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Cronache

Marchionne in una clinica svizzera in fin di vita, Elkann lo sostituisce ovunque in azienda

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L’ex capo esecutivo Fca è ricoverato in gravi condizioni da oltre un mese in una clinica di Zurigo. Con lui c’è la compagna di vita. Sergio Marchione, secondo quanto si racconta nei piani alti dell’azienda del Lingotto, è arrivato sul letto di ricovero sfinito. Il 27 giugno la sua ultima apparizione in pubblico. Aveva voluto presentare la nuova Jeep Wrangler, quella destinata all’Arma dei carabinieri. Arrivo al Comando generale dell’Arma il 27 giugno mattina sorridente, ma “era molto stanco” ci dice chi quel giorno c’è stato accanto per qualche ora. Finì la presentazione, di corsa a Fiumicino, jet personale e atterraggio a Zurigo. Da quel momento si sono perse le tracce di Marchionne. Fino a quando la Fiat non è entrata nel gorgo delle indiscrezioni, delle chiacchiere e delle illazioni sui cambio al vertice. A fermare queste voci ci ha pensato John Elkann con una nota ufficiale in cui spiegava che ogni movimento al vertice della galassia Fiat era obbligato dalle condizioni di salute di Sergio Marchionne.  Fca ha ufficialmente spiegato con una nota che Marchionne non era convalescente per un intervento alla spalla destra, come si sapeva da giorni, ma per serie questioni salute. E se non fosse chiaro, sempre Fca, ha fatto sapere “con profonda tristezza” di “complicazioni inattese durante la convalescenza post-operatoria, aggravatesi ulteriormente nelle ultime ore”. Insomma, le parole sono chiare.

Le condizioni di salute di Sergio Marchionne sono così gravi da renderne impossibile il ritorno sulla tolda di comando di Fca. “Si tratta di una situazione impensabile fino a poche ore fa, che lascia a tutti quanti un senso di ingiustizia. Il mio primo pensiero va a lui e alla sua famiglia” spiega in un’altra nota John Elkann. Fino a questo punto tutto fa capire che Marchionne sta molto male e che Fra, come chiunque altro avrebbe fatto, pensa al dopo. Come è giusto che sia. Ma quali sono davvero le condizioni cliniche del manager che ha risanato l’ex Fiat e l’ha riportata al centro dell’industria automobilistica mondiale?  Difficile capirlo. Ci sono però troppi indizi concordanti che lasciano poco spazio alla immaginazione. Intanto le parole di Elkann nel ricordarlo. “Quello che mi ha colpito di Sergio fin dall’ inizio – scrive il presidente di Fca — furono le sue qualità umane, la sua generosità e il suo modo di capire le persone. Per me è stato un uomo illuminato, un punto di riferimento ineguagliabile. Una persona di cui fidarsi, un mentore e, soprattutto, un amico (…) Per me è stato un privilegio avere Sergio al mio fianco per tutti questi anni”. Se avete fatto attenzione ai verbi usati da Elkann, ne parla al passato. Come se già non ci fosse più. Ovviamente la speranza è che ne parli così sol perchè non risarà più in azienda. I tweet di chi ha avuto modo di conoscere e di restare in rapporti di amicizia con lui non sono diversi dalla nota di John Elkann.  Matteo Salvini e Matteo Renzi ne parlano al passato. Maurizio Arrivabene, team principal della Ferrari, in pista ad Hockenheim, con le lacrime agli occhi ai giornalisti ha detto “io e la squadra gli dedichiamo la pole di oggi, visto che per la gara di domani non c’è certezza». Insomma Marchionne, quali che siano le sue condizioni di salute e le sue prospettive di vita, è già il passato ad Fca. Non solo perchè una serie di manager di sua stretta osservanza e fiducia ne hanno già preso il posto nei gangli dell’azienda, ad ogni livello, ma anche perché non sarà facile far finta che in fondo si tratta di un manager che sarà sostituito da altri. Marchionne è uomo che ha spostato i confini della vecchia Fiat oltre le Alpi, oltre l’Europa, oltre gli Usa. Sergio Marchionne è quel signore che ha preso la Ferrari e con vari manager l’ha portata da azienda automotive del lusso italiana che valeva meno di 10 miliardi di euro sul mercato a un gruppo industriale che oggi è valutata in  Borsa 24 miliardi. E chissà quanto varrà se Sebastian Vettel porterà di nuvo il titolo mondiale a Maranello. Oggi Ferrari in Borsa vale due miliardi in meno di Fca.

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L’addio a Papa Francesco seguito da tutto il mondo, dalle tv ai social

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Francesco lo avrebbe voluto cosi: quello di Bergoglio è da considerarsi ad oggi il funerale di un pontefice con il più vasto accesso a livello mondiale. Non per le 250mila persone stimate in piazza San Pietro, ma per l’incalcolabile moltitudine di schermi accesi sulle esequie: quelli tv ma anche cellulari, tablet, pc e laptop. Con i social che da soli hanno sfiorato i 7 milioni di interazioni nelle ultime 12 ore. I network internazionali più noti – per la gran parte americani ma non solo, come Bbc, Sky e Al Jazeera – hanno tutti offerto sui propri siti web le dirette video della cerimonia in Vaticano e gli aggiornamenti fin dai primi arrivi sul sagrato della Basilica. E poi i quotidiani in ogni lingua, le radio, i canali youtube, a partire da quello della Santa Sede che ha trasmesso la cerimonia per intero. La rivoluzione tecnologica, che ha viaggiato veloce negli ultimi 20 anni – ovvero dal funerale di Giovanni Paolo II – ha portato così tutto il mondo lungo via della Conciliazione, tra le colonne di piazza San Pietro e al seguito dell’ultimo viaggio del pontefice che ha attraversato Roma fino alla Basilica di Santa Maria Maggiore: dalle Filippine (il più popoloso paese cattolico al mondo), all’Africa, passando per l”Asia, gli Stati Uniti o l’America Latina che a papa Francesco aveva dato i natali. L’attesa era tale che fin dai giorni precedenti diverse testate, nelle loro edizioni online, offrivano indicazioni in dettaglio su come sintonizzarsi: le pagine web, gli orari, i canali social dedicati. Quest’ultima la maggiore novità da quando, nel 2005, il mondo salutò un papa in carica con la morte di Karol Wojtyła . E’ infatti, per esempio, rimbalzata prima sui social l’immagine – subito considerata storica – del faccia a faccia fra il presidente Usa Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky nelle navate della Basilica prima delle esequie. E dalle prime analisi risulta essere al top dell’interesse globale, sfiorando alle 15 (ora italiana) quasi 3 milioni di interazioni, esattamente 2 milioni 915 mila e 481 così divise: su X 547.789, su Instagram 1.689.547 e su Facebook 678.145, secondo l’analisi della società Arcadia sulle conversazioni social e sul web. Tra le 25 emoji più utilizzate online per commentare i funerali ci sono le mani congiunte in preghiera e le bandiere dello Stato Pontificio, dell’Argentina e degli Stati Uniti. E, ovviamente, quasi la metà (47%) sono gli utenti dai 25 ai 34 anni ad aver partecipato maggiormente alle conversazioni digitali.

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Il rosso e il nero, a San Pietro geografia del potere

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Il rosso porpora dei cardinali e il nero degli abiti in lutto, il bianco delle rose e il marmo bianco del colonnato. Tra cerimoniale e protocollo sul sagrato di San Pietro si è dispiegata la geografia del potere spirituale e temporale racchiusa nella regia sapiente del rito. Le spettacolari immagini dall’alto, realizzate grazie anche all’inedito utilizzo di droni, hanno trasformato piazza San Pietro in una gigantesca scacchiera dell’equilibrio mondiale: da un lato il rosso degli abiti cardinalizi, dall’altro il nero degli abiti dei capi di Stato e consorti sapientemente distribuiti in base a ruolo e peso internazionale. A seguire, in una sorta di sfumatura cromatica, il bianco dei concelebranti e i variopinti completi delle decine di migliaia di fedeli. In prima fila la delegazione italiana e quella argentina alle quali si sono affiancate, con un piccolo strappo al cerimoniale che voleva una disposizione in ordine alfabetico francese, quelle dei principali governi europei e mondiali, dalla Francia agli Stati Uniti, passando per la Spagna e l’Ucraina. L’unico outfit blu, invece del tradizionale nero, è stato quello del presidente americano, Donald Trump che, in prima fila, si trovava tra Filippo di Spagna ed Emmanuel Macron. Zelensky per un giorno ha dismesso maglietta e pantaloni tecnici in verde militare per vestire di nero. Poi le first ladies di ieri e di oggi e nobili col capo coperto da un velo nero, da Melania Trump a Jill Biden, da Silvia di Svezia a Letizia di Spagna. Victoria Starmer ha preferito però un cappello con veletta. Capo coperto anche per la figlia del presidente Mattarella, Laura. Giorgia Meloni, Ursula Von der Leyen e Brigitte Macron non hanno rinunciato allo stile rigoroso ma senza veletta. L’austerità della celebrazione a piazza San Pietro ha lasciato poi spazio alle rose bianche con cui i poveri e i migranti hanno accolto il feretro di Francesco a Santa Maria Maggiore, proprio come lui avrebbe voluto. Gli zuccotti rossi dei cardinali si confondevano con le giacche beige dei fedeli o le magliette dell’Argentina, ai jeans strappati e gli smanicati rossi. Ad accompagnare il feretro verso la cappella dove poi Bergoglio è stato tumulato prima i domenicani, con il loro tradizionale – ed umile – abito nero e bianco, e poi quattro bambini. Nelle loro mani due cesti di rose bianche offerte dai poveri davanti all’altare della Basilica tanto cara a Francesco. Lo stesso altare sul quale, dopo le dimissioni dal Gemelli, il Pontefice decise di far deporre a sorpresa i fiori gialli della signora Carmela. Che, anche oggi, immancabile, ha deciso di prender parte alle esequie, tra i Grandi della Terra e gli “ultimi del mondo”.

(Foto in evidenza di Imagoeconomica)

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Elezioni comunali con 23 liste a Bisegna: il trucco della vacanza retribuita dietro una farsa elettorale

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Incredibile ma vero: 23 liste si sono presentate per le elezioni amministrative di Bisegna, minuscolo comune abruzzese in provincia dell’Aquila, con appena 212 abitanti. Un numero spropositato che nasconde una realtà scandalosa: 21 liste su 23 sono composte da agenti della polizia penitenziaria che si sono candidati non per partecipare davvero al processo democratico, ma per usufruire di un mese di aspettativa retribuita, garantita dalla legge, con la scusa della campagna elettorale.

Il vero scopo: un mese di ferie pagate

Delle 23 liste, solo due rappresentano candidati locali che hanno a cuore il futuro del paese. Le altre sono state messe in piedi esclusivamente per consentire ai candidati di prendere ferie retribuite: un abuso normativo che trasforma le elezioni, fondamento della democrazia, in una comoda vacanza a spese dei contribuenti. Una beffa clamorosa, soprattutto se si pensa che alle ultime elezioni hanno votato solo 150 persone.

Un meccanismo che tradisce la fiducia nelle istituzioni

Questa vicenda getta un’ombra pesante sulla credibilità del sistema elettorale locale. Organizzare liste fittizie per ottenere privilegi economici senza alcuna intenzione di governare o migliorare la vita di una comunità tradisce lo spirito delle elezioni, nate per consentire ai cittadini di scegliere chi li rappresenterà davvero.

Un caso che chiede risposte immediate

La situazione di Bisegna impone una riflessione urgente: è inaccettabile che le regole, pensate per garantire la partecipazione democratica, vengano piegate a interessi personali. Serve un intervento normativo che blocchi questi abusi e ristabilisca il rispetto per un diritto fondamentale come quello del voto.

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