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L’Iran apre agli Usa, ‘diamo una chance all’accordo’

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Alla vigilia dei colloqui “di alto livello” con gli Stati Uniti in Oman sul programma nucleare iraniano, Teheran si dice pronto a dare al confronto una “genuina possibilità” di successo, ma allo stesso tempo minaccia di cacciare dal Paese gli ispettori delle Nazioni Unite per il controllo dei siti nucleari, in risposta a non meglio precisate “minacce esterne”.

“Lungi dal fare spettacolo e limitarsi a parlare davanti alle telecamere, Teheran sta cercando un accordo reale ed equo”, ha affermato su X Ali Shamkhani, consigliere della guida suprema dell’Iran Ali Khamenei. Certo, Teheran e i suoi alleati regionali Hamas, Hezbollah e Houthi sono stati notevolmente indeboliti dalle offensive militari di Israele, e anche degli stessi Usa in Yemen, e quindi il suo potenziale deterrente è notevolmente diminuito.

Non a caso il presidente americano Donald Trump ha peraltro affermato nelle ultime ore che “siamo vicini alla liberazione degli ostaggi a Gaza”, mentre Israele ed Egitto hanno fatto sapere di essersi scambiati le bozze per un accordo di cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi. La proposta egiziana, secondo alcune fonti, prevede il rilascio di otto ostaggi vivi e di otto corpi dei rapiti in cambio di una tregua della durata compresa tra 40 e 70 giorni e il rilascio di un gran numero di detenuti palestinesi.

In una ulteriore forma di pressione a tutto campo, Trump ha anche minacciato che un’azione militare contro l’Iran è “assolutamente” possibile, e “Israele sarà ovviamente molto coinvolto, come leader” dell’eventuale offensiva, se i colloqui in Oman tra il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi e l’inviato Usa per il Medio Oriente Steve Witkoff dovessero risolversi in un buco nell’acqua.

Gli Stati Uniti hanno peraltro pure imposto altre sanzioni all’Iran, solo due giorni dopo che Trump aveva annunciato i colloqui “diretti” di domani in Oman. A stretto giro, l’Iran aveva invece chiarito che si tratta di colloqui “indiretti”. E alla vigilia ancora non si è chiarito di che natura saranno. Nel 2015, durante il suo primo mandato presidenziale Trump ha unilateralmente ritirato gli Stati Uniti dall’accordo tra l’Iran e le potenze globali con il quale Teheran si impegnava a mettere sotto controllo internazionale il suo programma nucleare, in cambio di una progressiva revoca delle sanzioni.

Da allora, Teheran ha quindi iniziato a revocare i propri impegni e ad arricchire una riserva di uranio a livelli che potrebbe essere sufficiente a produrre testate nucleari. Teheran ha sempre negato che il suo programma nucleare abbia scopi militari, ma allo stesso tempo ora sembra affermare il contrario, quando Shamkhani sostiene che “il perdurare delle minacce esterne e la situazione di attacco militare potrebbero portare a misure deterrenti, tra cui l’espulsione degli ispettori dall’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica”. Ma allo stesso tempo, sempre Shamkhani ha voluto sottolineare che il ministro degli Esteri Abbas Araghchi andrà in Oman “con piena autorità per i negoziati indiretti con l’America”.

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Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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Il deputato Chiquinho Brazão accusato dell’omicidio di Marielle perde il mandato

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La Camera dei deputati del Brasile ha dichiarato giovedì 24 aprile la perdita del mandato del deputato federale Chiquinho Brazão, uno dei rinviati a giudizio accusati di aver agito come mandante dell’omicidio della consigliera comunale Marielle Franco e del suo autista Anderson Gomes, nel 2018. Lo rende noto Agência Brasil. La decisione è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Camera ed è stata giustificata sulla base dell’articolo della Costituzione che determina la perdita del mandato del parlamentare che “non si presenti in ogni sessione legislativa a un terzo delle sessioni ordinarie della Camera”.

Brazão è stato arrestato nel marzo dello scorso anno ma ha lasciato il carcere all’inizio di aprile di quest’anno dopo che il giudice della Corte suprema brasiliana, Alexandre de Moraes, ha concesso gli arresti domiciliari all’oramai ex deputato. Nella sua decisione, Moraes ha concordato con il bollettino medico presentato dal carcere di Campo Grande dove era recluso secondo il quale, Brazão ha una “delicata condizione di salute” con “alta possibilità di soffrire un malore improvviso con elevato rischio di morte”.

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Lavrov, Trump ha ragione su direzione Russia-Usa su Ucraina

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“Donald Trump ha ragione ad affermare che Stati Uniti e Russia si stanno muovendo nella giusta direzione per quanto riguarda la risoluzione del conflitto ucraino”. Lo ha detto il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov in un’intervista alla Cbs, riporta la Tass. “Il presidente degli Stati Uniti crede, e ritengo a ragione, che ci stiamo muovendo nella giusta direzione. Le forze armate russe – ha detto ancora Lavrov – stanno conducendo attacchi in Ucraina solo contro obiettivi militari o siti utilizzati dall’esercito ucraino. Il presidente russo Vladimir Putin lo ha già ribadito in più occasioni”.

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