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L’Ue a Google, ‘ceda parte dei servizi pubblicitari’

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Una minaccia pronta a farsi ingiunzione che alimenta lo scontro ormai incessante tra Bruxelles e la Silicon Valley. Questa volta rappresentata da Google, colpita al cuore del suo business: la pubblicità online. Dopo due anni di indagini a tappeto sull’attività inserzionistica gestita dal motore di ricerca più visitato al mondo, con la sponda anche di Washington, l’Antitrust Ue non ha atteso oltre per recapitare una lettera di addebiti a Mountain View imputandole di abusare del suo dominio nel settore degli annunci ‘display’ – come banner, finestre pop-up e video -, con buona pace della concorrenza. Accuse preliminari che la major di Sundar Pichai, messa spalle al muro davanti al rischio di una “cessione obbligatoria” di una parte dei suoi servizi corredata da una nuova maxi-multa del 10% del giro d’affari annuo, si è affrettata a rispedire al mittente, preannunciando battaglia. Finite nel giugno 2021 nel mirino della capa della concorrenza Ue, Margrethe Vestager, le pratiche attuate da Google si sono rivelate essere in via preliminare “sleali” per Bruxelles lungo quasi tutta la filiera ad tech. Con il dolo di aver imposto, a partire “almeno dal 2014”, strumenti come AdX, una delle principali piattaforme per le aste, Google Ads, DV360 e DoubleClick for Publishers per monetizzare il traffico dei contenuti pubblicitari a suo favore e a danno “non solo dei concorrenti diretti” ma anche, ha tuonato Vestager, “degli inserzionisti e degli editori”. E questo anche nella controllata YouTube.

Una conclusione condivisa anche dal Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti, che per le stesse ragioni a gennaio aveva intentato una causa contro Mountain View. E alla quale Bruxelles è arrivata con il sostegno dell’Authority britannica e di quelle di Italia, Francia, Danimarca e Portogallo. Davanti al fuoco incrociato di addebiti, Google ha subito fatto sapere, per bocca del suo vicepresidente per i servizi pubblicitari globali, Dan Taylor, di “non condividere il punto di vista della Commissione Ue”, assicurando di essere pronta a rispondere “di conseguenza”.

A difesa del messaggio che gli strumenti di ad tech della major “aiutano i siti web e le app a finanziare i propri contenuti e consentono alle aziende di tutte le dimensioni di raggiungere in modo efficace nuovi clienti”. Nei rilievi di Bruxelles, però, è Mountain View a detenere lo strapotere di un mercato in “continua espansione” che, nella sola Europa, nel 2019 valeva 20 miliardi di euro. Un vero e proprio “conflitto di interessi intrinseco”, è la denuncia dell’Antitrust Ue, davanti al quale un semplice “rimedio comportamentale” non sarebbe sufficiente. Per questo, se l’esito delle indagini preliminari sarà confermato, “solo la cessione obbligatoria di parte dei servizi” da parte del ceo Pichai “risolverebbe i problemi”. Una soluzione radicale che, a una settimana dalla missione in terra californiana del commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton – con gli obblighi del Digital Services Act pronti a entrare in vigore e gli ultimi progressi sulla legge sull’intelligenza artificiale -, fa da nuovo promemoria a tutte le Big Tech.

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Media, ‘Apple intensifica le trattative con OpenAI’

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Le trattative fra Apple e OpenAI si intensificano dopo mesi di contatti ai minimi. Pur restando in trattative con Google per un possibile uso della sua chatbot Gemini, Cupertino ha iniziato a discutere con OpenAI i termini per un possibile accordo per integrare le sue funzionalità di intelligenza artificiale in iOS18, il prossimo sistema operativo dell’iPhone. Lo riporta l’agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali Apple non ha ancora deciso con chi collaborerà.

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Apple potrebbe lanciare in autunno l’IA su iPhone

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È ancora una volta Mark Gurman a fornire nuovi dettagli sui progetti di intelligenza artificiale di Apple. Secondo l’informatore di Bloomberg, ed esperto della Mela, il colosso americano starebbe lavorando ad un’IA per iPhone, da lanciare in autunno insieme all’aggiornamento del sistema operativo iOs 18, che mette al centro la privacy degli utenti. Il riferimento è ad un software che non userebbe la connessione internet per rispondere alle domande degli utilizzatori. Il grosso del lavoro sarebbe dunque svolto direttamente sul dispositivo, grazie al database su cui poggerebbe il cosiddetto Llm, large language model.

Anche i concorrenti, da ChatGpt a Copilot e Gemini di Google possono contare sull’archivio di informazioni a disposizione, con la differenza di incrociare dati da internet per fornire risposte più precise e aggiornate. Secondo Gurman, la scelta di Apple porterebbe ad un chatbot con un potenziale minore rispetto a quelli che si connettono al web, e per questo, la compagnia potrebbe colmare il gap inserendo in alcuni contesti del sistema operativo Gemini. Proprio un mese fa, era balzata in rete la notizia di un accordo tra Apple e Google per l’integrazione dell’IA di quest’ultima sugli iPhone. “I principali vantaggi dell’elaborazione sul dispositivo saranno tempi di risposta più rapidi e una privacy superiore rispetto alle soluzioni basate su cloud” scrive Bloomberg. La novità è prevista per l’autunno, con la disponibilità di iOs 18 ma già il 10 giugno, giorno di apertura della conferenza degli sviluppatori Apple Wwdc 2024, sono attese anticipazioni, in modo particolare durante il keynote di apertura di Tim Cook, amministratore delegato dell’azienda.

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Cina: Huawei supera Apple nel mercato smartphone, aumento vendite del 70% nel primo trimestre

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Le vendite di iPhone di Apple in Cina sono calate del 19% nel periodo gennaio-marzo 2024, segnando il peggior trimestre dal 2020 segnato dalla pandemia del Covid-19. Il colosso di Cupertino sta continuando a cedere quote di mercato a favore dei rivali locali come Huawei, secondo i dati sviluppati dalla società di ricerca indipendente Counterpoint Research. Allo stato, Apple è al terzo posto nel mercato, più o meno alla pari con il rivale in rapida ascesa Huawei. Il mercato cinese degli smartphone è cresciuto nel suo complesso di circa l’1,5% trainato dai marchi locali, tra cui Honor e Xiaomi, ha riferito Bloomberg.

La debolezza dell’iPhone ha un peso rilevante perché è relativo al primo trimestre dell’anno quando in Cina si celebra il Capodanno lunare, un tradizionale periodo di consumi elevati. Huawei, in contrasto, ha avuto un balzo delle vendite di quasi il 70%, sottolineando il ritorno nel segmento premium dominato in passato proprio da Apple. I dati di Counterpoint Research seguono le analisi di IDC, secondo cui le spedizioni globali di iPhone sono diminuite di quasi il 10% nei primi tre mesi del 2024, sollevando preoccupazioni sulla capacità della Casa di Cupertino di sostenere la crescita in vista dei conti del 2 maggio.

La Cina rimane uno dei mercati più grandi dell’azienda, ma le attività – malgrado la forte campagna promozionale, tra un nuovo mega Apple Store e Shanghai e un nuovo centro di ricerca nel Dragone – sono diventate più difficili dopo che Pechino ha intensificato il divieto sull’uso di dispositivi stranieri a carico dei dipendenti delle aziende statali e delle agenzie governative. Quanto a Huawei, i suoi nuovi smartphone hanno debuttato con i chip made in China, superando le sanzioni americane. Gli investitori, infine, sono molto attenti a come Apple sarà in grado di azzerare la percezioni sui ritardi accumulati in settori promettenti come l’intelligenza artificiale.

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