica specifica: “La nostra inchiesta non e’ riuscita a ricostruire quali informazioni siano state ottenute dalla spia, ne’ se sia stata capace di seminare virus informatici nei telefoni e nei computer dei suoi amici per spiarli e trafugare dati”. L’inchiesta sostiene che “la traccia principale che collega” la donna “ai servizi segreti di Mosca e’ il passaporto russo usato per entrare in Italia, appartiene alla stessa serie speciale utilizzata dagli 007 del Gru, l’intelligence militare agli ordini del Cremlino”.

L’inchiesta ha ricostruito la missione segreta condotta per quasi un decennio da una donna misteriosa, con un’identità tanto complessa quanto falsa: Maria Adela Kuhfeldt Rivera (Olga Kolobova), nata in Perù da padre tedesco. Una trentenne spigliata che parla sei lingue: ha avviato un’azienda per produrre gioielli, si è inserita nei circoli mondani di Napoli e infine è riuscita a infiltrarsi tra il personale della base Nato e della VI Flotta statunitense: il vertice operativo del potere militare occidentale in Europa.

Maria Adela è stata molto abile nel celare le sue tracce. Ma una lunga analisi nei database russi divulgati negli ultimi anni, usando software per la comparazione dei volti, ha permesso di scoprire il suo vero nome: Olga Kolobova, nata nel 1982. Il punto di partenza è stata la foto di un vecchio passaporto: una ragazza che sparisce per tredici anni, salvo ricomparire a Mosca alla fine del 2018, quando in poco tempo compra due appartamenti di lusso e un’Audi.

 

Ecco la storia “napoletana” di Maria Adela, dopo essere stata a Parigi, Malta, essere entrata in Italia ed essersi “ambientata” tra Ostia e Valmontone passando dallo status di studentessa a quello di gemmologa esperta e proprietaria di gioiellerie. Tutto raccontato dal gruppo investigativo di Repubblica, Bellingcat, il settimanale Der Spiegel e The Insider.

In Italia la spia Maria Adela o Olga va ad abitare  in un condominio di Ostia, poi si trasferisce in una palazzina a Valmontone: la carta d’identità rilasciata dal Comune laziale la qualifica come studentessa. “Ma a febbraio 2013 registra una società, la Serein Srl, per confezionare gioielli. E nel giro di due anni cambia tutto. La sua ditta apre un laboratorio nel centro orafo il Tarì, a Marcianise, ottenendo l’autorizzazione della Questura. Lei si trasferisce a Napoli, in una delle strade più affascinanti di Posillipo, via Manzoni; poi affitta una casa ancora più bella, in via Petrarca, con tanto di terrazza affacciata sul Golfo. E qui conosce e frequenta bella gente, belle signore,  Si impone nella vita cittadina, tra eventi e vernissage. Nel 2016 inaugura una “concept gallery” all’interno del prestigioso Palazzo Calabritto, all’angolo di piazza dei Martiri. Evitiamo nomi, anche perchè si tratta di persone che non hanno mai avuto la benché minima idea di chi fosse Maria Adela e men che meno hanno mai sospettato fosse una spia russa. La bella Adela aveva realizzato il nuovo ritrovo degli appassionati di tutto quanto faccia rima con il lusso. Le cronache mondane napoletano segnalano la presenza di una folla di vip e volti noti alle sue serate. Lei li accoglie sorridente, lunghi capelli neri e un filo di trucco. Maria Adela non pare interessata ai guadagni, perché fattura sempre poco – complessivamente 13mila euro di ricavi – mentre spende e spande per organizzare cene e serate. Soldi di cui si ignora l’origine. La sua missione non  è fare business ma conoscere gente, carpire segreti. Si fa accettatare nel Lions Club “Napoli Monte Nuovo”, un circolo molto particolare: è stato fondato dagli ufficiali della base Nato di Lago Patria. I soci sono praticamente tutti militari, impiegati e tecnici dell’Alleanza Atlantica o della VI Flotta statunitense di stanza a Capodichino: il bersaglio più ambito dall’intelligence russa. Maria Adela nel 2015 diventa addirittura segretaria del club. “Era attivissima – ha dichiarato il tenente colonnello tedesco Thorsten S. – e nel 2018 si era offerta di pagare la tassa di iscrizione per tutti. Non ho mai capito quali fossero le sue motivazioni”.
Quel Lions Club è stata la ragnatela perfetta, in Adela, spia russa, ha agganciato numerosi ufficiali della Nato. Metodo classico: rapporti umani,  rapporti sentimentali. Facile a cena o in camera d’albergo parlare anche di Nato e questioni militari. Uno dei dirigenti del Comando Atlantico ci ha confermato di avere avuto una breve relazione romantica, chiedendo l’anonimato. A tutti giustificava la sua cittadinanza russa con una storia romanzesca: era nata in Sud America, figlia di un tedesco e una peruviana. Quando non aveva ancora due anni, la madre single l’aveva portata a Mosca per partecipare alle Olimpiadi del 1980. Più altre storie romanzesche incredibili che però alcuni ufficiali Nato a Napoli hanno bevuto.
Tra le persone che ha frequentato Adela c’era il colonnello Shelia Bryant, all’epoca ispettore generale delle forze navali statunitensi in Europa e Africa. Shelia Bryant ora è tornata negli States, dove è stata candidata alla Camera per il Partito Democratico. Anche a lei Maria Adela aveva rifilato la stessa storia: “Mi era parso un racconto confuso e poco convincente. Perché qualcuno avrebbe dovuto abbandonare la figlia nell’Unione Sovietica?”. Non era l’unico elemento di dubbio: “Era difficile capire dove prendesse i soldi: aveva aperto un negozio e cambiava spesso appartamenti nelle zone più belle della città senza fonti di guadagno credibili. Non ho mai parlato di politica con lei e avevo accesso limitato alle informazioni militari confidenziali che potessero interessare al Gru: io e mio marito abbiamo contenuto i nostri rapporti alle interazioni sociali. Ricordo che aveva relazioni non solo con ufficiali e funzionari statunitensi, ma pure belgi, tedeschi e italiani. Noi abbiamo cercato di aiutarla in quelli che sembravano i suoi problemi sentimentali con gli uomini…”.
Pure altre amiche hanno riferito la stessa impressione, parlando di tante passioni in apparenza tormentate. Le persone che ha avvicinato nei ranghi atlantici e della Us Navy sono tante. Era molto legata all’allora Data Systems Administrator del quartier generale atlantico: la responsabile dei sistemi informatici più sensibili. Ci sono indizi della sua partecipazione ad alcune cerimonie all’interno dei comandi Nato e Usa: il ballo annuale della Nato, quello del Corpo dei Marines, diverse serate di beneficenza. Nel frattempo sposta la sede della società a Milano, a pochi metri dal Duomo: l’ultimo bilancio mette nero su bianco 300mila euro di perdite, probabilmente le spese per la frenetica attività di rappresentanza. Da questo momento Adela sparisce. Non è stato neppure possibile accertare se esiste un legame tra questa operazione e un’altra clamorosa storia di intelligence: l’arresto di un colonnello francese in servizio nel quartier generale di Napoli, finito in carcere a Parigi nell’estate 2020 con l’accusa di avere venduto dossier top secret proprio al Gru, servizio segreto del Cremlino. Maria Adela è scomparsa.
Prende il volo il 15 settembre 2018, immediatamente dopo le rivelazioni sugli 007 russi che hanno sparso veleni letali. Gli amici napoletani la contattano invano sui social, l’ultimo fidanzato – un contractor in servizio nella base americana – la tempesta di mail. Per settimane nessuna replica. Il coup de théâtre arriva il 19 novembre 2018 con un post in italiano e inglese, in cui fa capire di avere un tumore. “La verità che devo finalmente rivelare. Adesso i capelli stanno crescendo dopo la chemio, corti corti ma ci sono”. Nella foto del profilo ha un caschetto biondo: è l’ultima immagine prima del silenzio. Lo ha rotto solo nei confronti di Marcelle D’Argy Smith, l’e x direttrice di Cosmopolitan, con un messaggio WhatsApp lo scorso dicembre: “Ci sono tante cose che non posso (e non sarò mai in grado) di spiegare ma sappi che mi manchi moltissim”.
La ragazza che visse due volte Maria Adela è stata molto abile nel celare le sue tracce. Ma una lunga analisi nei database russi divulgati negli ultimi anni, usando software per la comparazione dei volti, ha permesso di scoprire il suo vero nome: Olga Kolobova, nata nel 1982. Il punto di partenza è stata la foto di un vecchio passaporto: una ragazza che sparisce per tredici anni, salvo ricomparire a Mosca alla fine del 2018, quando in poco tempo compra due appartamenti di lusso e un’Audi. Non solo. Il padre è stato un colonnello che ha ricevuto numerose medaglie “per avere servito la patria all’estero, in Angola, Iraq e Siria”: spesso gli agenti del Gru vengono reclutati proprio tra i figli degli ufficiali. La prova definitiva però arriva dall’immagine sul profilo WhatsApp di Olga Kolobova: è la stessa con i capelli biondi a caschetto pubblicata da Maria Adela nell’ultimo messaggio agli amici napoletani. Una storia da film, ma una storia vera. Che passa per Napoli.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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