Li Qiang, l’ex boss del Partito comunista di Shanghai, è il nuovo premier cinese: dovrà traghettare l’economia oltre i danni dei tre anni di applicazione ferrea della politica di ‘tolleranza zero’ al Covid tra relazioni sempre più tese con gli Stati Uniti. Nella Grande sala del popolo, all’esito del responso dei delegati del Congresso nazionale del popolo (2.936 voti a favore, 3 contrari e otto astenuti), Li ha tradito l’emozione del momento alla stretta di mano con il presidente Xi Jinping, il suo grande sponsor. I due sono legati da circa 20 anni, da quando Xi era il capo del partito dello Zhejiang, mentre Li era suo capo dello staff e principale aiutante personale dal 2004 al 2007, accompagnandolo in molti viaggi di lavoro, curando i suoi discorsi e contribuendo alle linee politiche. Diventato leader della Cina, Xi ha promosso il suo fidato assistente prima a governatore dello Zhejiang, poi a segretario del partito del Jiangsu fino al grande salto del 2017 alla guida del Pcc di Shanghai.
Li, Cai Qi e Li Xi – tutti entrati nel Comitato permanente del Politburo al XX Congresso del Partito comunista di ottobre – fanno parte del cosiddetto ‘nuovo esercito dello Zhijiang’ (nome poetico dello Zhejiang), esempio del lealismo richiesto da Xi. Li, 63 anni, è stato criticato la scorsa primavera per la gestione caotica dell’emergenza Covid e il lockdown di due mesi a Shanghai: ad ottobre, tuttavia, è diventato il numero due del Pcc, l’anticamera della premiership. Oggi, durante il giuramento, ha promesso fedeltà alla Costituzione e di “lavorare sodo per costruire un Paese socialista moderno, prospero, forte, democratico, civile, armonioso e bello”. Ha raccolto il testimone da Li Keqiang, pensionato dopo due mandati quinquennali, e guiderà il Consiglio di Stato (il governo centrale) appena riformato con una squadra che sarà completata domani. Le attese sul suo operato sono di massima attenzione su innovazione e industrie hi-tech, nell’ambito del piano di Xi per sviluppare i settori strategici, come indicato al congresso di ottobre. Li, che ha favorito molti investimenti stranieri a Shanghai nel suo mandato, è stato descritto come un pro-business e pragmatico, avendo – ad esempio – convinto nel 2018 Tesla e il patron Elon Musk ad aprire la Giga-factory di auto elettriche nella capitale finanziaria cinese.
L’economia del Dragone è in forte difficoltà tra la necessità di ripristinare la crescita e la fiducia dopo che il Pil del 2022 è cresciuto di appena il 3% ai minimi degli ultimi decenni, con un target per il 2023 fissato “intorno al 5%” nel mezzo della pesante crisi immobiliare e delle tensioni ad ampio raggio con gli Usa. Quale lealista, è probabile che Li abbia più libertà nella gestione dell’economia, ma il ruolo del premier in relazione a Xi è cambiato in quello di esecutore delle sue decisioni. Il blocco di Shanghai, sotto questo aspetto, ha dimostrato il pieno rispetto della politica ‘zero-Covid’ sostenuta dal presidente. Il Congresso nazionale del popolo, il ramo legislativo del parlamento, ha poi rinnovato la Commissione militare centrale, guidata da Xi come commander-in-chief, mantenendo Zhang Youxia a primo vicepresidente. Zhang è un generale di 72 anni ed è l’unico con esperienza di combattimento, sia pure durante la breve guerra contro il Vietnam del 1979. Conferma e nomina a secondo vicepresidente per He Weidong, ex capo dell’Eastern Theatre Command dell’Esercito popolare di liberazione (dal 2019 a inizio 2022), costituito nel 2016 per sovrintendere le operazioni su Taiwan, l’isola che Pechino considera come una parte “inalienabile” del suo territorio da riunificare anche con la forza, se necessario. Un segnale che nel terzo mandato di Xi, sia da segretario generale del Pcc sia da presidente della Repubblica popolare, il dossier Taiwan avrà un’attenzione assolutamente prioritaria.