Collegati con noi

Economia

Accordo a un passo Ita-Lufthansa, si tratta a oltranza

Pubblicato

del

Mancano ormai soltanto gli ultimi dettagli. Dopo un fine settimana di trattative serrate, il Mef e Lufthansa sono vicinissimi all’accordo su Ita: la fumata bianca potrebbe arrivare già in serata, oppure nella notte, rappresentando di fatto il tanto sospirato ‘sì’ alle nozze. A Bruxelles si continua a ripetere che c’è tempo fino all’ultimo istante – che scoccherà alle 23:59 – per inviare il piano che sancisce l’alleanza, ma se necessario si potrà andare oltre: la squadra di Margrethe Vestager è disponibile a concedere altro tempo per blindare una delle intese più travagliate negli annali dell’antitrust Ue. E da Francoforte arriva la conferma di “ulteriori segnali positivi” dopo i progressi registrati nel weekend: lo stallo, viene riferito, è a un passo dall’essere risolto.

Le ultime limature sono tutte legate alla seconda tranche dell’investimento complessivo da 829 milioni di euro che il colosso tedesco guidato dall’inflessibile Carsten Spohr è chiamata a versare per assumere il controllo della newco tricolore sorta dalle ceneri di Alitalia. I documenti firmati dall’accoppiata italo-tedesca e dai vettori rivali easyJet, Air France e Iag (British Airways) – che garantiranno la concorrenza nei segmenti di mercato ritenuti critici – attendono solo la firma del Tesoro per planare sul tavolo della Commissione Ue in vista di un esame finale ritenuto senza più ostacoli. Il Mef e il colosso teutonico nelle ultime ore hanno cercato di concordare gli ultimi dettagli e ripristinare la fiducia persa dopo la lite esplosa all’inizio della settimana scorsa per la richiesta di Francoforte di uno sconto sul prezzo che ha fatto infuriare il Tesoro, non intenzionato a cedere a “ricatti” e a “svendere” la newco.

Incassato il secco no italiano, Lufthansa ha quindi teso la mano per salvare un accordo strategico, riducendo le sue pretese sul prezzo e chiedendo, secondo fonti qualificate, un ribasso di meno di dieci milioni. Ma i tedeschi, stando alle ultime indicazioni trapelate, ora potrebbero rinunciare sia a dilazionare l’acquisto del 49% di Ita (la seconda rata dell’investimento) come ipotizzato in questi giorni, sia alla clausola di aggiustamento del prezzo. I negoziati proseguono nel riserbo più totale. Il ministro Giancarlo Giorgetti e Spohr sono in contatto costante e, in virtù di un lieto fine che sembra avvicinarsi, non si attendono incontri ufficiali nei prossimi giorni, quando il ceo tedesco è atteso a New York per altri impegni.

Ma in Italia il silenzio ha scatenato anche le critiche. Oltre alla preoccupazione dei sindacati, il capogruppo Pd in commissione Trasporti, Anthony Barbagallo, ha chiesto a gran voce al governo di riferire in Parlamento, depositando un’interrogazione urgente. “Il delicatissimo affare Ita-Lufthansa continua a celebrarsi nelle stanze dei bottoni del Mef piuttosto che nelle aule parlamentari”, ha attaccato il dem, ribadendo un deciso “no alla svendita di Ita”, definita “uno dei gioielli italiani”.

A Bruxelles continua a regnare la fiducia: il prezzo di cessione della newco non ha alcuna rilevanza agli occhi dei tecnici dell’antitrust, concentrati soltanto sul rispetto degli impegni (i cosiddetti remedies) concordati nell’assai ardua intesa politica raggiunta il 3 luglio per difendere l’equilibrio dei cieli. Una sola la stella polare per l’Ue: la tutela della concorrenza nell’hub di Milano-Linate, sulle dieci rotte di corto raggio dall’Italia all’Europa centrale (con destinazione Germania, Austria, Belgio e Svizzera) e sui tre lunghi collegamenti oltreoceano con Washington, San Francisco e Toronto. L’ultima firma è nelle mani del Tesoro. Poi le nozze dovrebbero ricevere l’ultima benedizione Ue entro la fine di novembre, ultimo lascito dell’era Vestager.

Advertisement

Economia

Natixis, il Consiglio di Amministrazione di Generali sigla l’accordo sul risparmio gestito

Pubblicato

del

Tutto è pronto per l’operazione Generali-Natixis. Il consiglio di amministrazione di Generali, riunito nel pomeriggio nella City Life a Milano, è proseguito fino a sera. Un cda fiume che dopo cinque ore ha dato l’ok al protocollo d’intesa: un via libera all’operazione che, senza sorprese, non sarebbe all’unanimità viste le perplessità di alcuni grandi soci, che esprimono consiglieri di minoranza. L’intesa preliminare, una sorta di memorandum of understanding, sarà ora svelata al mercato e alla stampa prima dell’apertura dei mercati dall’amministratore delegato di Generali Philippe Donnet e da Nicolas Namias, omologo in Bpce, il gruppo transalpino delle banche popolari che controlla Natixis.

Il consiglio di amministrazione di Generali, riunito nel pomeriggio nella City Life a Milano, è proseguito fino a sera. Un cda fiume con un esito che molti danno per scontato: un via libera all’operazione a maggioranza, viste le perplessità di alcuni grandi soci, che esprimono consiglieri di minoranza. Si tratta per ora di un accordo non vincolante, su cui potrebbe pendere comunque la spada di Damocle del ‘golden power’, essendo il contraente un soggetto estero. Ma soprattutto si tratta di un’operazione che ha scatenato le polemiche tra i due soci rilevanti – Delfin con il 9,77% e Caltagirone con il 6,23% – e il management, espressione di Mediobanca, che ha il 13,13% del Leone.

Quest’ultima, a sua volta, è partecipata da Delfin con il 19,81% e dallo stesso Caltagirone al 7,76%. Già nella lunga seduta della vigilia il comitato investimenti non si era espresso in modo unanime, con il parere contrario di Stefano Marsaglia, espressione della lista Caltagirone, rispetto al via libera degli altri 5 membri. Nello stesso giorno il collegio sindacale aveva espresso riserve sui “tempi stretti” in una missiva inviata al Cda, fuori tempo massimo per essere considerata dal comitato nomine, ed esaminata oggi dal consiglio di amministrazione.

Secondo Caltagirone e Delfin l’asse fra Trieste e Parigi mette a rischio la “sovranità finanziaria” italiana. Una visione opposta a quella del management quindi, che è alla base di uno scontro con possibili sviluppi anche di natura legale. In un servizio pubblicato sabato scorso sul Messaggero, quotidiano che fa capo a Caltagirone, sono state evidenziate una serie di criticità sulle quali la risposta potrebbe essere quello della richiesta di un’assemblea straordinaria.

Pronta la risposta di Generali, che in una lettera pubblicata sullo stesso quotidiano romano e sottoscritta dall’ufficio stampa, ha contestato “affermazioni non rispondenti al vero” su cui sono in corso “opportune valutazioni” per iniziative di tutela “di tutti gli interessi rilevanti così pregiudicati”: in particolare viene spiegato che non è previsto “nessun accordo destinato a far perdere il controllo della società di asset management delle Generali” e neppure “la cessione degli investimenti di proprietà del gruppo Generali”. Vengono quindi escluse “ricadute negative sul personale”. In questo clima rovente il Cda di Generali si avvia a concludere il proprio mandato con il piano triennale che sarà presentato il prossimo 30 gennaio a Venezia.

Seguirà l’assemblea dell’8 maggio a Trieste, per il bilancio e il rinnovo degli organi sociali. Esclusa ormai la presentazione di una lista da parte del Cda uscente, anche per questioni legate alle legge Capitali, come avvenne per l’ultimo rinnovo. Probabile invece il ritorno a una lista di maggioranza, presentata da Mediobanca, e a una di minoranza di Assogestioni. Non è da escludere a questo punto che si possa aggiungere la lista presentata da Francesco Gaetano Caltagirone e Delfin, controllata dalla famiglia Del Vecchio e guidata da Francesco Milleri.

Quanto all’accordo preliminare transfrontaliero, la fusione tecnicamente avviene tra Generali Investment Holding (83,25% Generali e 16,75% Cathay), che ha recentemente rilevato l’americana Mgg per 320 milioni, e Natixis Investment Managers, che fa capo al gruppo gruppo francese Bpce. L’apporto di Generali in termini di masse gestite è di 632 miliardi di euro, mentre i francesi contribuiscono per 1.200 miliardi. A guidare il nuovo soggetto sarà Woody Bradford, amministratore delegato di Generali Investment Holding e di Conning, rilevata lo scorso aprile da Cathay, parte in contati e parte con azioni di nuova emissione.

Continua a leggere

Economia

Bpm prepara le difese, niente golden power su Anima

Pubblicato

del

Niente golden power su Anima. Come era nelle attese il governo ha comunicato a Banco Bpm che non eserciterà i ‘poteri speciali’ in relazione all’opa su Anima, trattandosi di una operazione prettamente domestica che non comporta rischi per un settore strategico come quello del risparmio gestito. Il via libera, che segue l’autorizzazione incondizionata dell’Antitrust, arriva alla vigilia del cda in cui il Banco tornerà a discutere della strategia difensiva dall’offerta ostile di Unicredit.

Una riunione al cui ordine del giorno figurano anche “operazioni straordinarie”: i riflettori del mercato sono puntati proprio su Anima, la cui acquisizione consentirà al Banco di migliorare redditività e rendimenti per i soci rendendo più costosa la scalata di Unicredit. Dal consiglio, che servirà al ceo Giuseppe Castagna (foto Imagoeconomica in evidenza) per aggiornare i componenti e condividere i prossimi passi, non sono attese comunicazioni al mercato, se non la pubblicazione del calendario finanziario, con la data di febbraio in cui il cda approverà i risultati dell’esercizio e che potrebbe essere l’occasione per rivedere il piano industriale, anche alla luce dell’apporto di Anima.

“Pensiamo che Banco Bpm continui a perseguire la propria strategia standalone, principalmente focalizzandosi sulla crescita organica e sulla remunerazione degli azionisti”, afferma Intermonte. L’aggiornamento del piano, dopo conti 2024 già “coerenti o vicini” ai target 2026 anche senza il contributo “a pieno regime” delle fabbriche prodotto, e l’acquisizione di Anima, che garantirebbe una redditività senza sinergie del 12% superiore a quella prevista al 2026, sono gli strumenti di difesa a cui la banca può ricorrere, afferma Barclays. Un terzo è la fusione con Mps, la cui realizzazione richiederebbe però il sostegno degli azionisti e del mercato. Per consegnare Anima al Banco intanto la Borsa chiede un ritocco del prezzo dell’opa, visto che l’Sgr quota 6,6 euro, a fronte dei 6,2 euro offerti da Castagna.

Il rilancio, per effetto della passivity rule, dovrà transitare in un’assemblea da convocare tra febbraio e inizio marzo, se il Banco vorrà rispettare la tabella di marcia indicata a novembre. Ma perché l’opa possa procedere occorre anche che la Bce riconosca i benefici sul capitale del Danish Compromise. Sul tema, ha chiarito il Banco, “stanno proseguendo le valutazioni da parte della Bce, che includono il coinvolgimento della European Banking Authority”, a cui Francoforte ha sottoposto alcuni dubbi normativi.

“Ci attendiamo che Banco-Anima riceva il disco verde dei supervisori”, hanno ribadito gli analisti di Mediobanca, secondo cui l’Eba avrebbe già chiarito che il Danish Compromise si applica anche agli investimenti azionari di una controllata assicurativa, come nel caso dell’opa lanciata da Banco attraverso attraverso Banco Bpm Vita. Intanto il governo tedesco continua a fare muro contro la scalata di Unicredit a Commerzbank.

“Il nostro mercato finanziario è molto, molto aperto. Quello su cui siamo perplessi è il comportamento non trasparente, opaco” di Unicredit, ha detto il ministro delle Finanze tedesco, Jörg Kukies, a margine dell’Eurogruppo a Bruxelles, dove ha anche avuto un bilaterale con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. “Siamo fermamente convinti – ha ribadito – che le opa ostili non sono una via di successo per le banche sistemiche”.

Continua a leggere

Economia

La Corte dei Conti: aggiornamento sui controlli interni degli enti locali italiani (2021-2023)

Pubblicato

del

La Corte dei conti ha pubblicato una relazione sui sistemi di controllo interno adottati dagli enti locali italiani tra il 2021 e il 2023, analizzando oltre 800 comuni con più di 15.000 abitanti.

Dallo studio emerge una diffusione crescente ed efficace dei controlli interni, con particolare attenzione agli aspetti finanziari e agli equilibri di bilancio. Tuttavia, i controlli di stampo manageriale, orientati a decisioni strategiche e gestionali, risultano ancora sottovalutati.

I servizi di controllo interno misurano principalmente le performance confrontando i risultati raggiunti con gli obiettivi e valutando i tempi di realizzazione rispetto alle previsioni. Tuttavia, parametri aggiuntivi, come l’assorbimento delle risorse in relazione ai risultati, il rispetto degli standard qualitativi e l’impatto socioeconomico dei programmi, sono scarsamente utilizzati.

Controllo strategico:
La relazione evidenzia alcune lacune regolamentari nei sistemi di controllo strategico, che spesso si avvalgono di metodi obsoleti e sono scarsamente integrati con la contabilità armonizzata e i centri di costo. Questa situazione limita l’efficacia dei controlli nel supportare le decisioni strategiche.

Organismi partecipati e qualità dei servizi:
Le principali criticità riguardano:

  • Monitoraggio degli organismi partecipati, influenzato dalla mancanza di risorse e strumenti adeguati, oltre che dalla scarsa collaborazione delle società coinvolte.
  • Controllo sulla qualità dei servizi, che, pur adottato dall’84% degli enti nel 2023, presenta un basso utilizzo delle Carte dei Servizi (meno del 60%).

Solo il 30% dei controlli sulla qualità riguarda i servizi offerti attraverso le società partecipate.

Dall’analisi dei sistemi di controllo interni a livello europeo e internazionale, la Corte sottolinea il ruolo strategico di tali controlli nel prevenire fenomeni di maladministration e corruzione, specialmente nei settori più vulnerabili.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto