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L’Idf accusa Hamas di finanziare la flottiglia Sumud, ma la notizia non è verificabile

L’Idf diffonde documenti che collegherebbero Hamas al finanziamento della flottiglia Sumud. Tra i nomi Zaher Birawi e Saif Abu Kashk. Notizia non verificabile in modo indipendente.

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L’esercito israeliano (Idf) sostiene di aver trovato a Gaza documenti ufficiali che proverebbero un coinvolgimento diretto di Hamas nel finanziamento della flottiglia Sumud. La notizia è stata diffusa oggi, settimane dopo il presunto ritrovamento, e presentata come prova del legame tra la leadership del movimento palestinese e l’organizzazione delle missioni navali.

I nomi citati nei documenti

Secondo l’Idf, tra gli operatori coinvolti ci sarebbe Zaher Birawi, capo del settore Hamas del PCPA (Conferenza per i Palestinesi all’Estero) nel Regno Unito, figura nota per la partecipazione alle flottiglie degli ultimi quindici anni. Un altro nome citato è quello di Saif Abu Kashk, Ceo della società spagnola Cyber Neptune, indicata come proprietaria di decine di navi che avrebbero preso parte alla flottiglia. «Queste navi sono segretamente di Hamas», scrive l’Idf nella nota ufficiale.

Notizia non verificabile

È importante sottolineare che non esiste alcuna possibilità di verificare in modo indipendente la veridicità di quanto riportato dall’Idf. Le informazioni diffuse restano quindi a oggi dichiarazioni unilaterali israeliane, senza conferme da fonti terze o verifiche giornalistiche sul campo.

Il contesto della flottiglia

La flottiglia Sumud è un’iniziativa internazionale che si propone di rompere l’embargo su Gaza, portando aiuti umanitari e attirando l’attenzione sull’isolamento del territorio palestinese. In passato, altre missioni analoghe hanno già provocato forti tensioni politiche e militari. Le accuse dell’Idf, se confermate, avrebbero un peso politico notevole, ma restano al momento prive di riscontri indipendenti.

(L’immagine in evidenza è frutto di elaborazione di sistemi di Ia)

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Esteri

Trump: “Nessuna scelta sui licenziamenti in caso di shutdown”

Donald Trump avverte che in caso di shutdown saranno inevitabili licenziamenti di massa. L’ex presidente accusa i democratici di voler aprire le frontiere e garantire sanità ai migranti.

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Donald Trump ha dichiarato che in caso di shutdown federale i licenziamenti di massa saranno inevitabili. “Non abbiamo scelta”, ha detto rispondendo a una domanda durante un incontro con i giornalisti.

Le accuse ai democratici

L’ex presidente ha puntato il dito contro il Partito Democratico, accusato di volere frontiere aperte e di spingere per “l’assistenza sanitaria a chiunque entri negli Stati Uniti”. Trump ha collegato il rischio di blocco del bilancio federale alle politiche migratorie, definite “insostenibili” per il Paese.

“Abbiamo vinto le elezioni”

Trump ha ribadito la legittimità del suo mandato: “Abbiamo vinto le elezioni con una valanga di voti. Loro non imparano mai”. Tra le critiche rivolte ai democratici, anche quella di voler permettere agli uomini di competere negli sport femminili, tema già più volte al centro del dibattito politico statunitense.

Nessuna alternativa

Devo farlo io per il Paese”, ha concluso Trump, spiegando che, di fronte alle politiche dei democratici, i tagli e i licenziamenti restano l’unica via per garantire la sostenibilità economica del governo federale.


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Pentagono, svolta con Hegseth: “Dipartimento della Guerra” e nuove regole per l’esercito Usa

Il segretario alla Difesa Usa Pete Hegseth annuncia la svolta del Pentagono: cambia il nome in “Dipartimento della Guerra” e impone nuove regole all’esercito, tra standard fisici neutri e stop al politicamente corretto.

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«Il nostro compito è prepararci alla guerra. E vincerla». Con queste parole Pete Hegseth, segretario alla Difesa dell’amministrazione Trump, ha delineato davanti a centinaia di generali una svolta storica per gli Stati Uniti. Nella base dei Marine di Quantico, in Virginia, il capo del Pentagono ha proclamato la fine dell’“era del Dipartimento della Difesa”, sostituita dall’“era del Dipartimento della Guerra”.

Fine del politicamente corretto

Hegseth ha sottolineato la volontà di superare decenni di pratiche che, a suo dire, avrebbero indebolito l’apparato militare. Stop a uffici dedicati a diversità e inclusione, ai mesi identitari, all’attenzione eccessiva al politicamente corretto. «Chi non condivide questo approccio – ha detto – faccia la cosa più onorevole: si dimetta».

Standard fisici neutri

Tra le novità annunciate figurano nuove direttive sugli standard fisici: le truppe, uomini e donne, dovranno rispettare gli stessi livelli di preparazione, indipendentemente dal genere. Hegseth ha ribadito che non si tratta di escludere le donne, ma di garantire criteri elevati e funzionali al combattimento.

Trump e la politica militare

Poche ore prima dell’incontro, Donald Trump aveva anticipato la linea dura. Il presidente ha ribadito che non esiterà a rimuovere generali non in linea con la sua visione e ha sottolineato il vantaggio tecnologico degli Stati Uniti sulle altre potenze mondiali. «Siamo avanti di 25 anni» ha dichiarato, ricordando anche episodi di deterrenza nei confronti della Russia.

I timori interni

Il raduno di centinaia di ufficiali a Quantico è stato giudicato insolito dagli osservatori. Alcuni esponenti militari, secondo il Washington Post, hanno espresso preoccupazione per la nuova strategia, ritenuta “miope e potenzialmente irrilevante” rispetto alle sfide globali, in particolare quelle provenienti dalla Cina. L’impressione è che la priorità della difesa americana stia virando sulla sicurezza interna e sul controllo dei confini.

Una svolta con effetti globali

Il cambio di passo al Pentagono, con l’abbandono del linguaggio difensivo e il ritorno a un lessico bellico, segna un momento cruciale per la politica militare statunitense. Una trasformazione che potrà avere ricadute sulle alleanze internazionali, sulle relazioni con i rivali e sulla percezione globale del ruolo degli Stati Uniti.

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Moldavia, osservatori Osce: interferenze russe senza precedenti alle elezioni

Gli osservatori Osce denunciano interferenze russe senza precedenti nelle elezioni parlamentari in Moldavia: cyber-attacchi, finanziamenti illeciti e disinformazione. Nonostante tutto, il voto è rimasto integro.

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Le elezioni parlamentari in Moldavia del 28 settembre hanno rappresentato una prova cruciale per la democrazia del Paese. Secondo il resoconto della missione di osservazione internazionale guidata dall’Osce, il processo elettorale è stato accompagnato da interferenze straniere su scala senza precedenti, principalmente attribuite alla Russia.

La missione, composta dall’Ufficio Osce per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani, dall’Assemblea Parlamentare Osce, dall’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e dal Parlamento Europeo, ha sottolineato che il quadro giuridico moldavo resta una solida base per elezioni democratiche, ma è stato messo a dura prova da minacce ibride.

Cyber-attacchi e disinformazione organizzata

Gli osservatori hanno documentato una serie di azioni destabilizzanti: finanziamenti illeciti veicolati attraverso reti oscure, campagne di disinformazione alimentate da troll farm e bot, utilizzo di video generati dall’intelligenza artificiale e cyber-attacchi all’infrastruttura digitale del governo moldavo.

Queste tattiche, spiega il rapporto, miravano a erodere la fiducia pubblica e manipolare la sovranità del Paese. Nonostante gli episodi di cybersicurezza e gli schemi di compravendita di voti segnalati, la Moldavia ha comunque garantito l’integrità del voto.

La resilienza democratica moldava

«Nel periodo precedente alle elezioni, la Russia è intervenuta con cyber-attacchi, campagne di disinformazione, intimidazioni e schemi di finanziamento illecito. L’obiettivo era alterare i risultati elettorali. Ancora una volta hanno fallito», conclude la missione Osce.

La Moldavia, pur sotto pressione, ha dimostrato una tenacia democratica che le ha permesso di resistere a tentativi di manipolazione esterna e di assicurare ai propri cittadini un processo elettorale riconosciuto come conforme agli standard internazionali.

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